Non solo un documentario, ma un vero e proprio omaggio alla memoria, arriva in sala come evento speciale, a due anni di distanza dalla scomparsa del compianto bluesman partenopeo, il 20, 21 e 22 marzo Pino Daniele – Il tempo resterà di Giorgio Verdelli, regista cinematografico e televisivo famoso anche per Unici, programma in onda dal 2013 su Rai 2 e dedicato ai personaggi hanno fatto storia nel mondo dello spettacolo. La distribuzione è di Nexo Digital. Le copie sono tante, 270 in viaggio verso le 300.
“Poi magari – dice il regista – si aggiungeranno date, come succede in tournée Molto del materiale utilizzato assolutamente inedito ed è stato selezionato appositamente dal regista con una lunga e paziente ricerca e la consulenza del figlio di Daniele, Alessandro, che è stato per gli ultimi 15 anni stretto collaboratore artistico del padre. Nel film si intersecano immagini di repertorio, testimonianze e contributi. Accanto a Joe Amoruso, Tony Esposito, Tullio De Piscopo, James Senese, Rino Zurzolo (i musicisti della storica band di “Vaimò” con cui Pino Daniele si riunì nel 2008 ) troviamo tra gli altri personaggi come Renzo Arbore, Stefano Bollani, Ezio Bosso, Lorenzo Jovanotti Cherubini, Eric Clapton, Clementino, Roberto Colella, Gaetano Daniele, Maurizio De Giovanni, Francesco De Gregori, Giorgia, Enzo Gragnaniello, Peppe Lanzetta, Maldestro, Fiorella Mannoia, Al di Meola, Phil Manzanera, Pat Metheny, Eros Ramazzotti, Massimo Ranieri, Ron, Vasco Rossi, Sandro Ruotolo, Giuliano Sangiorgi, Daniele Sanzone, Lina Sastri, Alessandro Siani, Corrado Sfogli, Massimo Troisi e Fausta Vetere.
“Il Tempo Resterà non è una biografia di Daniele, ma per certi versi gli assomiglia molto – spiega il regista – Mi sono fatto guidare dalle canzoni e dalle frasi di Pino che sono diventate il filo conduttore del film documentario. Abbiamo voluto fare un percorso emozionale e siamo letteralmente saliti su un autobus (ribattezzato Vaimò, come il tour del 1981) che ci ha riportato nei luoghi della Napoli di Pino, per raccontare la sua idea di musica in movimento perenne, come la società di quegli anni che lui ha interpretato con una cifra innovativa e inimitabile”. Tra le voci narranti c’è quella di Claudio Amendola: “Volevo un non-napoletano – dice ancora Verdelli – Claudio ha accettato via telefono e dopo aver visto sette minuti di premontato. Ha fatto tutto in un’ora e mezza per pura passione”.
“Ci tengo a dire – specifica Amendola – che la musica di Daniele è stata un ponte importantissimo tra Napoli e il resto d’Italia. Noi conoscevamo solo la Napoli da cartolina o quella della camorra e del colera. Pino ce ne raccontava i colori e gli aspetti positivi. E la sua band era l’equivalente italiano dei Led Zeppelin, ognuno era in grado di tenere il palco con un assolo, io tifavo per tutti loro, non solo per il cantante, ed è un motivo di orgoglio avere avuto anche in Italia un gruppo così. Avere quattordici anni nell’anno di ‘’Na tazzulella è cafè’ è una cosa che ti cambia la vita. Ero con gli amici a Fregene, leggemmo il titolo sul juke box. Ci sembrò buffo e la suonammo. Impazzimmo letteralmente. Credo di aver investito una fortuna in dischi di Pino e ne vado orgoglioso”.
E proprio i membri della sua storica band accompagnano la conferenza di presentazione del film, come il leggendario sassofonista James Senese, che ricorda “la gente si metteva a piangere e io capivo che stava succedendo qualcosa di incredibile. La forza di Pino era nelle composizioni ma anche nel sentimento. Quando lo conobbi io suonavo nei Napoli Centrale. Venne a bussare la porta e mi trova questo ragazzone enorme, coi capelli lunghi, che sembrava un indiano. Mi disse: ‘Siete fantastici, vorrei suonare con voi’. A me serviva un bassista: ‘Gli dissi, puoi suonare il basso. Ce li hai i soldi per comprarlo?’. Non ce li aveva. Glie lo comprai io. Tutti noi poi abbiamo seguito il nostro percorso. Lui con i Napoli Centrale aveva trovato una parte di sé. Se ne andò due anni dopo, per seguire la sua strada, ma piangeva. Eravamo a Genova, me lo ricordo come fosse ieri. Voi non lo vedete, ma io sì. Pino è ancora qui”.
“Era un genio senza ancora esperienza – ricorda il percussionista Tony Esposito – quindi metterlo accanto a noi che già suonavamo da un po’ non poteva che essere una formula formidabile. Trasgredivamo una formula che in quegli anni si andava imponendo, in Italia. La brevità della canzone, per esigenze di mercato. Noi facevamo lunghi assoli, improvvisazionee parti strumentali, e non programmavamo, era un’idea organica di musica. Le canzoni finivano quando dovevano finire”. “Probabilmente eravamo predestinati per questo”, commenta il pianista Joe Amoruso, “a volte penso che un’entità superiore ci abbia selezionati, come piantine da un vaso”. “Gli anni settanta erano come il rinascimento – commenta l’attore Enzo Decaro, compagno d’avventure di Arena e Troisi e dunque legato anche a Pino Daniele – era un bombardamento di idee che arrivavano in alto pur partendo dal basso. Daniele faceva in musica quello che noi cercavamo di fare a teatro, rompendo con la tradizione eppure mantenendola. Era un innovatore come Gesualdo Da Venosa, abbiamo solo il rimpianto di non poter sapere dove sarebbe arrivato”. Il batterista Tullio De Piscopo chiude infine ricordando “la sofferenza del giovane Pino, che aveva problemi alla vista. Ma riusciva a prendere il buono da qualsiasi situazione. Diceva ‘sto bene così’, non voleva che si intervenisse sui suoi occhi, temeva di perdere la sensibilità che gli donava la sofferenza”.
Il film è una produzione Sudovest con Rai Cinema e sarà distribuito in collaborazione con i media partner Radio DEEJAY e MYmovies.it e sarà proiettato in anteprima al San Carlo di Napoli il 19 marzo.
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