PETER GREENAWAY


Finalmente svelato il mistero di Greenaway. I più attenti si saranno infatti chiesti “che fine ha fatto il secondo film della serie di Tulse Luper, visto che Cannes ha proiettato il primo e Venezia il terzo?”. Ebbene, il poliedrico regista inglese la spiega così: “gli episodi sono sedici, i film dovevano essere tre ma diventeranno almeno cinque. Il montaggio è molto complesso e noi andiamo avanti con criteri diversi da quelli consueti, questo non è cinema, è post-cinema. Anzi, in fondo il film è un mezzo per fare pubblicità ai siti web, che sono la cosa che mi sta più a cuore”. A quel punto estrae dalla tasca un bigliettino con l’indirizzo del sito, www.tulselupernetwork.com e lo mostra con aria trionfale. Ma Le valigie di Tulse Luper, coprodotto per l’Italia da Gam e Istituto Luce, interpretato tra gli altri da Valentina Cervi, Ornella Muti, Anna Galiena e Francesco Salvi, uscirà comunque anche nelle “obsolete” sale, a ottobre una prima tranche sarà visibile in Italia.
In questi giorni a Venezia Peter Greenaway non ha fatto che ripetere che “il cinema è morto”. Ma ora aggiunge una postilla: “Il cinema è morto, viva il cinema!”. Per lui, artista globale che spazia dalla pittura alla fisica quantistica, la Mostra è comunque un mezzo promozionale adeguato, anche se, “solo il 20% dei film di un festival arrivano al pubblico, mentre un 80% resta sugli scaffali delle videoteche o negli scantinati dei produttori o al massimo passa in tv a tarda notte”. Il cinema era un’arte popolare, ammette. “Come l’opera nell’Ottocento, quando la gente cantava Verdi per la strada, eppure oggi è un passatempo per borghesi annoiati”. Al cinema riconosce al massimo di essere un pallido surrogato della letteratura, e infatti l’ultimo grande film per lui è Harry Potter. Ammira Pasolini, che lavorava controcorrente, come Francis Bacon in pittura.
Al supporto magnetico riconosce una superiorità enorme: “Nessuna pellicola ha le qualità del DVD che è interattivo ed enciclopedico. Per ora contiene 3 ore e mezza di contenuti, ed è troppo poco, dovrà almeno raddoppiare. Ma ha una qualità visiva eccellente, niente graffi né sporcizia, si può trasmettere col satellite, è fruibile dappertutto”. Ovvio che non abbia paura di internet e del download. Tutt’altro. “Mi sento più pirata che piratato, adoro rubare qua e là. E in Russia, grazie alla pirateria, la mia reputazione è enormemente aumentata, ora valgo 12 milioni di euro grazie alle copie pirata di Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante che hanno fatto salire la mia popolarità”.

autore
31 Agosto 2003

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