“Quanti animali innocenti vivisezionati per curare questi cosi?”: questi così sarebbero i gay (“perdipiù” malati di Aids) raccontati da 120 battiti al minuto, il film di Robin Campillo che arriva in sala il 5 ottobre dopo aver vinto il Grand Prix a Cannes. A segnalare il post, che commentava “un’intervista al regista pubblicata da un importante sito internet italiano”, è Teodora Film, che – nel giorno dell’aggressione omofoba al regista Sebastiano Riso – protesta contro “l’ultima esibizione di quei ‘leoni da tastiera’ che nelle ultime settimane hanno approfittato dell’uscita del film per tornare a esibire con orgoglio la propria – quella sì, incurabile – ignoranza”. In quelle parole, segnala Teodora, che distribuisce il film, “c’è un odio per il diverso che dalla tastiera di un computer può riversarsi altrove. Per questo abbiamo sperato fino all’ultimo che 120 battiti al minuto riuscisse ad arrivare nelle sale italiane come ‘Film per tutti’: sarebbe stato un segnale forte, per dimostrare che gli uomini che amano altri uomini non spaventano più nessuno. Così non sarà, perché il film è stato Vietato ai minori di anni 14″.
“Al netto di tutte le implicazioni burocratiche ed economiche che il divieto comporta – sottolinea Teodora – quello che ci dispiace constatare è che, ancora una volta, si è scelto di usare due pesi e due misure: perché, e di questo siamo convinti, se i protagonisti di 120 battiti al minuto fossero stati un uomo e una donna, oggi non saremmo qui a parlare di visti censura. Tutto questo mentre il reality show più seguito della nostra televisione manda in onda insulti e minacce omofobe: salvo espellere un concorrente, è vero, ma per una bestemmia, non certo per omofobia. Ma se il Grande fratello continua impunemente, col suo campionario di ignoranza e violenza, 120 battiti al minuto (uscito in Francia senza alcun divieto né alcuna polemica, è bene ricordarlo) fa paura, e subisce una zelante e miope censura. Tanto più incomprensibile nel momento in cui colpisce un film profondamente educativo, che racconta anche ai giovani e ai giovanissimi la battaglia – non ancora vinta – contro una malattia che, complice il silenzio di troppi, ha ucciso 40 milioni di persone nel mondo”.
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