Fino al 2003 spettava a Ed Wood, celebrato con l’acclamato biopic di Tim Burton, il titolo di ‘peggior regista di sempre’. Poi arrivò Tommy Wiseau con il suo The Room: una vicenda strampalata, un melodramma torrido, un triangolo amoroso, con una recitazione – a opera dello stesso regista e del suo compare Greg Sestero – che definire sopra le righe sarebbe riduttivo, scenografie posticce, linguaggio cinematografico improvvisato, sottotrame che si inseriscono e scompaiono senza motivo, scene di sesso al limite del ridicolo. Tutto sembrava appositamente costruito per realizzare il prodotto più scadente possibile, puntando magari sull’effetto sorpresa e sul misterioso eppure comprovato effetto che ‘tanto brutto’ fa il giro e diventa godibile. E forse è stato proprio così.
Ma secondo il film The Disaster Artist di James Franco, in uscita il 22 febbraio con Warner, Wiseau – che lui interpreta mentre il fratello Dave si cala nei panni di Sestero – era invece un personaggio genuino per quanto misterioso. Una sorta di Max Schreck o Kaiser Soze del cinema indipendente, meno spaventoso ma decisamente eccentrico: dichiaratosi di New Orleans si presenta invece con accento marcatamente straniero, è ricchissimo e nessuno sa – tutt’oggi – da dove provengano i suoi soldi. Ma sono comunque sufficienti a prodursi da solo un film del costo di sei milioni di dollari, presentandolo poi con incredibile faccia tosta a Los Angeles, su Highland Avenue, in barba al sistema, installando un manifesto con la sua faccia in atteggiamento da duro e la tagline ‘Un dramma degno di Tennessee Williams’. Le prime proiezioni su due schermi della California del Sud furono un tonfo colossale, oppure, a seconda dei punti di vista, un grandissimo successo. Tutti ridevano e incitavano il protagonista a suicidarsi, cose che poi, in effetti, fa, con una resa mimica imbarazzante e un tonfo in terra che più finto non si può. Incassa la misera cifra di 1.800 dollari in due settimane e viene subito ritirato dal mercato.
Ma è già l’epoca di Internet e il passaparola fa il suo corso: in breve, il film diventa un cult alla pari del Rocky Horror, conquistando il campo delle proiezioni di mezzanotte e attirando tantissimo pubblico che va lì per ridere, recitando a memoria le battute, incitando ancora una volta Tommy a spararsi in bocca, indossando magliette con la sua buffa faccia e le frasi del film stampate sul retro: ‘Mi stai uccidendo Lisa’, ‘Non è vero che l’ho picchiata’, ‘Sto morendo e nessuno mi aiuta’.
Nel 2013, Sestero scrive un libro sulla sua esperienza con Wiseau, conosciuto in una scuola di recitazione di San Francisco, e una copia non commerciale finisce nelle mani di Franco che se ne innamora. Tra i produttori c’è anche Seth Rogen, che recita un ruolo accanto ai due fratelli Franco. Il soggetto di The Disaster Artist è dunque fortissimo e la realizzazione non è da meno, con Franco a sfoderare tutto il suo miglior repertorio di espressioni buffe, a sperimentare con trucco e parrucco, con l’accento strano di Wiseau, la sua mimica improbabile ma anche la sua complessa situazione psicologica, tra determinazione e frustrazione tipiche di una persona che cerca approvazione non per il successo – è già ricchissimo e non avrebbe certo bisogno di fare quel film per soldi – ma perché, fondamentalmente, è sola al mondo. Un autentico outsider che, come qualcuno gli ricorda nel film, assomiglia a un villain goffo e inconsapevole come il mostro di Frankenstein (ma anche al barone, che il mostro lo crea in pellicola) più che all’eroe romantico che immagina di essere. E la differenza tra il sé effettivo, quello percepito e quello percepito dagli altri è forse uno dei temi più forti e interessanti della pellicola, che è valsa a Franco il Golden Globe come Miglior Attore Protagonista.
“Tommy ha fatto il suo film con l’intenzione di realizzare un dramma ma la gente ne rideva – dice Franco – Il libro di Greg parlava di Hollywood, ma era anche la storia di questi spostati coinvolti nella produzione di The Room. Ho visto The Disaster Artist come un racconto sull’industria vista dal suo interno, raccontata dagli occhi di alcuni outsider, un po’ come successe in Ed Wood, un film che ho amato molto”.
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