“Sto scrivendo un film insieme a Massimo D’Anolfi, che sarà prodotto da Rita Rusic. Come Angela, nasce da una storia vissuta in prima persona e raccontata. E’ la biografia di un avventuriero italo-americano, un giocatore di casinò degli anni ‘80 che ha fatto la spola tra il Nuovo Mondo e il nostro Sud. Una storia socialmente meno impegnata e che potrebbe anche svilupparsi in un “triangolo amoroso”. Inizieranno dopo l’estate le riprese del nuovo lavoro di Roberta Torre, la regista milanese che ha scelto la Sicilia come sua terra d’adozione e che ha incontrato a Salerno il pubblico del festival “Linea d’Ombra”.
Cast e ambientazione già decisi?
No, stiamo ancora scegliendo l’attore americano protagonista e comunque ho voglia di lasciare la Sicilia da un punto di vista geografico e ambientale e di creare un lavoro più intimo, da camera, con una struttura quasi teatrale.
Da Milano alla Sicilia…
E’ stato un cambiamento fortuito, frutto di un’amicizia, quella con Ciprì e Maresco, e della voglia di evadere da Milano. Ho trovato in Palermo una città accogliente, con una dimensione temporale che mi ha dato una percezione e visione differente del mondo.
Come si è modificato il tuo rapporto con il Sud?
All’inizio mi interessava soprattutto far parlare la gente: un percorso fatto di volti, di storie e di emotività. Partendo da un lavoro di tipo antropologico mi sono appropriata del territorio non attraverso i luoghi, ma i corpi. Un po’ come ‘Alice nel paese delle meraviglie’ ho esplorato la realtà meridionale con sguardo folgorato, ma anche distaccato, proprio di chi vive un luogo nuovo, ma non ne avverte le radici. Ora non ho più quella sensazione di meraviglia e ho visto gli aspetti faticosi e paurosi del Sud.
La tua ricerca sulla femminilità: da Romea a Angela…?
In Sud Side Stori, colpita dall’arrivo delle donne nigeriane in Sicilia, ho scelto di lavorare con vere prostitute, ricercando il femminile “oltre”, nei segni fisici e storici di questi corpi affaticati dalla strada, per scrutare una gestualità e una sensualità ataviche.
Con Angela ho raccontato un’altra femminilità, ingabbiata nell’impossibilità di esprimere sentimenti e seguita nel suo percorso claustrofobico di conflitti e passioni laceranti.
E il tuo rapporto con gli attori?
All’inizio ho lavorato con attori-non-attori giocando molto sull’improvvisazione e sull’emotività, in una sorta di psicodramma. Ho provocato delle reazioni utilizzando i conflitti già esistenti e sono riuscita a creare un ‘metodo di lavoro’, poi utilizzato con gli attori professionisti.
Lavoro molto sulla gestualità e sull’emotività dell’attore e tiro fuori quello che mi serve.
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