“Il clero di questo Paese è sempre stato raccontato nella sua infallibilità o per la sua crudeltà, questo soprattutto dagli americani: invece pensiamo di essere riusciti a fare un discorso umano, per nulla provocatorio, non seguendo luoghi comuni”, precisa subito Paolo Sorrentino. C’è contraddizione, c’è un’ironia che quasi accarezza il sarcasmo, c’è già colpo di scena e c’è anche qualche anticipazione, dal backstage di Fabio Mollo mostrato durante il dibattito, che indubbiamente contribuisce a sfamare la curiosità: si guarda il giovane Papa che spinge una carrozzina da neonato nei giardini Vaticani, o ancora a torso nudo, pronto a tuffarsi in piscina per una scena di apnea, come anche un Silvio Orlando, in completo clericale, fradicio di acqua sotto una cascata, con urlo liberatorio compreso e conseguente fuori campo del regista, Paolo Sorrentino, che si piega dalle risate, e che, con lo stesso tono, commenta anche la conclusione della clip: “E’ un filmato da cui si evince che Jude Law è il regista e io dico: yes”.
”Non è una serie provocatoria – precisa Sorrentino – perché so come va a finire, bisogna avere la pazienza di vedere tutte e 10 le puntate: non è facile recintare in poche parole un film così lungo su un mondo così complesso, ma se dovessi fare una sintesi direi che fotografa una o più solitudini che abitano un territorio compresso e limitato che di per sé è già il manifesto dell’isolamento e della solitudine. Il Vaticano è uno Stato atipico, una città diversa da tutte le altre, un posto in cui vuoi per i dogmi religiosi, vuoi per le leggi che ne regolano la quotidianità, la solitudine è un dato percepibile, qualcosa che puoi quasi toccare con mano”.
Nelle prime due puntate della serie, già proiettate alla mostra di Venezia (leggi l’articolo di Cinecittà News), si vedono le prime ore di Pontificato di Lenny Belardo alias Pio XIII. ”Questo ruolo mi ha dato l’opportunità di interpretare un personaggio pieno di contraddizioni – dice Jude Law – e se in un primo tempo l’idea di portare sul grande schermo un Papa mi ha messo un po’ di panico, Paolo mi ha fatto capire che andava pensato semplicemente come un uomo cui è capitato di essere Papa. Così ho finito per interpretarlo”. Come definirebbe il suo Papa? “Il mio compito – risponde ancora l’attore – è stato quello di scavare nel suo profondo. Lenny non è un bugiardo, è uno che dice sempre la verità, ha una memoria prodigiosa, quindi dovevo comprendere i suoi cambiamenti di opinione. Quello di Lenny è un percorso di grande cambiamento, anche interiore”.
The Young Pope è “una situazione produttiva senza precedenti, che nasce in Italia”, così la presenta Gianni Canova, moderatore dell’incontro con la stampa. La serie in dieci puntate andrà in onda dal 21 ottobre su Sky Atlantic HD. E’ una produzione originale Sky, Hbo e Canal+, prodotta da Wildside e coprodotta da Haut Et Court Tv e Mediapro. Per Lorenzo Mieli, produttore WildeSide: “Il modello produttivo è un modello di lavoro che è iniziato con lo sviluppo dell’idea condivisa tra noi e Paolo. Capimmo subito l’ambizione e la scala del progetto, provando così a costruire una struttura di budget e partner importanti. Il 20% del budget è italiano, ma anima e produzione sono tutti nostri”. Aggiunge Andrea Scrosati di Sky: “È la dimostrazione di una tendenza, all’estero credono nel talento italiano, il fatto che sia stata realizzata nel nostro Paese ha una ricaduta produttiva ma anche di contenuto”.
La serie è stata venduta in 110 Paesi ed è costata 40 milioni di euro, dice ancora Mieli, a cui segue di nuovo Scrosati: “Ogni anno negli USA producono 450 serie: quando produciamo direttamente ci vogliamo smarcare e questa serie è l’esempio perfetto, in termini di visione, linguaggio, e struttura produttiva. Che sarebbe stato qualcosa di unico era chiaro sin dalla prima proposta fatta da Paolo e Lorenzo”.
