E’ uno sguardo ironico e a tratti surreale sulla difficoltà di essere e vivere in un mondo in cui quel che conta è l’apparire e dove il giudizio degli altri e della società pare determinante per la nostra buona riuscita. La dolce arte di esistere, inizialmente il titolo era Sparire, opera seconda di Pietro Reggiani indipendente e autoprodotta (300mila euro), ci parla di una realtà quotidiana in cui si dà come normale l’invisibilità psicosomatica e non come fenomeno eccezionale.
Si tratta infatti di una sindrome sociale riconosciuta che colpisce persone con difficoltà di relazione, le quali in certe situazioni diventano invisibili.
Il film ha per protagonisti due giovani Roberta (Francesca Golia, La grande bellezza e Bella addormentata), che ha bisogno di attenzione altrimenti scompare, e Massimo (Pierpaolo Spollon, Terraferma e Leoni), che al contrario, ansioso, scompare se sente attenzione su di sé. Non sarà facile per i due innamorati, facili all’invisibilità alternata, ritrovarsi insieme, l’uno accanto all’altro; il lieto fine arriverà solo dopo un lungo percorso fatto di incomprensioni, incidenti e disavventure, tra i quali c’è posto anche per un reality e incontri per single.
Ma il film racconta anche l’infanzia di Roberta e Massimo, all’origine delle loro opposte patologie, e il loro ingresso alla vita adulta. “Mi sembrava, quella dell’invisibilità, una buona metafora di una difficoltà ad affrontare la vita.
“Mi piaceva aver immaginato due invisibilità – spiega il regista, figlio del giornalista e critico cinematografico de ‘La Stampa’ Stefano Reggiani (1937-1989) – mi era venuta più immediata quella legata all’ansia, all’essere oggetto di attenzione, ma mi suonava bene anche quella opposta, legata al non ricevere alcuna attenzione”.
Il film ha avuto una lunga preparazione, perché la prima sceneggiatura risale all’estate 2007 e in quella del 2012 sono cominciate le riprese, con il sostegno della Trentino Film Commission e del Fondo per il cinema della Regione Lazio. In una prima fase di lavorazione Reggiani, da solo, si è impegnato durante il montaggio a trovare il corretto tono e la giusta distanza, per raccontare l’invisibilità psicosomatica dei due giovani, senza scivolare nel comico macchiettistico o nel melodrammatico.
Impresa non facile, tant’è che l’autore si è reso conto via via che “che la volatilità dei toni era ancora maggiore di fronte alle immagini, più imprecise delle parole”. Così nell’autunno 2013, mentre Gabriele Salvatores sta girando Il ragazzo invisibile, Reggiani ha deciso di portare a termine il suo film grazie sia a una montatrice professionista, sia all’ampliamento della voce narrante. Quest’ultima, prevista in sceneggiatura (inizialmente era lo stesso regista), diventa un terzo protagonista, una sorta di radiocronista, e il compito viene affidato a un esperto del mestiere: Carlo Valli, doppiatore di Robin Williams. “Così abbiamo raggiunto quello che considero il giusto tono: non così rapidamente da riuscire ad arrivare in sala prima di Salvatores, ma abbastanza per offrire l’invisibilità psicosomatica ai nostri spettatori”.
Nel cast del film figurano anche Anita Kravos, Rolando Ravello e Salvatore Esposito.
Da segnalare infine che La dolce arte di esistere è una produzione a basso impatto ambientale, che ha seguito le linee dell’unico protocollo di produzione sostenibile esistente tre anni fa, il British Standard BS 8909, quando l’italiano Edison Green Movie era ancora in fase di elaborazione.
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