“Faccio una profonda distinzione tra sviluppo e progresso. Lo sviluppo, questo nostro storico sviluppo è dovuto al potere, alla destra economica ed è interessato solo alla produzione di beni superflui. Il progresso, quello non voluto dall’opposizione che tuttora poggia su basi tradizionalistiche, è interessato alla produzione di beni necessari”. Rifkin, Naomi Klein, Chomsky o quale altro teorico del no-global? No, Pier Paolo Pasolini che parla agli studenti del Liceo “Calmieri” a Lecce, nell’ottobre 1975. Due settimane dopo sarebbe stato assassinato.
Se si dovesse dire di una sola cosa di questo coraggioso, dovuto e straordinario Pier Paolo Pasolini – Le ragioni di un sogno che Laura Betti ha dedicato all’amico, al poeta, all’intellettuale scomparso, tralasciando l’emozione, l’interesse, la necessità e l’ammirazione per l’opera e per il suo protagonista, se si dovesse riferire di una sola cosa bisognerebbe dire del Pasolini profeta. Senza rischiare il luogo comune. Di Pasolini profetico si è detto molto, ogni volta che lo si è ripescato in questi 26 anni dall’oblio per attribuirgli commenti e analisi sul presente, per invocare il suo sguardo lucido e quel suo pensare perennemente attraversato dalla lancinante “atrocità del dubbio”. Si è parlato del suo esser profetico almeno tanto quanto del suo essere “scomodo personaggio”, ritornelli che rischiano la piattezza semantica del cliché. Ha ragione, Laura Betti, a lamentarsene, a mostrare la stessa rabbia che ha provato “alle insinuazioni sul suicidio di Pier Paolo, lui che amava ridere e la vita, il sole, sopra ogni cosa”.
Le ragioni di un sogno, da domani in sala a Roma e Milano, presto anche a Torino, Bologna, Firenze e altre città italiane, spazza via la polvere del parlare e del pensare comune grazie alla semplicità disarmante e totale della viva voce di Pasolini (guarda un sito a lui dedicato in rete).
Ascoltiamolo, dunque, mentre “profetizza” la globalizzazione devastante: “E’ la realtà dei consumi a distruggere le realtà particolari. L’omologazione non è dovuta ai fascismi ma al consumo. Il nuovo potere è la nuova economia. Chi produce oggi non produce merci ma rapporti sociali, cioè umanità. E’ l’egemonia del nuovo capitalismo” (1970). O mentre traccia il confine della nuova negritudine “il terzo mondo comincia alla periferia di Roma” e la profonda crisi del marxismo e della sinistra.
E’ soprattutto ai giovani che Laura Betti vuole che parli il suo film, costato due anni e mezzo di lavoro a lei e a Paquale Plastino. E i giovani – ma non soltanto loro – saranno catturati dalla pacata generosità con cui Pasolini racconta anche il suo linguaggio cinematografico, il rito culturale rifondato dal suo teatro, le basi estetiche del suo lavoro intellettuale e poetico, la solitudine di un uomo incastonato tra una mente geniale e una pulsione sessuale tanto vitale quanto stigmatizzata, mentre le immagini ci restituiscono brani dei suoi film – Medea, Uccellacci e uccellini, Al di là delle nuvole, Il vangelo secondo Matteo, Accattone – molte interviste in Italia e all’estero, confessioni, ricordi e intensi brani poetici.
“Dai tempi del suo assassinio le parole di Pier Paolo hanno rimbalzato su pareti viscide e cumuli di merda fino a confinarlo nell’invisibile. Nessuna struttura, nessuna università si è prodigata per conoscerlo, capirlo a fondo e portarlo ai giovani. A loro voglio mostrare non i libri, ma Pier Paolo che parla in prima persona, accattivante e persuasivo, di verità che oggi brillano sotto i nostri occhi. Il suo coraggio, la voglia di spendersi per farsi capire. Per farsi amare, dovrei dire, ma questo è più difficile”.
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