GIFFONI – “Ero 17enne e non c’erano una serie di cose tecnologiche che determinavano il mondo come oggi. Sono cresciuto in un’epoca in cui non c’era Internet: dovevamo metterci la faccia, anche solo per conquistare una ragazza”, così Tommaso Ragno, ospite di #Giffoni53, entra nella sua adolescenza quando incontra i Giffoner +18.
Ragno si mette a disposizione della particolare platea, lui abituato a quelle del pubblico dei teatri, o quelle “virtuali” davanti al grande e piccolo schermo, per rispondere alle domande dei Giffoners che lo incalzano, trovando nell’interprete un uomo curioso del “proprio interlocutore”, che dimostra mettendo a loro disposizione la sua esperienza di lavoro e di vita.
“Ho iniziato in una città di provincia, al penultimo anno di liceo classico. Invitato da un amico in una compagnia amatoriale – ricorda – quel mondo mi era sembrato meraviglioso”. Ragno, all’ora, rimaneva colpito nell’intravedere “tra le persone sul palco la possibilità di stare nel mondo con un equilibrio molto particolare”, dice riferendosi all’opportunità di essere altro da sé attraverso il personaggio interpretato. “In una maniera molto simile a un giovane mago, mi sentivo di aver in mano una sorta di super potere, cioè che una parte di me potesse ogni giorno cambiare identità. Non avevo un avatar, ci mettevo faccia e corpo”.
Poi “fare l’attore è diventato il mio lavoro” perché, “quella dimensione mi faceva stare a mio agio. Se nella vita ero e sono rimasto goffo, sul palco potevo essere delle cose bellissime o bruttissime, che sentivo come un aumento esponenziale del mio stare al mondo”. Insomma, “conduco una vita parallela, come i supereroi dei fumetti: di giorno sono io e di notte posso essere qualcun altro: sono stato fortunato perché ho incontrato persone che mi hanno incoraggiato”.
Come si confà in una “chiacchierata” tra persone che cominciano a prendere un po’ di confidenza, e questa è stata l’atmosfera che Tommaso Ragno è riuscito a stabilire con i Giffoners, anche l’ammissione, o forse i consigli, sugli errori in cui si incorre : “Penso che gli errori siano dei portali di scoperta. Quello che è augurabile nel fare errori è che siano in una qualità diversa ogni volta. E in ogni caso non bisogna rimpiangere niente”.
E poi, “come gestire i momenti di stop tra un lavoro e l’altro?”: per Ragno la questione “cambia a seconda dell’età. Io non sono un attore che sta a casa ad aspettare la chiamata”, in questo è stato importante aver fatto tanto teatro all’inizio della carriera, perché “il teatro per me era un luogo dove avevo delle grosse sfide. E quando non lavoravo avevo il problema dell’horror vacui, mi annoiavo, mi chiedevo cosa fare. Però, per fare l’attore, sono richieste tante cose, non solo sul set”, riflessione che sott’intende che un interprete “è meglio si dia molto da fare, perché c’è una variante che non si può calcolare, la fortuna, ma se non arriva quel colpo di fortuna…: appartengo a quelle persone che crede nel lavoro, nello studiare. Ci sono dei saperi che io mi sono procurato e che stanno in soffitta ma che quando sarà necessario avrò…”.
Tommaso Ragno racconta dell’esperienza che si conquista con il tempo, con il misurarsi nel passaggio da un personaggio all’altro in poco tempo, con la paura – ancora presente – nel momento dei provini; non tralascia, nello specifico, la complessità della lettura quando deve essere fatta per altri, del potere della voce, che “ha qualcosa di misterioso, sempre. Ha un profondo potere erotico, nel senso mitologico, e penso al dio Eros”. Ed è qui che Tommaso Ragno fa anche cenno all’importanza della “presunzione”, nella sua accezione positiva, intesa quale consapevolezza delle capacità acquisite con lo studio e l’esperienza: “non ho mai pensato di essere interessante in quanto Tommaso, ma per le cose che so fare, che ho sviluppato attraverso il teatro, negli anni, vedendo altri più bravi di me”. Per lui, due sono i “geni” di riferimento: Luca Ronconi e Giorgio Strehler.
Infine, Ragno, non senza palese emozione, riceve il Giffoni Award: “Grazie”, dice subito, tenendo a precisare che “in questo ‘grazie’ c’è tutto quello che c’è voluto per costruire un posto così. Sono molto onorato di aver potuto passare del tempo con voi”.
di Nicole Bianchi
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