Ha fatto una lunga strada Là-bas Educazione criminale dalla veneziana Settimana della Critica alle sale dove arriverà il 9 marzo con Istituto Luce Cinecittà in circa 15 copie, “il numero giusto per non mandare allo sbaraglio un piccolo film e condannarlo a vita breve come purtroppo spesso accade”, come spiega Roberto Cicutto.
Considerato da molti come il film rivelazione dell’ultima Mostra di Venezia, dove ha vinto sia il Leone del Futuro che il Premio del pubblico Kino alla Sic, Là-bas ha ottenuto anche il Flash Forward Award come miglior film al Busan International Festival in Corea e l’apprezzamento dei buyer stranieri allo European Film Market di Berlino, viatico per un’uscita in Australia a cui si spera ne seguiranno altre. Film anomalo, rigoroso ma avvincente, esempio di noir figlio del melting pot italiano, è girato a Castel Volturno e dintorni, nel cuore di quell’Africa napoletana di cui anche Roberto Saviano ha spesso parlato, ed è infatti dedicato proprio alle vittime della strage di San Gennaro, che il 18 settembre del 2008 strappò la vita a cinque giovani neri, tutti incensurati, che si trovavano in un negozio di sartoria. Vennero mitragliati dai camorristi per servire da monito ai loro connazionali coinvolti nel narcotraffico. Un sesto uomo, Joseph Ayimbora, sopravvissuto e pronto a testimoniare contro gli aggressori, è morto proprio in questi giorni per un aneurisma, forse conseguenza delle gravi ferite riportate in quella sparatoria. Il film di Guido Lombardi denuncia, tra le altre cose, “proprio la matrice razzista di quella strage, perché Setola e il suo clan, per inviare un messaggio agli spacciatori a cui aveva chiesto il pizzo, colpì alcuni immigrati come fossero una massa informe, senza identità e individualità”.
Proprio all’opposto è la ricerca che il trentaseienne regista napoletano, laureato in sociologia e due volte premiato al Solinas, ha condotto per scrivere la sua opera prima. Un lungo lavoro sul campo partito dalla conoscenza con Kader Alassane e Moussa Mone, due dei protagonisti. Il primo è Youssuf, un giovane che arriva nel nostro paese carico di speranze, con la voglia di diventare uno scultore, per scoprire che l’unica alternativa allo sfruttamento più bieco, è la criminalità a cui lo introduce lo zio Moses. “Spero che questo film sia visto in Africa, perché servirebbe a capire che qui non è come si spera laggiù, l’Italia è un paese democratico dove però non tutti hanno gli stessi diritti”, sintetizza Alassane. “Spero soprattutto che sia visto in Italia, perché questa è una storia molto italiana e mostra una realtà, quella degli immigrati, che io stessa da figlia di madre italiana e padre del Benin, nata e cresciuta a Brescia, non conoscevo”, ribatte Esther Elisha, unica attrice professionista, con studi alla Paolo Grassi di Milano, a cui Lombardi ha affidato il ruolo della prostituta egiziana Suad e che presto vedremo nel nuovo film di Alex Infascelli. Interviene anche Pape Diaw, portavoce della comunità senegalese di Firenze: “Il cinema può dare un grande contributo alla conoscenza delle storie di cinque milioni di persone che vengono dall’Africa ma oggi vivono in Italia. Se pensiamo che la prima strage di immigrati neri fu a Villa Literno nel 1987 e l’ultimo pestaggio è avvenuto tre giorni fa a Firenze ai danni di alcuni somali, per non dire della strage di senegalesi a dicembre, capiamo quanto questo film sia importante e utile”.
Ma nonostante i forti intrecci di cronaca, Là-bas è cinema allo stato puro, con echi di tante gangster story classiche. E scopriamo così che Lombardi è stato operatore di Abel Ferrara per il documentario Napoli, Napoli, Napoli. “Da lui ho imparato la semplicità, Abel accende la macchina da presa e lascia che le cose accadano… Il mio film l’hanno inventato gli attori sul set”, racconta. Scritto ben prima della strage di Castel Volturno, già a partire dal 2005, il progetto ha avuto una lunga gestazione, come racconta il produttore Dario Formisano (Eskimo). “Presentato due volte al MiBAC, dove è stato giudicato sufficiente ma non finanziabile, ha richiesto un impegno speciale anche perché è recitato in inglese, francese e casertano, con un intreccio di lingue che ritengo assolutamente non doppiabile. Arriverà dunque in sala con i sottotitoli, come Gomorra o Il vento fa il suo giro, e semmai avrà una versione doppiata per la televisione”. Tuttavia la lingua, come spiega ancora Pape Diaw, è uno dei punti di forza del film: “la creolizzazione linguistica è uno dei segnali più forti del cambiamento che la nostra società ha vissuto e sta vivendo, a volte senza che i cittadini se ne rendano pienamente conto”.
Ostacolata in ogni modo dall’ex sindaco di Castel Volturno, Antonio Scalzone, la pellicola ha trovato invece il sostegno del nuovo sindaco di Napoli Luigi De Magistris e l’impegno di Rai Cinema e della Regione Campania, ma essenzialmente nasce dalla coesione di un singolare terzetto di produttori formato, oltre che da Formisano, da Gianluca Curti (Minerva Pictures) e Gaetano Di Vaio (Figli del Bronx), che finanzieranno, in collaborazione con i francesi, anche l’opera seconda di Lombardi, Take Five, storia di cinque rapinatori chiusi in una stanza a litigare dopo che qualcosa è andato storto per colpa di qualcuno, un po’ in stile Le iene, che avrà nel cast oltre a Peppe Lanzetta, l’ex detenuto attore rivelato da Cesare deve morire Sasà Striano, con Salvatore Ruocco e Carmine Paternoster, oltre allo stesso Di Vaio, che anche in Là-bas si è ritagliato il piccolo ruolo di uno sfruttatore di manodopera clandestina a basso prezzo. “Se il cinema torna a confrontarsi con la realtà e la racconta, può unire qualità e incassi. L’essenziale è avere vitalità e una vera urgenza, non come certe commedie senz’anima”, dice Di Vaio, che in passato ha conosciuto il carcere come racconta in un suo documentario. Tra i suoi prossimi progetti il nuovo film di Abel Ferrara, un noir diretto da Toni D’Angelo e intitolato I falchi, storia di due poliziotti corrotti, e il libro “Mala Vita”, in gran parte autobiografico, che ha scritto insieme a Lombardi e che sarà pubblicato da Einaudi.
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