Pausini: “Ecco il mio Sliding Doors”

"Laura Pausini - Piacere di Conoscerti", docufilm biografico da un'idea della cantante, scritto con Rametta e Cotroneo, anche regista. Dal 7 aprile su Prime Video


“Ci avevo pensato una decina d’anni fa, ma non ero in grado di reggere un confronto con chi non capisce perché una persona famosa desideri non esserlo; poi mi sono un po’ buttata ed è stato molto commovente”, così Laura Pausini su Laura Pausini – Piacere di Conoscertidocufilm biografico, ideato e scritto dalla stessa cantante con Monica Rametta e Ivan Cotroneo, che cura inoltre la regia. 

L’artista emiliana, alla soglia del terzo decennio di carriera – spontanea e sincera, famigliare e consapevole, come s’è sempre mostrata pubblicamente, così s’è confermata alla presentazione stampa del film – confida di essersi spesso domandata nel tempo come sarebbe stata la sua vita se… quel Festival di Sanremo del ’93 non l’avesse indirizzata sulla strada che lei crede fosse un destino scritto, ma di certo non cercato, non nel nome del “successo”, del poter “essere famosa”, idea che non apparteneva all’adolescente di Solarolo, che dagli 8 ai 18 anni ha accompagnato il suo babbo nelle serate di piano bar, tra Bologna e la Romagna, passione che è certa avrebbe portato avanti, probabilmente come impegno complementare a una quotidianità fatta del mestiere dell’architetto o dell’artista di ceramiche, per cui ha studiato alle superiori.

La scelta del racconto filmico si bilancia tra materiale di repertorio – famigliare come delle grandi performance internazionali della Pausini -, la ripresa di una quotidianità presente, domestica e artistica, con la famiglia natale stabile – mamma Gianna, babbo Fabrizio, la sorella Silvia – e quella che s’è creata con Paolo Carta, musicista prima e fidanzato poi, papà di Paola, una dimensione “documentaria” che s’intreccia con la messa in scena finzionale, di cui la stessa Laura è interprete, protagonista di episodi di quotidianità “come sarebbero stati se” la fama non fosse mai entrata nella sua esistenza. 

Ecco, questa “Laura B”, come la chiama lei, il docufilm la ipotizza con la magia della scena, da un’idea dell’artista: “Dapprima pensavo fosse troppo autocelebrativo. Poi, verso febbraio 2020, una notte mi sono svegliata e ho cominciato a scrivere sul cellulare una storia che è in me da 29 anni: tante volte mi sono immaginata come sarebbe la mia vita se non fossi famosa. L’ho letta a Nicole (Morganti, Head of Italian Originals, Amazon Studios) che s’è emozionata e da lì siamo partiti. Mi hanno affiancato Ivan Cotroneo, che ha praticamente vissuto in casa con me per un anno. Mi sono resa conto stessimo facendo qualcosa che non fosse solo un mio capriccio personale: per due mesi (di riprese) sono stata quella che io ho immaginato per 29 anni, in ogni minimo dettaglio. È tutto così tanto vero da essere commovente per me, un’esperienza che non ho fatto solo per togliermi una soddisfazione, ma pensando di poter essere usata dalle persone come esempio per trovare se stessi. Tutti noi abbiamo avuto un momento in cui potevamo scegliere altro: vi siete mai immaginati di fare uno sliding doors? Io l’ho vissuto. Durante il lockdown, il tempo mi ha fatto capire di fare un riassunto su di me: non ho mai sognato di essere famosa, sono nata in un paese dove non c’era la frenesia della fama. Ero talmente ingenua che ho passato quel Festival del ’93 solo a chiedere autografi ai big!”, un’occasione a cui, la cantante candidata anche al premio Oscar lo scorso anno, per la Miglior Canzone Originale, Io sì-Seen, rinnova la gratitudine:  “Senza Sanremo non ci sarebbe stato nient’altro, ne sono sicura!”, infatti “ho seguito il montaggio del film e nonostante la scena di Sanremo la sappia a memoria mi commuovo tantissimo (si commuove, apertamente): non applaudite, ho 47 anni, così sembro Heidi”, sdrammatizza a voce un po’ strozzata. “Questo film non vuole rinnegare il mio destino, per cui ringrazio il cielo tutti i giorni, ma avevo lasciato in sospeso delle cose di quel tempo”. 

Un tempo in cui “dai 18 ai 23 anni sono stata tutti i giorni con il mio babbo, il permesso di provare la carriera era accordato da mia mamma, ma questa condizione, e grazie a ciò ho i piedi piantati a terra. Lui mi ha tenuto molto in riga, ora ne sono contenta ma allora non era facile… Oltre a essere il mio grande amore come babbo è stato fondamentale nella mia carriera”, che ha sostenuto anche in tutto il corredo, oltre quello strettamente musicale, infatti: “Da quando ho vinto Sanremo, davanti a casa dei miei c’erano fan che dormivano nelle tende e papà ha detto: ‘facciamo diventare casa il fan club’ e così è stato; ora è anche un museo, come se fossi già morta! (ride)”, ma questo ha permesso una disponibilità di materiale “fighissimo, come la scatola dell’inizio del film: l’ho ritrovata… e mi ha aperto finestre di ricordi  che hanno permesso lo sviluppo di altre storie e racconti; anche la cucina dei compiti è ancora quella di casa, come gli oggetti di scuola erano quelli di un tempo, tutti ancora in soffitta. Sì, tutti i dettagli, gli oggetti, sono veri” anche perché “mi affeziono molto alle cose, faccio un po’ fatica a cambiare cose e persone intorno a me”, confida e ribadisce.  

