“Ciò che colpisce di Asuddelsole è che non sembra affatto un film a basso costo”. Con queste parole Piers Handling, direttore del prestigioso Toronto Film Festival ha elogiato la pellicola di Pasquale Marrazzo, la storia del profondo legame affettivo tra due fratelli gemelli, Gianni e Moreno. Quest’ultimo è rinchiuso in un istituto per handicappati e per riaverlo con sé, Gianni compie un gesto estremo. Dopo il successo riscosso al festival canadese, Marrazzo è ora invitato al Festival di San Sebastian dove è l’unico italiano in concorso nella sezione “Nuovi registi”. Per realizzare Asuddelsole (leggi la scheda di tamtam) circa 50 persone, tra cui gli attori Cristina Donadio, Giovanni Brignola e Elisabetta D’arco, hanno lavorato senza alcun compenso. Ma verranno pagati con il prossimo progetto del regista, finanziato con l’articolo 8.
Asuddelsole è ambientato in una città del nord Italia che però non si riconosce fino alla fine. Perchè questa scelta di anonimato?
Il film racconta dinamiche affettive universali che ho cercato di liberare da vincoli spaziotemporali troppo rigidi. Poi volevo superare il provincialismo tipico del contrasto tra cinema italiano e cinema straniero che trovo soffocante. Amo i film puliti che nascondono una forte passione. Come Le onde del destino e Festen, ad esempio, perchè affrontano situazioni che riguardano tutti, in cui la parola diventa carne e la carne si fa parola, in cui tutto si combina in un grande gioco armonioso.
Nel tuo film la relazione tra i due fratelli è centrale. C’è qualche riferimento autobiografico?
Il cinema è uno strumento attraverso cui ci si racconta, dunque contiene sempre qualche elemento autobiografico. Vengo da una famiglia proletaria molto numerosa. Siamo 11 fratelli e sono cresciuto con una folla attorno. Tra noi c’è un rapporto viscerale, quasi simbiotico che, in qualche modo, ho rivisitato con questo film.
Hai già trovato una distribuzione?
Ancora non l’ho fatto vedere in giro anche perchè sono stato impegnato con il Festival di Toronto. Dopo San Sebastian mi darò da fare. Comunque il clima è positivo. Non dico di più per scaramanzia.
Stai lavorando ad uno nuovo film. Di che si tratta?
Sarà un thriller poliziesco girato a Berlino. Il titolo è Anime veloci. Per scrivere la sceneggiatura mi sono ispirato a fatti realmente accaduti in Germania. Mentre studiavo filosofia sono stato affascinato dall’io sociale tedesco, da quella forma di rispetto per l’altro che li contraddistingue. Contemporaneamente mi sono imbattuto nel caso dei dossier segreti della Stasi che sono diventati pubblici dopo la caduta del muro di Berlino. In quelle carte erano contenute le motivazioni dell’arresto dei detenuti politici. Molti venivano imprigionati senza sapere il perchè. In Anime veloci questi due elementi s’intrecciano. Protagonisti del film sono un travestito italiano e un’ex detenuta politica tedesca che fa la direttrice d’orchestra. I loro destini si incontrano e lei, proprio attraverso i dossier della Stasi, inizia ad indagare il proprio passato, cerca le spie che l’hanno fatta finire in galera. I primi cinque minuti saranno ambientati alla fine degli anni Ottanta per poi fare il salto ai nostri giorni.
Hai dato vita ad una casa di produzione, la N.O.I. con cui ha realizzato i tuoi film. Ora pensate di allargarvi?
Sì. Vorrei avere la possibilità economica di produrre nuovi filmaker. Mi interessa soprattutto sostenere la cinematografia delle donne perchè la sensibilità femminile mi attrae più di quella maschile. Del resto le donne che vogliono fare le registe incontrano ancora oggi molte più difficoltà degli uomini.
L’11 settembre, giorno dell’attacco terroristico che ha distrutto le Twin Towers eri a Toronto. Come hai reagito?
Quella di Toronto è stata un’esperienza molto bella ma deturpata da quell’evento. Credo che uno scossone del genere costringa tutti a fermarsi. Potrebbe dare al cinema la possibilità di riflettere su di sè. Forse anche di superare le banalità di cui è pieno, quelle buone maniere che mistificano la realtà.
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