CANNES – C’è un po’ di sadismo anche in Thierry Frémaux che ha piazzato in chiusura di concorso un film che potrebbe rivoluzionare pronostici e verdetti, Vénus à la fourrure di Roman Polanski, sorprendente film da camera, come il precedente Carnage, con due attori straordinari come Mathieu Amalric ed Emmanuelle Seigner. In particolare quest’ultima potrebbe strappare alla protagonista di La vite d’Adèle il premio per l’interpretazione. Seigner è la moglie del regista franco-polacco e questo rende il gioco sadomaso tra i due sessi, che è anche gioco tra l’attrice e il suo regista, ancor più intrigrante e intricato. Anche perché Amalric, piccolo di statura ma ciò nonostante dotato di un indiscutibile carisma, ha una impressionante somiglianza con Polanski giovane.
Tratto dalla pièce teatrale di David Ives, che ha debuttato off Broadway nel 2010 con grande successo, a sua volta ispirata al romanzo erotico di Leopold von Sacher-Masoch (1870), il film si svolge in piccolo teatro dove la macchina da presa del dop polacco Pawel Edelman ci porta dopo un vorticoso percorso in un boulevard parigino sotto il diluvio. Thomas, un drammaturgo e regista, è esausto dopo un’inutile giornata di provini, tante attrici cagne e nessuna che vada bene per il ruolo di Vanda, una donna sensuale e aristocratica che si deve imporre fin dal primo istante in cui appare in scena. Ma ecco arrivare un’ultima aspirante al ruolo, si chiama Vanda per davvero, come il personaggio. E’ fradicia, spettinata, isterica e sboccata, vestita come una prostituta, insistente. Thomas è stanco, ha fame, vuole solo liquidarla, ma lei si impone, indossa un abito ottocentesco che estrae da un borsone e diventa… Vanda.
L’ottantenne Polanski, che domina la conferenza stampa con la sua ironia leggera, ammette di aver trovato nel testo, che ha letto proprio a Cannes un anno fa, la sua “cup of tea”. “Il sarcasmo della pièce è irresistibile, mi piace anche l’elemento femminista. E poi c’era un grande ruolo per Emmanuelle e questo ci consentiva di tornare a lavorare insieme dopo un bel po’ di tempo”. E magari di regalarle un premio, visto che lui la sua Palma d’oro l’ha già vinta con Il pianista nel 2002: “Essere al festival è sempre bello, ci sono venuto la prima volta da studente di cinema e la gente non mi fermava per strada per chiedere foto e autografi come fate voi ora. Cannes è la Mecca del cinema e dire che dei premi non me ne frega nulla sarebbe veramente da ipocriti”.
Il lavoro di adattamento, condotto insieme a David Ives, ha portato qualche taglio, ma soprattutto la scelta di spostare il luogo dell’azione da una saletta di prove a un teatro vero e proprio, benché ricostruito in studio. “Io a teatro sono cresciuto, a 14 anni ero già su un palcoscenico in Polonia. E poi questa scelta ha aumentato le possibilità di movimento e azzerato la claustrofobia”.
Impossibile non notare che anche Carnage è tratto da una pièce e si svolge in uno huis clos. “Nel mio primo film, Il coltello nell’acqua, i personaggi erano tre, stavolta la sfida è stata ancor più rigorosa, siamo scesi a due. Bisognava con questi elementi riuscire a non annoiare mai lo spettatore e non fare teatro filmato”. Al che giustamente Amalric fa notare che ”in realtà i personaggi sono quattro, perché Thomas e Vanda si sdoppiano tra persona e ruolo e spesso facciamo fatica a capire chi stia parlando, se l’uomo e la donna di oggi o quelli dell’Ottocento”.
Ma è eterno il discorso sulla guerra tra i sessi – al di là del gioco erotico servo-padrona – e il film getta uno sguardo impietoso sulla psicologia delle relazioni. Per Polanski: ”Un uomo un po’ macho che va a pezzi è una gioia da vedere. Chi mi conosce sa che io non sono sessista e questo film è stato una soddisfazione”. E prosegue, sempre tra il serio e il faceto: ”Oggi offrire dei fiori a una donna è diventato quasi una bestemmia. Si sta cercando di livellare le differenze di genere. Forse è con la pillola che è iniziata la mascolinizzazione delle donne. Ma togliere romanticismo alla vita è un vero peccato”.
Mathieu Amalric, che a breve tornerà alla regia con La chambre bleu da Georges Simenon, si sofferma sulla sua somiglianza fisica con Polanski. “Avevo intuito che si andava in quella direzione, ma quando mi ha portato a scegliere un giacca e ha detto alla commessa che ero suo figlio, tutto è stato chiaro. Del resto – aggiunge l’attore – mia nonna era un’ebrea polacca, nata a Cracovia, proprio come i nonni di Roman”. Per Emmanuelle Seigner “Vanda è una dea e forse si sta vendicando per tutte le attrici maltrattate ai provini”. Quanto al rapporto sadomaso tra attori e registi, lo sintetizza Polanski: “A teatro il regista agisce le sue fantasie e costringe l’attore a incarnarle”. O, come dice Vanda nella pièce, “Il sadomasochismo? Lo conosco bene, faccio l’attrice”.
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