Famoso per City of God (candidatura Oscar per Miglior Regista, 2004), il brasiliano Fernando Meirelles, su sceneggiatura di Anthony McCarten – già autore di The Pope, opera teatrale su cui si basa il film – dirige Jonathan Pryce e Anthony Hopkins, rispettivamente Papa Francesco e Benedetto XVI ne I due Papi, film che racconta il loro rapporto appena prima delle dimissioni di Ratzinger al soglio pontificio, quindi la conseguente fumata bianca per l’allora cardinale Jorge Bergoglio. Correva l’anno 2013.
“Ci piace Papa Francesco anche per il suo programma: è quasi una pop star salita al Vaticano”, spiega il regista all’anteprima italiana, e che ha concertato, con lo sceneggiatore, un film dal tratto fortemente umano, nonostante il contesto e i ruoli prossimi al divino, mettendo così in connessione empatica i personaggi con il pubblico, restituendo momenti e toni di ironia e leggerezza, snocciolati per tutto il racconto, che si costruisce però su più di un livello narrativo, inclusi quelli della riflessione interiore, del senso di colpa e del perdono, scritti e inscenati con particolare precisione nella sequenza del dialogo tra i due Papi all’interno della sacrestia della Sistina, che il film sceglie quale luogo e momento in cui far confidare, da Benedetto a Bergoglio, la volontà della dimissione, perché – parole del Ratzinger sullo schermo – lui stesso, seppur di visione completamente opposta, in questo momento storico sente il bisogno di uno come lui (Francesco). Seppur, storicamente parlando, la dimissione di Papa Benedetto sia stata annunciata come necessaria per sopraggiunta età e stato di salute, e non come difficoltà per l’incapacità di sentire ancora la voce di Dio: “Questa idea era nella sceneggiatura. Non ne abbiamo mai parlato con McCarten, probabilmente è stata una sua creazione, aveva bisogno di trovare una soluzione, e questa era molto efficace, perché Benedetto parla della buia notte dell’anima, e la spiritualità è il tema del film, come anche per Bergoglio quando racconta della sua sperduta parrocchia argentina”, dice Meirelles, che profila inoltre la genesi del film stesso, il quale accenna anche alla questione delle Madri di Plaza de Mayo, in parte presente nel racconto: “Non è stato difficile fare ricerche sul regime brutale, volevamo riconoscere quello fatto dalla Junta in Argentina e il coinvolgimento di Bergoglio, anche perché è cosa per cui si sente in colpa: sono stato personalmente in Argentina, ho parlato con seminaristi e persone coinvolte, e la scoperta è stata sentire che da Cardinale non piaceva, dicono stesse molto sulle sue, ma tutti poi si sono stupiti del suo cambiamento, e mi interessava capire come e perché fosse avvenuto questo cambiamento personale”, che l’ha poi condotto ad essere l’uomo riformista che oggi tutto il mondo ha dinnanzi ai propri occhi.
Un uomo, il Papa, “un leader politico, più che il leader di una Chiesa”, lo definisce Jonathan Pryce, che gli ha prestato il suo corpo attoriale nel film. “Le sue capacità le ho riconosciute sin da subito, cose di cui invece non sono capaci molti leader del nostro tempo: lo rispetto e lo reputo una fonte d’ispirazione, anche se penso all’interno della Chiesa ci sia molto da cambiare, e forse anche lui lo pensa, ma la struttura ecclesiastica non lo permette”, questo il pensiero dell’attore sull’uomo, a cui s’è preparato: “Sin dall’elezione, perché Internet s’è subito riempito di foto mie e sue, e questo ha fatto sì che in qualche modo poi fossi pronto: è stato il primo Papa che, a me personalmente, ha ‘parlato’ davvero. Lui fa appello alla nostra coscienza: è una persona verso cui ho profondissima empatia. Ho guardato moltissimi video su YouTube per imparare un po’ di andature e espressioni, imparando qualche frase in spagnolo e in italiano. E comunque porto la barba affinché non mi fermino per strada e la gente non mi chieda di benedirla!”, ironizza Pryce, che con Francesco I condivide una certa somiglianza.
Come non inferiore, tutt’altro, è la somiglianza di Anthony Hopkins con il suo Papa, Benedetto XVI: “Lavorare con Hopkins è stato molto bello, il rapporto sul set è stato un po’ quello che hanno i due Papi sullo schermo, inizialmente un po’sospettosi, un po’ come due cani che iniziano ad annusarsi, ma poi la fiducia cresce”, racconta l’attore britannico del collega conterraneo.
La trama, liberamente ispirata al reale, narra che l’anno prima della sua salita al ruolo papale, Bergoglio chieda a Benedetto il permesso di ritirarsi dalla sua carica, frustrato dalla direzione intrapresa dalla Chiesa: l’interpretazione della dottrina è diametralmente opposta tra loro. Il Papa in carica lo convoca a Roma, vessato dagli scandali perenni che avvolgono e travolgono la Chiesa: tergiversa sull’accettare le dimissioni, ma l’incontro nato con quello scopo è l’occasione per una conoscenza più intima e per un confronto delle reciproche visioni, tra profondità spirituale, Dancing Queen degli ABBA, necessità di un’apertura sociale progressista, tranci di pizza e bottiglie di Fanta. È così che il Papa Joseph Ratzinger prende la complessa e storica decisione delle proprie dimissioni.
“Per la preparazione del film, i rapporti con il Vaticano sono stati stretti e di grande collaborazione, soprattutto con l’ufficio di Don Viganò, che ci ha dato pieno accesso agli Archivi della TV vaticana”, spiega la produttrice Tracey Seaward, a cui fa eco il collega Dan Lin: “Soprattutto, il film ha avuto molto rispetto dei due Papi, trattati con grande equilibrio, e Fernando ha umanizzato molto la figura papale, anche con l’inserimento di elementi come il calcio, il cibo, la musica: la grande umanizzazione connette con più forza a loro”.
Una coproduzione USA, UK, Italia e Argentina. Le riprese sono iniziate nell’autunno di due anni fa proprio nel Paese natìo di Francesco, approdando poi a Roma e alla Reggia di Caserta: una consistente parte delle riprese romane sono state fatte presso gli Studi di Cinecittà.
Il film “parla” italiano per una parte della distribuzione, a cura della Cineteca di Bologna, che lo ha portato in sala dal 2 al 4 dicembre, ma anche per la presenza di alcuni interpreti per ruoli a corredo dei due centrali, come quello di Libero De Rienzo, assistente personale di Benedetto XVI.
Con quattro candidature ai prossimi Golden Globe, I due Papi era stato presentato in anteprima al Telluride Film Festival a fine agosto, cui è seguita una ristretta distribuzione statunitense e britannica a fine novembre: la diffusione internazionale è fissata per il 20 del mese sulla piattaforma Netflix.
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