Considerando l’insieme delle risorse economiche attratte, il settore audiovisivo è la componente principale dell’intero sistema della comunicazione e dello spettacolo in Italia. Nel 2023 (gli ultimi dati disponibili), su un valore totale pari a circa 53 miliardi di euro di spesa finale, le risorse attratte dal mercato audiovisivo italiano sono pari a circa 15 miliardi (14 miliardi e 857 milioni ), in crescita del 3,9% rispetto all’anno precedente. Sono fra i numeri del quarto rapporto ‘Il sistema audiovisivo: evoluzione e dimensioni economiche‘ di eMedia e Istituto Bruno Leoni presentato a Roma.
La crescita del mercato audiovisivo in Italia è dovuta “essenzialmente a una espansione del segmento online video – si spiega – e, marginalmente, da una progressiva ripresa della sala cinematografica, dopo gli anni della pandemia”. Nel periodo 2018-2023 il tasso annuo di crescita del mercato audiovisivo è stato del 3,6%, in linea con quello del Pil nazionale (3,7%), ha detto Emilio Pucci di eMedia.
Si sottolinea anche che la spesa degli utenti per servizi di rete fissa e mobile e per terminali è ormai essenzialmente legata ai consumi audiovisivi e da essi generata in maniera rilevante. Sulla base di questa considerazione il settore audiovisivo, includendo hardware d’utente e connessioni, potrebbe essere stimato come pari a circa 36 miliardi di euro. Ai cosiddetti mezzi “classici” (televisione, cinema, home video) si è aggiunto il nuovo ambiente online e delle piattaforme, che continua a evolversi con grande rapidità anche grazie alla spinta dell’intelligenza artificiale e delle forme audiovisive immersive. In un’epoca di transmedialità “lo streaming è diventato una prassi oramai scontata della nostra quotidianità“. Lo zapping “non è più solo fra i canali televisivi, ma anche fra i video delle piattaforme online e i social” .
Questa trasformazione tocca anche le news, con il rischio di maggiore diffusione, anche per alcune dinamiche portate dall’intelligenza artificiale, della disinformazione e delle fake news. A fronte di una debolezza della capacità di produrre/distribuire contenuti “e cioè a fronte di un declino delle funzioni editoriali, la conoscenza in circolazione si impoverisce“. La forza degli editori “era costituita dalle alte barriere all’ingresso nei mercati del contenuto (costi elevati di produzione, di distribuzione, di marketing ecc.)”. Paradossalmente, “tali barriere – viene rimarcato nel rapporto – si ritorcono contro gli stessi editori nel momento in cui, in alcuni segmenti d’offerta, si abbattono drasticamente, a causa dell’innovazione tecnica”. (C.DA)
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