95 anni fa Pier Paolo Pasolini aveva scoperto il cinema. “Avevo cinque anni e la mia famiglia allora abitava a Conegliano. […] La sera di una domenica io la mamma e il babbo eravamo appena tornati dal cinematografo. (Avevo visto un film di cui ricordo un interminabile inseguimento tra un cavaliere, un cane e non so quali altre bestie, che si rincorrevano in una specie di pazzesco girotondo, andando sempre a finirla dentro l’acqua di uno stagno)”.
Grazie alla straordinaria raccolta postuma Le lettere, curata da Antonella Giordano e dal compianto Nico Naldini per le edizioni Garzanti, siamo in grado di ripercorrere la genesi della passione cinematografica dell’autore friulano. All’inizio degli anni ’30, al cinema Ruffo di Sacile, Pasolini assiste alle ultime proiezioni di pellicole del periodo muto e rimane colpito in particolare da La cieca di Sorrento (Nunzio Malasomma, 1934), un film sonoro proiettato ‘ammutolito’, come si usava allora; tra gli interpreti Anna Magnani, la sua futura Mamma Roma.
“Dentro il salone Ruffo a un film muto è incantata una folla di fanciulli vocianti. Io siedo sulla rude panca e sento gridare alla mia orecchia CIECA! La Cieca di Sorrento piange tra le evanescenti treccie d’oro. A Maiorca i pirati lunghi spiedi voltano sopra fuochi strepitanti. E nelle grotte il buono e la fanciulla sognano argentei, folli fili d’acqua… ‘Qui, colpisci nel petto!’ e il buono scopre il petto nudo. Il traditore alza il pugnale, incerto”.
Durante gli anni in cui studia Lettere a Bologna, scrivono i curatori della raccolta, Pasolini “frequenta il cineclub dove, vedendo tutti i film di René Clair, i primi Renoir, qualche Chaplin, nasce il suo grande amore per il cinema”. In quegli anni scrive una rappresentazione radiofonica per i Prelittoriali di Radio e partecipa a un concorso indetto dal CineGuf con il soggetto cinematografico Il giovine della primavera, che Pasolini definiva “un folle pezzo dannunziano, completamente barbarico e sensuale”.
Nell’estate 1947 vive un’indimenticabile serata al cinema di Càorle assistendo alla proiezione di Gilda (Charles Vidor, 1946), con la “devastante” musica della canzone Amado mio cantata da una Rita Hayworth “equivoca e angelica, stupida e misteriosa” che “sul pubblico ansimante, con delicata libidine e furiosa pazienza si sfilava il guanto”.
Nel 1954 Pasolini si accosta finalmente al cinema professionale. Ricordano i curatori: “In marzo collabora, con Giorgio Bassani, alla sua prima sceneggiatura cinematografica, La donna del fiume di Mario Soldati, recandosi a Ferrara e nelle valli di Comacchio per i sopralluoghi. Pasolini ricorderà con simpatia questo suo debutto nel cinema, tanto da citare il film in un episodio del romanzo Una vita violenta“.
Le celebrazioni del centenario pasoliniano sono già iniziate in giro per il mondo. Al Palazzo Ducale di Genova fino al 31 marzo si può visitare la mostra Pier Paolo Pasolini. Non mi lascio commuovere dalle fotografie, ove vengono esposti 250 ritratti scattati dai massimi fotografi italiani.
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