BOLOGNA – Dopo l”apocalittico’ concerto di Bill Laswell che ha aperto le danze ieri sera, entra oggi nel vivo il Future Film Festival di cui CinecittàNews è Internet Media Partner. Primo film nonché evento di punta della giornata è Pirati! Briganti da Strapazzo, nuova produzione della AArdman Animations per la regia di Peter Lord, famoso per Galline in fuga e premio Oscar per Wallace & Gromit – La maledizione del coniglio mannaro. Lord, mago della plastilina, si cimenta per la prima volta con le riprese in digitale e col 3D stereoscopico, aggiungendo al suo lavoro che rimane comunque in gran parte artigianale qualche effetto in CGi. Il film, doppiato in originale da Hugh Grant e Salma Hayek e in italiano da Christian De Sica e Luciana Littizzetto, è divertentissimo e deborda di surreale humour inglese, e vede una cricca di simpatici lupi di mare imbattersi nientemeno che in Charles Darwin, scoprire che il loro pennuto di bordo è in realtà un rarissimo esemplare di Dodo e tentare la fortuna in un convegno scientifico salpando a Londra. L’unico problema è l’irascibile Regina Vittoria, che i pirati proprio non li sopporta. Oggi la pellicola, oltre che qui, va in anteprima mondiale proprio a Londra. Punto di forza sono i personaggi, che Lord ha letteralmente portato con sé, trattandosi di maneggevoli pupazzetti di plastilina, e che ci terranno compagnia durante l’intervista. Tra di loro primeggia il protagonista Captain Pirate.
Ci racconti innanzitutto come è stato lavorare con Hugh Grant…
Mi sono appena accorto che mi ha rotto il pupazzo di Captain Pirate! Mentre io lavoravo, lui passava tutto il tempo a giocarci. Ma succede spesso, con gli attori. Scherzi a parte, mi ha subito conquistato con il suo ‘Harrr…’
Perché ha scelto di raccontare proprio una storia di pirati?
Quando si è alla ricerca di un soggetto gli spunti possono arrivare da ogni dove: un libro, uno script, un fumetto. Io mi sono imbattuto in questo romanzo formidabile che ha un titolo che in inglese suona come ‘Pirati in un’avventura da scienziati’. Mi ha colpito moltissimo il suo tono drammaticamente divertente, ai limiti del surreale, con una trama ambientata nel passato ma pervasa da un grande spirito di modernità. E poi i pirati sono fortissimi, il loro mondo è colorato, ritmato, stravagante. La loro postura, il loro atteggiamento. Volevo fare qualcosa di diverso, anche a livello di fotografia, da Galline in fuga, ambientato in pollaio che era praticamente un campo di prigionia.
Cosa è cambiato nel passaggio dal libro al film?
Sicuramente nel libro non c’era il Dodo e se ben ricordo non c’era nemmeno il personaggio della Regina Vittoria. In Inghilterra, pur essendo molto rispettata, tutti la trovano un po’ antipatica per via della sua seriosità. Così ci siamo divertiti a prenderla in giro perché, in fondo, siamo una cricca di briganti anche noi.
Quanta plastilina e quanta CGi c’è in Pirati?
Abbiamo subito capito che il mare e il cielo dovevano essere in computer graphics, dunque abbiamo lavorato con degli schermi verdi. Per il resto è tutto lavoro artigianale, attraverso vari processi di progettazione e scultura sia per gli ambienti che per i personaggi. Abbiamo usato un metodo chiamato di ‘rapid prototyping’ e poi siamo passati alla stampa dei modelli e alla colorazione. E’ tutto piuttosto complesso ed esistono migliaia di parti del corpo di ciascun personaggio, per ricreare i vari movimenti. Quando i pupazzi sono pronti, gli animatori intrattengono con loro una relazione molto fisica, intima. Facciamo anche delle prove recitando le varie parti prima di animare il tutto…
E’ stato traumatico il passaggio da pellicola a digitale?
Niente affatto. Certo, c’è un problema ‘sentimentale’ da cui ti devi liberare. Abbiamo sempre lavorato in pellicola e alla Aardman abbiamo oltre 40 ottime macchine da presa tradizionali che ormai sono praticamente dei pezzi d’antiquariato. Ma per il resto, il lavoro è identico, ha una risoluzione ugualmente buona se non migliore e anche la color correction è molto semplice. Ci sono ovviamente anche dei vantaggi. Con la pellicola devi aspettare lo sviluppo per controllare che le riprese siano ok, e ti costa tempo. Col digitale la resa è immediata e non ti devi preoccupare di capelli o granelli di polvere incidalmente caduti sull’obiettivo. Lavoravamo mettendo dei supporti in ferro dietro ai personaggi per farli camminare e poi potevamo facilmente cancellarli con un paio di ritocchi. Ma soprattutto, per noi che facciamo animazione su set piccolissimi, il grosso vantaggio sono le dimensioni ridotte delle videocamere. Prima era come spostare un camion, ora è tutto più agevole.
E per ciò che riguarda il 3D?
Certamente si è trattato anche di una scelta di mercato, per rivolgersi a una certa fascia di pubblico e rendere il film più ‘mainstream’, ma io l’ho accettata volentieri perché sperimentare mi piace. All’inizio stavo molto attento a integrare il punto di vista tridimensionale nel mio modo di riprendere, ma infine mi veniva naturale e nel controllare i giornalieri mi dimenticavo che la finalità era proiettare il tutto in 3D, concentrandomi più sulla performance e sulla resa generale. La stereoscopia ha il potere di trasformare i miei piccoli set in vere e proprie scatole magiche. La particolarità è stata proprio la dimensione ridotta dei nostri protagonisti. Come sapete il principio del 3D si basa sulla distanza degli occhi umani tra loro, che di solito è attorno ai 5 centimetri. Noi siamo scesi a 5 millimetri, perché avevamo a che fare con piccoli pupazzi e volevamo che il punto di vista dello spettatore circa l’ambiente equivalesse esattamente al loro.
Questo è il Future Film Festival. Parliamo allora del futuro. Come vede, da autore, il futuro del cinema stereoscopico e quali sono i suoi prossimi progetti?
Io credo che il cinema 3D sia qui per restare. Certo, ci sono ancora dei problemi che portano alla perdita di colore e luminosità, e gli occhialini sono piuttosto fastidiosi da indossare specie per chi già porta degli occhiali da vista. Ma sono problematiche di natura tecnica, che si potranno facilmente superare, se l’industria hollywoodiana è disposta a mantenere il punto. Per quanto riguarda me, devo dire che spero in un sequel di Pirati!, perché mi sono proprio divertito e quel mondo così poco convenzionale mi permette di muovermi a mio agio con molta libertà. Dipende però ovviamente dal box office, e anche dal fatto che sto portando avanti altri tre progetti, di cui però è ancora presto per parlare.
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