“Mi ha sempre affascinato la scrittura, personaggio fantasma che crea zone di mistero”.
Roberto Andò, dopo Il manoscritto del principe sull’autore de “Il gattopardo” Giuseppe Tomasi di Lampedusa, torna ad una storia sul mestiere di scrivere e la scrittura. Ma questa volta, il regista palermitano sceglie un registro drammaturgico diverso, il giallo. Sotto falso nome, il cui trailer è stato presentato oggi al Courmayeur Noir Film Festival, “è un noir atipico su quella materia labirintica che è la memoria”. Protagonista uno scrittore di successo, interpretato da Daniel Auteuil, che firma i suoi romanzi sotto pseudonimo e che una volta diventato amante di una giovane donna (Anna Muglalis), cade vittima di un ricatto ad opera di uno scrittore le cui opere sono rimaste inedite.
Sotto falso nome, prodotto da Fabrizio Mosca, girato in 9 settimane da marzo a luglio tra Capri, Ginevra e Parigi, uscirà il 20 febbraio grazie a Medusa.
Un noir dalle varie sfaccettature…
E’ la storia di una vendetta, di una trappola perpetrata ai danni di un altro uomo. E’ anche la storia di un amore impossibile e infine il racconto di un uomo che approfitta di questa trappola per ritrovare le proprie origini. Daniel Boltansky, scrittore che ha firmato i suoi romanzi con lo pseudonimo di Jerzy Novak, attraverso questa persecuzione ricattatoria, ritrova quella che chiamo melodia dell’origine. Ovvero la sua identità più vera, messa a tacere per molto tempo.
Come mai questo ritorno alla figura del romanziere quasi fosse non solo soggetto, ma struttura dei suoi racconti filmici?
Mi piace questa forma di narrazione. Un film si realizza come si scrive un romanzo. La scrittura in Sotto falso nome, come relazione a distanza tra due persone, mostra il suo lato ambiguo, disturbante e allo stesso modo intenso. Lo scrittore conduce una vita di secondo grado dove alcuni aspetti sono amplificati e altri taciuti. Gli scrittori, a differenza di altri artisti, possono inventare molti aspetti della loro vita. Ma la menzogna, se da un lato è un modo di tenere in ombra delle cose, dall’altra si rivela come modo per percorrere la vita.
Si è ispirato alla biografia di qualche scrittore?
Georges Perec e Romain Gary, entrambi dalle vite molto simili, tutti e due esuli. Perec era un polacco ebreo nato in Francia, Gary era un russo ebreo figlio di attori cresciuto nel sud della Francia. Gary in particolare ha giocato tutta la vita con il suo pseudonimo, Emile Ajar, fino a chiedere a suo cugino, Paul Pavlovitch, di fare le sue veci in pubblico (il cugino riceverà nel ’75 il premio Goncourt per “La vita davanti a sè” al posto di Romain Gary, che ne aveva già ricevuto uno nel ’56, ndr.). Gary era totalmente preso dalla vertigine distruttiva dello pseudonimo, un atto ulteriore verso la morte.
Danieul Auteuil è lo scrittore, Greta Scacchi la moglie. Perché questa scelta?
Ho scritto questo film per Daniel Auteuil. E’ un attore straordinario, da me già amato in film come Un cuore in inverno di Claude Sautet, capace di grande mistero e calore allo stesso tempo. Una personalità opaca che sembra guardare fuori, ma in verità è sempre rivolto a sé stesso.
Greta è una bravissima attrice, tra l’altro volevo che Daniel avesse una moglie italiana, un avvocato affascinante e molto complice con il marito. L’ho voluta anche per il suo debutto teatrale in Vecchi tempi di Harold Pinter, a fianco di Umberto Orsini, sotto la mia regia, a gennaio al Teatro stabile di Modena.
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