PAOLA IGLIORI

Cineasta, pittore, occultista, antropologo, etnomusicologo, cultore di droghe, collezionista di oggetti insoliti (tra cui uova di Pasqua ucraine, figure di corda, aeroplanini di carta), Harry Smith è stato definito dal suo amico Allen Ginsberg: “il Leonardo da Vinci del XX secolo”.
Collaboratore di geniali musicisti come Thelonius Monk, Dizzy Gillespie e Charlie Parker, nel 1952 realizzò l’Anthology of American Folk Music, una raccolta di 6 dischi con cui influenzò le generazioni musicali a venire, tanto che Bob Dylan ha detto: “Senza Harry Smith non sarei mai esistito!”.
A questa figura seminale della controcultura americana, di recente omaggiata al Getty Museum di Los Angeles, ancora poco conosciuta in Italia (ma tra i suoi estimatori ci sono enrico ghezzi e il produttore Marco Mϋller), la filmaker Paola Igliori, italiana adottata da New York, ha dedicato il documentario American Magus che, dopo i passaggi ai festival di Rotterdam, Buenos Aires e Vancouver, approda oggi, in anteprima italiana, a Sulmonacinema 2002, in concorso per l’Ovidio d’argento.
“Per me Harry era un mito. Nel 1991 gestivo una casa editrice al 9° piano del Chelsea Hotel di N.Y. Seppi che lui aveva una stanza al 2° piano. Non era facile incontrarlo perché stava male, ma ci riuscii con un escamotage: gli feci sapere che avevo delle carte di vecchi blues men anni Venti. Accettò di vedermi. Da allora avemmo pochi incontri ma intensissimi. Fino all’ultimo quando lo sentii cantare mentre moriva” ricorda la regista.
Cinque anni dopo ha firmato il libro American Magus. Harry Smith a Modern Alchimist (edito dalla sua casa editrice inanoutpress), di cui Arcana si appresta a pubblicare la versione italiana.
Poi, a 10 anni dalla morte di Harry, è venuto il lungometraggio a cui ha lavorato “9 mesi, giorno e notte” intrecciando interviste (tra cui quelle a Jonas Mekas, protagonista del “new american cinema”, a Allen Ginsberg e Gregory Corso, a musicisti come Patti Smith, Dj Spooky e Grateful Dead), con immagini di Harry Smith, dei suoi dipinti e dei suoi film.
“Un film destinato al circuito non mainstream” afferma Igliori. Del resto, dice, anche “Harry stava fuori dalle istituzioni: quando un museo di New York gli ha concesso un grant ha preso l’assegno e l’ha mangiato. Era un solitario, generoso e disponibile nella sua follia. In lui l’irrefrenabile creatività conviveva con una forte tendenza distruttiva”.
E quando chiediamo alla regista se la sperimentazione sul cinema di Smith è affine a quella di William Burroghs sulla letteratura, risponde: “Non ci avevo mai pensato. Ma forse è così. Le innovazioni di Harry nel cinema sono straordinarie: dai primi film, in cui dipingeva direttamente sulla pellicola, alle light projections e le animazioni, fino alle tecniche di collage e cut up. Il suo capolavoro è Heaven and Earth Magic, una storia dell’esoterismo ricca di humor. Come dice dj Spooky, Harry è il padre della multimedialità per la sua attitudine a sperimentare diversi linguaggi espressivi”.