Pannofino: “L’AI non può diventare un furto con scopo di lucro”

L’attore, “nel cast” dell’animazione Le stelle di Dora dedicato al Generale Dalla Chiesa, dedica uno spaccato della sua presenza a Giffoni per un vis-a-vis con i Giffoners


GIFFONI – Lui è… René Ferretti (di Boris), è… Nero Wolf (per la tv), è… Denzel Washington ma anche George Clooney (nel doppiaggio): uno, nessuno e centomila è Francesco Pannofino, attore, doppiatore, artista in cui l’eclettismo è un po’ la parola chiave che ne definisce il profilo prismatico.

L’attore arriva a #Giffoni53 su un doppio fronte, quello di se stesso, per cui si fa “maestro” nella masterclass in cui incontra i Giffoners, senza mai “salire in cattedra”, anzi autorevolmente ma spassosamente complice dei compresenti, e poi per Le stelle di Dora, film animato presentato in anteprima assoluta, e dedicato alla vicenda del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, soggetto che Pannofino re-incontra in carriera – seppur in una forma e con un linguaggio differenti – perché lui era stato il Capitano Liggeri, dei Carabinieri di Palermo, nella mini serie tv Il generale Dalla Chiesa (2007, di Giorgio Capitani).

Nel pomeriggio, però, la scena è quella di una sala gremita di Giffoners – categoria Impact, 18-30 anni – a cui non è certo necessario dare lo sprone del “dai… dai… dai…” – mitico intercalare del suo Ferretti di Boris – affinché gli stessi lo incalzino di domande, ma lui, prima di tutto, è orgoglioso e appagato nel dire quanto sia soddisfacente quando “i giovani ti guardano con amore, affetto, felicità, gratitudine: è una grande forza e Giffoni mi dà un’energia particolare, questo vuol dire che ho dato qualcosa perché, se non dai niente, non ricevi niente”.

La platea dei Giffoners più adulta, e dunque più informata anche sull’attualità dell’industria, pur non mancando a più riprese di ripetere a Pannofino “ti adoro, qui ti adoriamo tutti”, chiede subito della caldissima questione dello sciopero degli autori “di Hollywood”. “Seguo la protesta dei colleghi americani perché sembra che l’AI possa sostituire sia scrittori che attori: contate che nel doppiaggio si può campionare la mia voce e usarla per un qualsiasi film, allora così diventa un furto, quindi va regolamentata la cosa e salvaguardarla. È impossibile fermare il progresso ma bisogna governarlo, se no è un furto con scopo di lucro, e non si può guadagnare a scapito degli altri”.

Una Giffoner si confronta poi con Pannofino partendo dalla citazione di una frase: “siamo un Paese di canzonette mentre fuori c’è la morte” per sollecitare l’attore sull’uso e l’effetto della comicità. Per lui “usare la comicità per alleggerire è una gioia, ero già portato sin da bambino a portare allegria. E a un certo punto mi son detto: ‘forse sono davvero portato’, e ci ho provato, e bisogna provarci… ma alla vostra età: a doppiare si impara da giovani, perché hai la vita davanti. Io ho cominciato a 19 anni e non mi sono più fermato”.

Nella platea, più d’una/uno ambisce alla carriera d’attrice e d’attore così le domande si trasformano nella richiesta di consigli a una persona che per loro è naturalmente un maestro: “come prepararsi, quindi? come farsi notare senza essere rappresentati da grandi agenzie?”“Più esperienze fai e meglio è”, Pannofino risponde senza dubbio alcuno. “Sì, tutte le scuole vanno bene ma poi ti devi confrontare col lavoro. Tu devi sentire dentro di te se ci sei portato, è come se sai disegnare… o meno, lo sai. Non ti devi fidare di chi ti dice ‘lascia perdere’, né di chi ti dice ‘sei grande’. Se non ti senti a tuo agio è meglio che cambi mestiere, è una questione d’istinto stare sul palcoscenico. Le scuole possono insegnare la tecnica, però conta il talento e se c’è te ne accorgi da solo”. Continua poi, comprensivo nel tono, sulla questione del non riuscire a sfondare: “Ho vissuto anche io il problema di ‘farmi vedere’, e non c’erano nemmeno i social… Tu devi fare, fare tutto… quello che ti capita e dimostrare che sai fare… è l’unico modo che conosca. Per reggere nel tempo devi saper fare, anche una cosa non di respiro nazionale ma devi farla bene! Poi ci sono le scappatoie, ma io quelle non le ho mai percorse. Io ho fatto per anni… ‘piccole battute’, non ne potevo più, poi… è nata una stella”.

I Giffoner riconoscono a Francesco Pannofino una capacità d’eclettismo artistico, complimento che lui accoglie rispondendo che “si migliora nel tempo, anzitutto: all’inizio nessuno è un genio, ma il talento va riconosciuto subito; devi dimostrare sul campo delle qualità, oltre alla componente fortuna, che da sola non basta, ma ci vuole; e poi c’è da saper prendere il famoso ‘treno che passa’ e se hai l’opportunità di fare qualcosa va fatto al meglio possibile; quello dell’attore non è un lavoretto, è fisicamente massacrante, non è… fare il tappeto rosso”; che reciti, che doppi, “io vado d’istinto, leggo il copione e vado, poi se sbaglio ripeto: cerco di dare valore agli autori, i personaggi sono righe scritte su un foglio e a te attore spetta farlo vivere quel personaggio, tu devi riuscire a catturare l’attenzione. Poi conta molta, molta, esperienza – per me più di 40 anni, ormai -, che va approfondita, ma non bisogna esagerare nemmeno nel faticare troppo, perché se no vai sopra le righe e eccedi. Noi attori siamo marionette in carne ed ossa”.

Ma “dove ti senti più talentuoso?”, gli domanda qualcuno. E Pannofino, che di ironia ne ha da vendere, non solo in scena, risponde che “ad un certo punto mi sono stufato di essere apprezzato solo per la mia bellezza! Comunque, al doppiaggio ho avuto la fortuna di entrare alla fine degli Anni ‘70, all’inizio delle televisioni private: arrivarono tonnellate di materiale da doppiare – telenovele o cartoni, non per forza tutte cose belle ma… tante -, per cui mi trovai in mezzo a quelle truppe cammellate… da 200 doppiatori ne servivano improvvisamente 2000 e dopo mesi guadagnavo più di mio padre e fu così che… nessuno ti rompe più le scatole se dici ‘voglio fare l’attore’”.

di Nicole Bianchi

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