RICORDO DI MARGHERITI


A pochi giorni dalla scomparsa di Antonio Margheriti, la serata del Torino Film Festival dedicata al terrore all’italiana ha avuto un momento importante nel ricordo del cineasta – avrebbe dovuto essere presente – con la sua ultima intervista, filmata poche settimane fa.
Lo spunto è stato l’interessante documentario di Marco Cruciani e Paolo Fazzini, Le ombre della paura, che in più puntate ripercorre le tappe del genere horror degli anni ’60 e ’70, e forse avrà prossimamente un’appendice con gli ultimi vent’anni.
Film come I vampiri di Riccardo Freda, considerato il capostipite, La maschera del demonio di Mario Bava e Profondo rosso di Dario Argento sono celeberrimi, ma molti altri titoli e nomi si celano nei meandri nascosti di una storia del cinema che spesso ha un po’ trascurato i generi.
Ecco così emergere titoli come Sei donne per l’assassino, in cui Bava, nel 1964, manifesta la presenza di un killer attraverso la sua soggettiva con quindici anni di anticipo su John Carpenter in Halloween. Oppure si può scoprire uno dei pochi specialisti in effetti speciali e make-up apprezzati anche all’estero quale è Giannetto De Rossi o un regista come Antonio Bido, proveniente dal cinema sperimentale e che si è sforzato in alcune sue opere di affiancare al nero delle sfumature più problematiche.
Danza macabra Antonio Margheriti era un po’ l’emblema dei cosiddetti registi-artigiani: un epiteto che non gli dava fastidio perché effettivamente i suoi film erano proprio come manufatti. Inventava personalmente anche gli effetti speciali ed una delle sue opere più famose, Danza macabra, fu realizzata con un recupero di scenografie già usate sul set di Il monaco di Monza, con Totò.
Paradossalmente come altri suoi colleghi, riconosciuti più da Martin Scorsese e Quentin Tarantino che da certa critica nazionale, fu più apprezzato all’estero, e così lavorò anche con artisti internazionali come Klaus Kinski e Lee Van Cleef, sempre sotto lo pseudonimo di Anthony M. Dawson.
Purtroppo oggi in Italia – a parte le commedie – il cinema di genere, e in particolare quello horror, è sempre più raro. Così, dopo trasformazioni generazionali come lo slittamento verso il thriller negli anni ’70 e verso lo splatter negli ’80, illustri critici come Teo Mora e Antonio Tentori hanno lanciato da Torino un grido d’allarme. Oggi, con la scomparsa dei suoi ultimi specialisti, come Margheriti, un certo modo di far cinema rischia l’estinzione, e forse parte della colpa è imputabile anche al minor coraggio dei produttori.

09 Novembre 2002

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