Dalle dichiarazione più formali e ufficiali dei produttori, si passa al tono artistico e, a tratti scanzonato, del regista, Paolo Sorrentino: “Anzitutto, in Vaticano non mi ci hanno fatto stare più di mezz’ora ma l’odore delle case dei vecchi (il riferimento è ovviamente al Jep Gambardella de La grande bellezza, ndr) c’è sicuramente!”, così inizia a raccontare, stuzzicato da Canova che cerca di provare a fargli trovare un contatto con il suo film premiato con l’Oscar. “Però – continua con palese sincerità – prima di tutto, devo ringraziare la mia troupe abituale, la dedizione e il servizio non scontati: insieme a loro ringrazio Sky e Lorenzo Mieli, che ha seguito il progetto per oltre tre anni. Oltre al cast, un grande gruppo di attori per sette mesi di lavorazione. Ringrazio anche tutti gli interpreti dei ruoli minori, decisivi”.
È un esordio per Sorrentino quello nella serialità televisiva e in propositivo ha raccontato che: “E’ un’opportunità: per fare un cinema d’autore poderoso, lungo, c’è l’occasione di spostarsi ora sulla tv, grazie all’intelligenza e alla disponibilità dei committenti, che garantiscono libertà creativa e disponibilità economiche”.
Il cast artistico, dal protagonista Jude Law a tutti i comprimari, era presente, eccetto Diane Keaton (Suor Mary), alla conferenza stampa. Tra gli interpreti, più di un italiano (tra gli altri, Gianluca Guidi, Ignazio Oliva, Toni Bertorelli). E naturalmente il cardinal Voiello, segretario di Stato, interpretato da un eccellente Silvio Orlando: “Alla fine del film mi sono sentito un po’ come la Cristoforetti, anche perché tutti mi facevano sentire così: capisco che non si aspettassero niente dal mio inglese! Paolo ha sparigliato tutte le carte e ha cercato la bellezza, senza paura di estetismi. Qui in sala, come nella serie, ho un assistente meraviglioso, Gianluca Guidi, a cui devo il 50% del mio personaggio. Sono un po’ frastornato, ma spero di essere parte del nuovo parco della ricerca audiovisiva, che ha funzionato perché c’era la giusta dialettica tra autore e produzione”.
Tra gli interpreti stranieri, un ruolo particolare è quello di Cécile de France, responsabile marketing del Vaticano, che si racconta facendo anche un espresso riferimento alla realtà più recente: “Durante la lavorazione ho sentito dello scandalo che riguardava Francesca Chaouqui, una figura che era molto vicina al mio personaggio. Io, come Silvio Orlando, ho dovuto impegnarmi molto con l’inglese. Sono orgogliosa di aver partecipato a questo progetto, un progetto straordinario grazie all’incoraggiamento di Paolo, perché all’inizio ero intimorita. Grazie alla grande generosità di Jude sono entrata nel ruolo, non ero certa di essere all’altezza ma, seguendo la genialità che regnava, andare a lavorare quotidianamente era una felicità. Io, per altro, ritengo Paolo il più grande regista al mondo: lui ama molto gli attori, anche non protagonisti, che riesce a stimolare al massimo per consentirgli di contribuire alla definizione della linea narrativa”.
Infine, il sempre simpaticissimo attore ispanico Javier Cámara (Mons. Gutierrez), nel ruolo sobrio e delicato del maestro di cerimonie, qui pervaso da grande entusiasmo e gratitudine: “È una sensazione incredibile essere qui nel centro mondiale della spiritualità, per uno spagnolo e cattolico come me è un sogno. Paolo lavora con la teatralità, l’emozione: non è solo estetico, è molto pieno di emozione e per me è stato complicato ma è stato un sogno lavorare guardando un attore incredibile come Jude negli occhi”. Smorza il tono onirico Sorrentino, svelando che: “La consapevolezza di Cámara è arrivata dopo, perché il provino che mi ha mandato era una canzone di Raffaella Carrà su cui lui ballava!”.
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