Pier Paolo Pasolini, se la sua vita non fosse stata stroncata all’idroscalo di Ostia, avrebbe compiuto 90 anni il 5 marzo: era nato infatti a Bologna nel ’22. In questi giorni si susseguono dunque le iniziative per ricordarlo, per un volta non nell’anniversario della morte, e giustamente con l’intento di rivelarne aspetti meno noti. La Provincia di Roma ha voluto dunque rendere omaggio alla sua vocazione pedagodica con il convegno “Un insegnante molto speciale nella scuola di Ciampino”, che si è tenuto ieri sera a Palazzo Incontro a Roma. Coordinato da Gianni Borgna, con la presenza del presidente della Provincia Nicola Zingaretti e di Luciano Sovena di Luce Cinecittà – che ha annunciato un nuovo documentario sull’esperienza marocchina di Pier Paolo ai tempi di Edipo re – il dibattito ha ospitato gli interventi del giornalista e critico letterario Enzo Golino e dello scrittore Vincenzo Cerami, oltre alla lettura di un testo dalle Lettere luterane, “Il Gennariello”, del 1975, sorta di lettera aperta a un ragazzo napoletano prescelto come allievo d’elezione, lettura affidata alla voce di Rolando Ravello.
Enzo Golino ha percorso la via dell’excursus letterario. Massimo esperto della ‘paideia’ pasoliana, è autore infatti del saggio “Pasolini. Il sogno di una cosa. Pedagogia Eros Letteratura”, uscito vent’anni fa per i tipi del Mulino e riproposto di recente dai Tascabili Bompiani con l’aggiunta di nuove pagine sul romanzo postumo Petrolio. Cerami ha invece rievocato aspetti più personali del suo legame con Pasolini, poiché del giovane professore arrivato a Roma dal Friuli, fu allievo per due anni nella scuola media Francesco Petrarca di Ciampino. Lì il poeta insegnò lettere dalla primavera del 1951 all’estate del 1953 e mise a frutto le sue idee sull’educazione, che si stavano contemporaneamente misuravano con il mondo del sottoproletariato e delle borgate. Arrivato a Roma, senza una lira in tasca, aveva scelto, tra l’altro, di stabilirsi nella periferia Est, a Ponte Mammolo, non lontano dal carcere di Rebibbia. Racconta Cerami: “Dopo aver avuto la difterite, ero rimasto cieco per qualche mese ed ero chiuso, quasi afasico, neppure rispondevo all’appello. Mia madre mi definiva timido, ma credo che fossi un bambino po’ nevrotico, però con Pasolini sviluppai subito un rapporto bellissimo che mi portò in effetti a capire cosa poteva essere la letteratura, il raccontarsi raccontando altro. Di lui ricordo soprattutto le partitelle a pallone e il fatto che ci esortava, noi figli della piccola borghesia, a non vergognarci della nostra povertà. Quel professore omosessuale e comunista ci spinse in qualche modo a tradire la nostra classe d’origine e non credo sia un caso che il mio primo romanzo si intitolasse proprio Un borghese piccolo piccolo“.
Cerami resterà in contatto con Pasolini anche dopo la scuola, e per tutta la vita. Ne sposerà la cugina e gli sarà assistente durante la lavorazione di Uccellacci uccellini, un film evocato anche nella parole di Ninetto Davoli proposte ieri con un brano del documentario di Jean-André Fieschi Pasolini l’enragé (“Pasolini l’arrabbiato”, 1966) in cui il cineasta dialoga con quel ragazzo di periferia divenuto suo attore in un rapporto che deve molto alla maieutica di Socrate e che rivela anche i punti di contatto tra l’afflato pedagogico e la fascinazione erotica per i ragazzi di vita. Pasolini non impone un pensiero ma lo suscita, e, come sottolinea Zingaretti, “sarebbe utilissimo, anche oggi, avere un pensatore che non indottrini le persone ma le aiuti a essere più critiche e predisposte ad avere opinioni proprie”.
Sempre in questi giorni la Cineteca di Bologna propone il rarissimo Femmes Femmes di Paul Vecchiali, che impressionò Pasolini a Venezia nel 1974. Un anno dopo scelse infatti per il suo Salò le stesse attrici, Hélène Surgère e Sonia Saviange. Di Femmes Femmes, che gli era stato segnalato da Laura Betti, Pier Paolo scrisse poi sulla “Nouvelle Revue Française” e citò un intero dialogo nel Salò o le 120 giornate di Sodoma. Inquietante capolavoro che la Cineteca ripropone giovedì 22 marzo presentato dall’italianista Marco Antonio Bazzocchi, insieme all’ultima intervista rilasciata da Pasolini due giorni prima della morte, il 31 ottobre 1975, alla televisione francese, e appunto a Femmes Femmes in versione originale francese con sottotitoli italiani, presentato da Stefano Casi.
Diceva il regista friulano del film di Vecchiali, che mette a confronto due attrici di scarsa fortuna e non più giovani chiuse all’interno di un appartamento: “Quello che mi ha colpito è la straordinaria purezza stilistica, mentre lo vedevo pensavo a Dreyer, pensavo a certi registi classici forse dimenticati come Machaty. O addirittura a Murnau. L’altra cosa sorprendente nel film è un’incredibile fusione fra teatro e cinema, una fusione magica”.
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