VENEZIA – Quello dei napoletani è un popolo anarchico e libero, una cittadinanza contemplativa che è stata costretta a diventare globalizzata. Una notte più nera di quella di Bassolino non poteva esserci, ci ha macinato per anni facendoci credere che avrebbe fatto una nuova città, negli anni ’70 non l’avrebbe passata liscia. Napoli è stata gestita da amministratori della provincia che non sapevano nulla della città e pensavano a sistemare parenti e amici”. E’ combattivo Enzo Gragnaniello nel presentare Radici, il film-documentario firmato da Carlo Luglio di cui è protagonista e che passerà allo Spazio Aperto delle Giornate degli Autori il 3 settembre, e per cui, precisa il cantautore, la Regione non ci ha dato una lira. Ma Radici è un film che, programmaticamente, parla della poesia di Napoli e si disinteressa degli aspetti più problematici dell’attualità: Non sarei stato interessato a fare un film sul disagio – dice infatti Gragnaniello – perché si criminalizza facilmente tutto e invece bisogna fare analisi precise. Con il film volevamo raccontare la parte invisibile di Napoli, quella della poesia e dell’anima, e dare dignità a un popolo.
E infatti Radici è nato proprio con l’intenzione di valorizzare un’altra Napoli, mitologica e magica, svelandone sull’onda dell’emozione gli scorci più nascosti. Un’opera musicale, quasi un musicarello in cui si è guidati dalle performance, tra il realistico e l’onirico, di Enzo Gragnaniello e si vede affiorare grazie ai luoghi e agli artisti il senso profondo di una tradizione musicale e visiva.
Un film lieve e sognante, che rappresenta un’operazione inconsueta anche per i suoi produttori, quei Figli del Bronx di Gaetano di Vaio che finora avevano prediletto un taglio sociale con opere come Sotto la stessa luna, girato da Carlo Luglio nei campi rom di Scampia; Napoli, Napoli, Napoli, con cui Abel Ferrara esplorava il carcere femminile della città; Là-bas di Guido Lombardi, che rievoca, romanzandolo, l’episodio di violenza avvenuto a Castel Volturno nel 2008 che vedremo qui a Venezia alla Settimana della Critica. E persino con il supporto logistico per la realizzazione di Gomorra. Per noi questa è un’esperienza nuova – conferma il produttore Di Vaio – Ci siamo sempre concentrati su tematiche sociali difficili, ma Gragnaniello ci ha trascinato in questa avventura poetica”.
Un’avventura nata quando il regista Carlo Luglio ha visto per caso un video del cantautore tratto dall’album “L’erba cattiva” e ha pensato che Gragnaniello non solo raccontasse, ma fosse lui stesso l’anima più profonda di Napoli, e ha voluto renderla sul grande schermo. Dove scorrono le immagini non solo delle performance estemporanee del cantante e dei Sud Express, ma anche filmati di repertorio della città nel dopoguerra e degli anni ’70, a contrappuntare e contrastare le continue rappresentazioni mediatiche di violenza e degrado della città partenopea che abbondano nei telegiornali.
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La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
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