Dal varietà del sabato sera al cinema d’autore. Ventinove anni il 24 novembre (classico Sagittario), Paola Cortellesi ha la grinta della porta accanto. Capace di far ridere senza smettere di essere carina senza nascondere una simpatica goffaggine. L’ha dimostrato in Se fossi in te di Giulio Manfredonia e subito le è arrivata una bella candidatura al Nastro d’argento. Adesso la vedremo in versione “drammatica” diretta da Carlo Mazzacurati. Quindi nei film di Maria Sole Tognazzi e Riccardo Milani.
Allora, Paola, perché hai deciso di fare il salto nella tv dei grandi numeri?
Colpa, o merito, di Gianni Morandi. Per me è un monumento nazionale. Quando mi ha chiamato avevo delle perplessità, mi ha convinto spiegandomi che mi voleva per drammatizzare un programma canonico. Mentre Lorella Cuccarini era una garanzia, perché la lotteria, diciamolo, è un bell’elefante da manovrare.
Ma il cuore resta sempre con la Gialappa: è con loro che hai cominciato.
I tre deficienti di Milano li amo follemente. Nel lavoro cerco sempre di ricreare delle famiglie, perché in tournée o sul set passi tanto tempo con le stesse persone. E’ successo anche con Bentivoglio e Mazzacurati.
Qui siamo A cavallo della tigre…
Già. E io sono Antonella, una ragazza con una figlia, che tenta di lavorare nella tv di serie B, dove fa una specie di “Linea verde” dei poveri. Incontro Bentivoglio, uno spiantato come me, e ci viene in mente di fare una rapina. Ma non siamo Eva Kant e Diabolik. Così ci beccano: lui va dentro e mi copre, io mi trovo un altro perché non ce la faccio a stare da sola, sono un po’ fragile. Ma poi lui evade dal carcere…
E’ quasi un giallo.
Prosegue il lavoro tra dramma e ironia della Lingua del santo. E’ un film avvincente ma con i tempi dilatati di Mazzacurati.
Tornando alla trama, mi pare che hai una passione per gli sfigati…
Guarda, il mio film preferito in assoluto è Risate di gioia di Monicelli, dove la Magnani e Totò sono veramente due morti di fame. Sono storie italiane: non che gli italiani siano più sfortunati degli altri, ma al nostro cinema piace parlare di esseri umani e non di eroi.
Ti piace il cinema italiano minimalista?
Mi piace e soprattutto non amo i film che sporcano i mezzi alla ricerca di grossi incassi. Ho detto no a chi mi chiedeva la parodia dei tre minuti televisivi per dilatarla: non gliene importa niente a nessuno e secondo me la gente, giustamente, risponde sempre meno. La caricatura è incisiva quando usa i tempi della televisione.
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