Tra le proiezioni speciali della diciottesima edizione delle Giornate degli Autori, in collaborazione con Isola Edipo, ce n’è una i cui protagonisti mettono simbolicamente a confronto visioni e generazioni: da un lato un gruppo di giovani di IULM Movie Lab (centro di produzione audiovisiva dell’Università IULM di Milano), dall’altro Pupi Avati, regista di oltre quaranta film all’attivo, che si lascia mettere in scena dai neolaureati filmmakers.
A partire da un’idea del Rettore di IULM, Gianni Canova, nasce un racconto in prima persona dalla passione per il jazz alle esperienze di una vita, con questo docu-racconto conosciamo più a fondo l’uomo dietro al regista de La casa dalle finestre che ridono (1976), Regalo di Natale (1986), Il cuore grande delle ragazze (2011) e ora alle prese con Dante (il suo prossimo film in lavorazione).
L’appuntamento è per il 7 settembre, ore 16.00, Sala Laguna (presso Casa degli Autori, via Pietro Buratti 1). A partire dal piccolo cimitero di San Leo, dove sono sepolte molte delle persone che ha amato, Pupi Avati si racconta. Un po’ di cinema, un po’ di musica, molta vita. Un viaggio sul filo della memoria, un percorso a ritroso tra gli affetti, i fantasmi e i ricordi di uno dei maestri del cinema italiano. Frammenti di un’autobiografia che si mescola con la storia collettiva.
“Il cinema mi ha dato moltissime gioie, ma anche tantissime sofferenze”, confessa Pupi Avati nel film, “Molte mattine andare sul set rappresenta la cosa che meno vorrei fare al mondo. E mi chiedo: ma perché io mi sto costringendo a questa scelta di vita che mi espone continuamente a questa ricerca di felicità? Perché non siamo mai definitivamente cresciuti?.”
Tra il diario intimo e la confessione filmata, Vorrei sparire senza morire è un percorso che inizia e finisce in due diversi cimiteri, passando per Bologna, il castello di Rocchetta Mattei, gli uffici romani della DueA e gli studi di Cinecittà. Il cinema, che è lo sfondo di tutto, lascia il posto a un sentimento della vita, una riflessione sulla morte, una malinconica rievocazione delle stagioni dell’amore. Con la sua calda umanità, ma anche la sua consumata autoironia, Avati si concede alla videocamera dei giovani filmmaker dell’Università IULM con una sincerità a tratti quasi commovente. E conferma di essere non solo uno dei maestri del cinema italiano, ma anche un uomo che ha vissuto il suo (e il nostro) tempo con un’immersione e una dedizione totali.
Realizzato dagli studenti di IULM Movie Lab, Vorrei sparire senza morire è un film che ambisce a superare la convenzionale attribuzione di un’opera audiovisiva alla paternità di un regista-demiurgo per rivendicare invece il suo essere un’opera collettiva, frutto della convergenza e della sinergia di più sguardi e visioni differenti. Nato da un’idea di Gianni Canova, il film ha preso corpo nelle parole e nei racconti di Pupi Avati grazie al trattamento, al coordinamento e alla produzione esecutiva di Hilary Tiscione. Nicola Baraglia e Marta Erika Antonioli hanno curato riprese e montaggio, mentre il suono in presa diretta è di Emanuele Misurina. La regia, ammesso che ci sia, è il frutto delle discussioni appassionate che hanno coinvolto tutti costoro, assieme ad Antonio Avati e a tutti gli altri che appaiono nei titoli di coda e che hanno contribuito a vario titolo, tutti insieme appassionatamente, al risultato finale.
Iulm Movie Lab è il centro di produzione audiovisiva dell’università IULM di Milano. Collegato al corso di Laurea Magistrale in Televisione, cinema e new media, ha come mission quella di fornire ai laureandi e ai laureati dell’ateneo un’opportunità di crescita professionale che li porti a confrontarsi con concreti progetti produttivi. “Il connubio tra sapere e saper fare – dichiara Gianni Canova – è la chiave di volta di un progetto formativo che punta da sempre, con forza, sull’innovazione, sulla ricerca e sulla sperimentazione. Siamo convinti che solo sporcandosi le mani, costruendo set, sperimentando direttamente modi e forme di produzione, i nostri studenti di cinema e televisione possono acquisire una formazione completa, creativamente matura e consapevole, adeguata alle richieste e alle attese dell’immaginario del nostro tempo”.
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