Patrice Leconte: “Com’è ridicolo l’egoismo”

Il regista francese con 'Tutti pazzi in casa mia' racconta il pomeriggio da incubo di un borghese appassionato di jazz che cerca solo... un'ora di tranquillità


Un prezioso e raro vinile di jazz trovato al mercatino delle pulci – Me Myself and I di Niel Jouart – e la voglia irrefrenabile di metterlo sul piatto per goderselo. Ma il povero Michel (Christian Clavier) non riuscirà a trovare in quel sabato pomeriggio un’ora di tranquillità per esaudire il suo desiderio. Una moglie (Carole Bouquet) ansiosa di dirgli tutta la verità sul loro passato, un’amante (Valérie Bonneton) decisa a chiarire le cose una volta per tutte, un figlio perditempo (Sébastien Castro) che ospita in casa, al piano di sopra, un’intera famiglia di filippini, una domestica raffreddata e impicciona (Rossy De Palma). E poi un vicino invadente, un amico spiantato, due operai incompetenti. Ovvio che Michel non riuscirà ad ascoltare il suo disco, ma con quali conseguenze?

Il nuovo film di Patrice Leconte (Ridicule, Il marito della parrucchiera, L’uomo del treno, il recente Una promessa) è una commedia dai tempi giusti che in Francia ha dominato i botteghini. Tratta dalla pièce di Florian Zeller (anche sceneggiatore del film) Une heure de tranquillité, è in uscita con Filmauro il 29 ottobre: da noi si intitolerà Tutti pazzi in casa mia.

Lei è stato definito “un pessimista sorridente”: si riconosce nell’etichetta?
Sarebbe meglio essere un ottimista triste? Sono uno che si interessa alla società e questo mi rende pessimista. Ma è importante uscirne sorridendo, restare positivi.

È vero che suo padre era un cinefilo e che l’ha avvicinata al cinema  da bambino?
Sono un provinciale e lo rivendico. Mio padre, che faceva tutt’altro mestiere, amava il cinema e mi ci portava spesso. Vedevamo film di ogni tipo. Poi fu lui a prestarmi la sua piccola cinepresa con cui faceva filmini di famiglia e con quella realizzai i miei primi cortometraggi: erano commedie, ma sono andati tutti perduti e ne sono contento. Rivederli sarebbe come sfogliare un album di foto del periodo dell’adolescenza, quello che vorresti sempre cancellare.

Che rapporto ha col cinema italiano?
Non lo dico perché siamo in Italia, ma ha contato molto per me. Penso a Fellini, Visconti, Antonioni, ma anche Olmi, Zurlini e Scola. Sono cineasti che esprimono eleganza, immaginazione, gusto della messinscena. Per non trascurare i contemporanei citerò anche La grande bellezza che è un capolavoro assoluto.

Lei ha girato tantissimi film e di ogni genere, è considerato decisamente un eclettico.
All’inizio ho fatto commedie, ma sentivo che avevo altre cose da dire quindi sono passato ad altri registri. I miei film nascono nelle forme più diverse: da un sogno, da un’idea suggerita da un amico, da un libro, dallo scambio con uno sceneggiatore. Dicono che i grandi cineasti scavino sempre nello stesso solco, forse allora io non sono un grande cineasta, ma me ne infischio. Mi sono sempre concesso una libertà totale.

Com’è andata con Tutti pazzi in casa mia?
C’era questa pièce teatrale, Une heure de tranquillité, che ha avuto un enorme successo a Parigi e il mio produttore mi ha chiesto di vederla. Mi è sembrata l’occasione perfetta per parlare delle nostre vite turbinose e per tornare alla commedia pura. Inoltre avevo voglia di lavorare con Christian Clavier.

Però il protagonista a teatro era Fabrice Luchini. Come mai ha cambiato attore?
Luchini alla fine non ha voluto. Prima ha detto sì, poi no… non glielo dite ma sono stato contento del suo no e credo che il film con Clavier ci abbia guadagnato. Il personaggio di Michel è un grande egoista che Christian ha reso simpatico, mentre Luchini non creava tutta questa empatia con il pubblico. Poi a teatro il testo non aveva questo ritmo così sostenuto e anche la scelta di girarlo come un reportage, con la camera a mano, l’ha reso meno “borghese”. Gli attori sono stati tutti all’altezza.

È comunque una satira del mondo borghese con le sue ipocrisie e la sua chiusura rispetto all’esterno.
La storia funziona proprio perché siamo in un ambiente borghese. In genere le persone più hanno soldi e meno si interessano agli altri, spesso il denaro spinge all’egoismo. In un ambiente popolare non avrebbe funzionato.

La commedia è spesso legata al carattere nazionale. Gli italiani ridono di cose diverse rispetto ai francesi o agli spagnoli. Lei però riesce a rendere la risata universale. Come fa?
È vero, le commedie popolari in Italia spesso non arrivano in Francia e non vengono recepite all’estero, mentre alcune commedie francesi riescono ad imporsi anche fuori dai confini. Forse per gli argomenti appunto universali. Qui tutti possiamo identificarci in Michel, l’uomo che non riesce a trovare un’ora di tranquillità. Un tempo le grandi commedie italiane di Risi o Germi si vedevano in Francia, oggi non è più così.

È vero che lei preferisce fare a meno dell’operatore e girare personalmente.
Sì, mi aiuta a trovare complicità e vicinanza con gli attori. Li rassicura sapere che chi sta girando è la stessa persona che monterà il film. Gli attori non sono marionette.

Ha modificato il finale rispetto al testo teatrale.
Già, ho pensato che l’incontro tra Michel e il vecchio padre mettesse in risalto la sua mostruosità, il suo egoismo: è come se si guardasse allo specchio. Grazie al finale il personaggio riesce ad essere simpatico e poi questa apparizione di Jean-Pierre Marielle è una vera sorpresa per il pubblico.

Come ha lavorato sui personaggi femminili?
Li ho resi meno caricaturali rispetto alla pièce, ho cercato di correggere il tiro. Sono donne forti: la moglie ha la faccia tosta di piantarlo in asso, l’amante lo tratta malissimo e lo prende persino a schiaffi. Perde tutto, la moglie, l’amante e casa sua. Ma gli sta bene.

Una curiosità: Me Myself an I esiste veramente?
Il brano esiste, l’ha usato anche Woody Allen, mentre il disco ce lo siamo inventato e anche il jazzista francese. In passato odiavo il jazz poi ho cominciato ad ascoltare una radio che lo trasmette tutto il giorno e ho capito che è un universo fantastico e straordinariamente ricco di stili e tendenze.

Prossimo progetto.
Girerò in primavera un film ispirato a una storia vera, quella di una donna che organizzava lotterie di beneficenza: è stata incastrata dal fisco francese e condannata a pagare 300mila euro di multa. Si è lasciata morire il giorno di Natale. 

autore
26 Ottobre 2015

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