Pierre e Marthe, Bonnard e de Meligny, il pittore e la sua musa, l’uomo e la donna, il marito e la moglie; atmosfere libere e delicate da déjeuner sur l’herbe e gli Anni ’20, il cui fascino scorre soprattutto nell’estetica del film di Martin Provost.
Lui, Pierre (Vincent Macaigne), cofondatore dei Nabis, affascinato e ispirato dall’esoterismo e dalla magia, si avvicina – pittoricamente – al Simbolismo e al tratto Impressionista, con l’intento di superarne la ricerca naturalistica del colore, fino a cercare poi l’intimismo dei luoghi e le nature morte.
Eppure, nella consueta e tutto sommato banale ricerca di una modella per alcuni suoi dipinti incontra Marthe (Cécile de France), ispirazione sopra ogni sostanza carnale, un’affinità elettiva che – accompagnata dalla contemporaneità e del senso d’indipendenza di lei – non poteva opporsi al destino di un’esistenza comune.
C’è la passione, quella epidermica, dei corpi, e quella per l’espressione artistica, le due a tratti si fondono, certamente l’una non fa a meno dell’altra, non glielo permettono i poli umani, gli attanti, i motori di questo fuoco declinato tra esistenziale e creativo.
Provost – accompagnando Ritratto di un amore, in anteprima italiana a Roma – apre la XIV edizione di Rendez-Vous, arrivando poi nei cinema il 16 maggio distribuito da I Wonder Pictures, in collaborazione con Unipol Biografilm Collection.
Un grande fascino, dei personaggi e degli ambienti, è restituito dall’impressione che il regista li abbia costruiti rifacendosi alla pittura, che ama evidentemente – si pensi a Violette o Seraphine – eppure, conferma lui stesso, dall’arte non arriva nessuna ispirazione esplicita, infatti Provost conferma di non aver avuto “riferimenti precisi. Io cerco… cerco sempre, leggo tanto, ma soprattutto vivo nell’ambiente del film, esattamente dietro il panorama della locandina; trascorro moltissimo tempo passeggiando in questa natura meravigliosa, un luogo abbastanza dimenticato e non così conosciuto, seppur all’epoca di Bonnard fosse molto frequentato, tanto che Monet prima di trasferirsi a Giverny stava esattamente a tre chilometri da lì e come lui tantissimi pittori. Dunque, questo luogo così preservato, con una natura così ricca, è una fonte d’ispirazione, impregna i miei pensieri e il mio modo di immaginare, così come ha alimentato tantissimo la pittura di grandi autori: era davvero la valle degli Impressionisti. Io dipingo con la macchina da presa, così come i pittori riproducevano lo stesso paesaggio. Bonnard mi ha influenzato quando ero giovane, per cui il suo stile, il suo guardare attraverso la finestra con dei primi piani – stile adottato da Renoir a Wong Kar-wai – mi ha influenzato e nutrito, però mentirei se dicessi che ci sono precisi riferimenti pittorici, mi sono piuttosto alimentato di tantissimi pittori e fotografi, e con il mio dop abbiamo svolto delle ricerche perché l’essenziale non era imitare la pittura, ma trasferire il senso di vita, la carnalità, e la luce non doveva essere una riproduzione ma un elemento fondamentale del paesaggio”.
Cécile de France per Provost è Marthe, una scelta non pensata a priori, non immediata, sicuramente ponderata, capace però poi di stupire l’autore e l’attrice stessa. “Ho cercato un’attrice in grado di interpretare Marthe per tantissimo tempo, e non riuscivo a trovarla. La mia responsabile casting continua però a ripetermi il nome di Cécile de France, che non vedevo nei suoi panni, perché è un’attrice di una certa presenza, è bionda, ha 48 anni, mentre io immaginavo una Marthe sui 35 per poterla ringiovanire e invecchiare, non mi sembrava l’interprete giusta; ho cambiato idea quando l’ho incontrata, di fronte alla Gare du Nord a Parigi, perché anche lei abita in campagna, e appena l’ho vista entrare in questa sala ho capito fosse lei, è apparsa subito come un’evidenza, non so spiegare cosa sia successo, è come quando t’innamori a prima vista di una persona e non sei in grado di capire cosa accada, ma è stata la stessa sensazione provata con Yolande Moreau, che non poteva non essere Seraphine; a quel punto ho riscritto e adattato la sceneggiatura all’età di Cécile e lei è rimasta sorpresa da questa sfida; facendo poi degli screen test, e cambiando per esempio il colore dei suoi capelli, si è palesata un’altra Cécile de France in questo ruolo inedito, e lei stessa era stupita, perché non ha nessun punto in comune con Marthe, ma è proprio quello l’interessante per un attore, ovvero riuscire a superare i propri limiti e sfidare se stesso per cercare di fare qualcosa che non sembra possibile”.
Con questo film, Provost mette in scena un concetto che è umano, chimico, spirituale: l’affinità elettiva di letteraria memoria, come lo stesso conferma: “sì, mi attirava molto trattare questa tematica perché nei miei film precedenti avevo semplicemente affrontato il destino, il percorso, di una protagonista femminile, e adesso la questione s’è ampliata alla coppia, forse perché ho l’età per riflettere su questi quesiti esistenziali; la gran parte della mia vita è alle spalle e così ti rendi conto che se non hai fatto le scelte giuste, se non hai accolto e cercato di superare le sfide che la vita ti pone, arrivi alla mia età che ti sembra di essere rimasto sul bordo del marciapiede, destinato a ripetere le fasi iniziali di un amore, ma non potendo approfondirle, e invece – nel loro caso – hanno superato tantissime prove: lui è stato infedele, lei aveva una salute fragile; è una storia molto complessa, durata l’arco di una vita, ma insieme sono arrivati alla fine vincenti, nel senso che l’amore va al di là del piacere, ha a che fare con la costruzione, e poi interviene anche la ragione; l’amore non è solo una questione di sentimento, per riuscire a accedere un domani a un’altra dimensione: siamo un pianeta molto piccolo nell’immensità del cosmo, non sappiamo cosa accadrà di noi, se ci sarà un’altra nascita, ma ci potrebbe portare verso questo l’amore, se lo viviamo intensamente”.
Catherine Deneuve è la protagonista del film La moglie del presidente, ispirato alla figura di Bernadette Chirac che ha concluso Rendez-Vous, il festival del cinema francese che si è svolto a Roma
L’opera prima di Delphine Deloget, in anteprima nazionale a Rendez-Vous, Roma. L’incontro con l’attrice, sullo schermo con una madre coraggio messa alla prova delle meccaniche stritolanti della giustizia e della società; al cinema dal 1 maggio con Wanted Cinema
Un appuntamento, a porte chiuse, organizzato in sinergia da Unifrance, l’Ambasciata di Francia e Cinecittà per la DGCA-MiC, in cui i professionisti dell’audiovisivo italiano e francese hanno scambiato dati e informazioni, approfondito misure e strumenti adottati dai due paesi, indagato criticità e declinato strategie comuni
Da domani al 7 aprile torna in Italia il festival dedicato al cinema francese: si parte dal cinema Nuovo Sacher di Roma