“E vissero per sempre felici e contenti”. Le fiabe tipiche si concludono così. Ma tutto ciò che riguarda Shrek, l’orco verde creato da Dreamworks nell’ormai lontano 2001, è sempre distante anni luce dalla “fiaba tipica”. Il quarto capitolo delle sue avventure inizia come le altre fiabe finiscono, a partire dal titolo, che è appunto Shrek-E vissero felici e contenti, versione parafrasata del più efficace ma intraducibile Shrek Forever After. Il film, rigorosamente in 3D, sarà nelle sale italiane con Universal a partire dal 25 agosto.
Dopo le vicende degli episodi precedenti, che hanno coronato il suo sogno d’amore e le sue fantasie d’eroismo, l’orco è cresciuto. Ha famiglia e pargoli e ora si dedica per lo più a cambiare pannolini e a raccontare storie della buonanotte, frequentando sempre gli stessi amici – il simpatico Ciuchino doppiato in originale da Eddie Murphy e il fascinoso Gatto con gli Stivali, incarnazione animata di Antonio Banderas – e comportandosi da compagno quasi perfetto per la moglie Fiona (ancora una volta vocalmente interpretata da Cameron Diaz). “Quasi”, perché Shrek – che ha sempre l’ugola del poliedrico Mike Myers – in realtà non è felice. Le giornate scorrono tutte uguali e lui rimpiange i giorni di gioventù passati a terrorizzare gli abitanti del Regno di Molto Molto Lontano.
Il folletto tentatore Tremotino – ovvero il Rumplestiltskin dei Fratelli Grimm – interviene allora per proporre a Shrek uno scambio magico: riavrà un “giorno da Orco” se rinuncerà in cambio a un giorno della sua vita. Il nostro si trova così catapultato in una realtà alternativa dove scopre di non essere mai esistito. Solo riuscendo a riconquistare un bacio di vero amore dall’amata Fiona Shrek potrà rimettere le cose a posto. C’è solo un piccolo problema: in questa realtà, l’adorata orchessa non ha idea di chi lui sia. Shrek dovrà ricominciare tutto da capo, guadagnandosi di nuovo la fiducia dei suoi amici e sovvertendo il regno di terrore instaurato da Tremotino, che in questa realtà si è autoproclamato Imperatore.
Con un’abile mossa che salva il franchise dalla noia, il team creativo – alla cui guida c’è il regista Mike Mitchell – evita il classico sequel per giocarsi piuttosto la carta del “what if?”, ovvero il canovaccio del “cosa sarebbe successo se…”
I personaggi sono i soliti, quel che cambia è il loro ruolo: Ciuchino è di nuovo single e spensierato – perché in questa realtà non hai mai incontrato sua moglie la Draghessa – il Gatto con gli Stivali è un micione pigro e grasso, Fiona una fiera guerriera e non la delicata principessa canterina a cui siamo abituati.
Una bella rinfrescata, insomma, che spinge la storia verso terreni inesplorati e riporta Shrek alle origini per quello che, a detta dei produttori – ma noi non ci crediamo – dovrebbe essere l’ultimo episodio della serie. L’escamotage permette poi una serie di gag e battute che, citando a gogò altri contesti dell’immaginario (per esempio i fumetti di super eroi) possono far presa senza problemi su un pubblico di tutte le età.
Più di un papà in crisi, ad esempio, si riconoscerà nell’immagine di Shrek che si guarda allo specchio, fissa il poster “Wanted-ricercato” con la sua faccia e si chiede “cosa sono diventato?”
Proprio da questa idea è partito l’intero processo di sviluppo: “Abbiamo pensato che fosse interessante il fatto che lui non è più l’orco che era nei primi film – spiega Mithcell – E’ cambiato, non fa più paura ed è amato da tutti gli abitanti. Tutti abbiamo desiderato almeno una volta di poter ritornare al nostro passato, riportare indietro le lancette dell’orologio e rivivere ciò che è accaduto”.
Ma niente paura, alla fine i buoni sentimenti trionfano. Quelli sì, come in una favola.
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