Ed è stata proprio l’incontro con una persona a cambiarle la vita, quello con la figlia Paola: “Quando l’ho incontrata (quando è nata, ndr) mi ha spiegato perché vivo. Nei miei primi 20 anni sono stata in Italia 100/200giorni, poi quando è nata, invece di diminuire concerti e viaggi, come immaginavo, ne ho potuti aggiungere: è lei il timone…”. Pausini ricorda un concerto a San Siro, annunciato come poco affollato, mentre nella realtà fu sold out, occasione a cui lei reagì uscendo sul palco facendo il dito medio: “mi vergogno e mi pento, ma da quando c’è lei… che mentre ascolto le canzoni, arriva e dice: ‘questa è bella, devi farla!’ oppure: ‘poi posso dire le parolacce!’, se un brano che le piace ne contiene”. E così, “non sono capace di finire un disco che ho iniziato da 2 anni, sono bloccata, sono molto suggestionata da quello che succede – la pandemia, la guerra – e anche da una bambina che mi osserva! Sto diventando pudica nei pensieri. Normalmente un mio album nasce dal titolo, e questa volta non c’è l’ho, sono arrabbiata con me stessa e non questo mi aiuta a sbloccarmi”, confida senza riserve. 

Un presente e un passato recente, quello artistico di Laura Pausini, comunque luminoso, almeno nella percezione pubblica, che lei però spiega un po’ più in profondità: “Per il Golden Globe (vinto nel 2021 sempre con Io sì – Seen) e l’Oscar mi sentivo in colpa perché non capivo come accadesse ‘ancora… a me’, mentre tutti stavano male (per la pandemia). ‘Non siamo stati educati alla sconfitta’ – recita una frase nel film – e credo sia un problema e un errore: ho visto negli occhi di mia figlia di averle dato un grande insegnamento, ho vinto il Golden Globe e ho perso l’Oscar, ma per lei ero uguale a prima! Io non sono andata all’Oscar per vincere e ho cercato di spiegarlo con le immagini, perché non faccio l’attrice e non voglio farla: e non voglio più essere nominata, mi crea un’ansia allucinante, so già cosa significhi! Basta! Invece, vorrei mi utilizzaste per spiegare quanto sia importante perdere e essere ugualmente orgogliosi. Quello che ho vissuto in questi anni volevo fosse un viaggio introspettivo: anche se ci viene insegnato a vincere nella vita, sentirsi realizzati non è sinonimo di fama. Forse non è così di moda che una persona famosa racconti come non esserlo. In questi due anni ho capito il valore di stare sola con me. Alla fine della vita, senza un pubblico che ti dà un voto, senza un premio, ti dai il voto in base a cosa hai capito dentro di te: io dentro di me, prima di Sanremo, avevo capito il mio carattere, curioso di conoscere le cose artistiche – la ceramica, il trucco -, mentre mi sembra che oggi tanti giovani pensino ci sia un unico obiettivo, o niente, ma non è così; tutti nasciamo che sappiamo fare tutto e i piani B sono quelli che ci faranno sentire realizzati. Tutto quello che ruota intorno alla nuova generazione è molto legato al Like, alla posa, e mi preoccupa, vorrei spiegare che si deve partire da un altro inizio, per fare poi forse una carriera, e una carriera è anche fare piano bar se riesci a mantenerti da sola, che è una possibilità e non significa accontentarsi: so che tante persone sono costrette a accontentarsi ma questo a volte è perché da giovani non si sono misurate con altro e vorrei che Paola e le persone che mi seguono sapessero che c’è la vita vera. Io ero fuori di me quando ho cantato a San Siro, ma ero fuori di me anche quando cantavo al piano bar!”.  

“Amazon voleva raccontare la donna e l’artista italiana più famosa nel mondo: poco prima della pandemia siamo stati da lei a Roma, e lei ha avuto un’idea, quella di un film pieno di immaginazione, che dà accesso unico a un’artista”, dice Nicole Morganti di Amazon Studios del docufilm prodotto da Endemol Shine Italy e in esclusiva su Prime Video dal 7 aprile, in 240 Paesi e territori in tutto il mondo.  

E Laura Pausini, a chiosa del suo generosissimo flusso di parole e racconto – circa un’ora e mezza di conferenza -, ringraziando ha confermato il suo spirito spiccatamente istintivo e dall’apprezzabile anti-divismo facendo una richiesta pubblica, ma intima, alla produzione: “Avrei un piacere da chiedere: il 16 maggio compio 48 anni, vorrei gioire con un regalo. Mi potete dare le scene non montate nel film? Ci terrei molto… come alla chiacchiera con i miei genitori, durata 2 ore e mezza… e montata in un minuto, vorrei sentire cosa ci siamo detti”, senza diffondere niente, promette. 

 

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05 Aprile 2022

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