ROMA. “Dopo gli 8 anni di Barack Obama, anni di speranza, fatico a capire gli USA di oggi. Spero che il mio film riesca a comunicare l’importanza dell’inclusione, dell’apertura verso altre culture. Gli Stati Uniti vivono una spaccatura razziale e culturale profonda che cresce di giorno in giorno. Se si continua nella direzione attuale, tante saranno le difficoltà, abbiamo già vissuto tutto ciò negli anni ’40, ma il nostro futuro è un altro”. Il regista americano Scott Cooper parla così del suo quarto lungometraggio, Hostiles-Ostili, che ha aperto la Festa di Roma e che sarà in sala dal 22 marzo con Notorious Pictures: un western drammatico con al centro il rapporto con i nativi americani.
Ambientato negli ultimi anni dell’800, Hostiles si apre con una frase emblematica dello scrittore inglese D. H. Lawrence: “La vera anima americana è dura, solitaria, stoica, assassina. Non si è mai ammorbidita”. Il film racconta il lungo viaggio, dal New Mexico al Montana, di un eroico capitano dell’esercito (Christian Bale) che accetta malvolentieri di scortare un capo guerriero Cheyenne (Wes Studi), gravemente malato, e la sua famiglia fino alle loro terre natie. I due anziani e acerrimi avversari delle guerre indiane durante il tragitto incontreranno una giovane vedova (Rosamund Pike), i cui cari sono stati assassinati dalle tribù Comanche.
Il capitano Blocker e Falco Giallo saranno costretti a collaborare per sopravvivere a un viaggio di mille miglia, durante il quale s’imbatteranno in vari nemici: Comanche, cacciatori, proprietari terrieri. Alla fine l’intolleranza e l’odio verso il nemico lasceranno spazio alla comprensione e all’accettazione dell’altro.
E’ un percorso dell’anima, di redenzione quello che compiono il capitano Blocker, indottrinato dal suo governo a odiare gli altri, il nemico ‘pellerossa’, e i prigionieri nativi, ritenuti ostili. Due culture, due mondi che si riconciliano scoprendosi umani.
Hostiles guardando al passato della storia americana ci parla con evidenza dell’oggi. “La storia è ancora più attuale e rilevante di quando ho scritto la sceneggiatura – avverte il regista Cooper – Dopo le ultime elezioni il paese è sempre più polarizzato. Chi vive sulla costa o nelle grandi città conosce l’interazione con chi ha una provenienza etnica differente, ma non il resto del paese. Vorrei che il mio film promuovesse il dibattito sull’inclusione e sulla comprensione dell’altro, risanando le ferite tra culture diverse”.
Il personaggio interpretato da Rosamund Pike è una donna molto forte che subisce una perdita insopportabile, terribile, e che vorrebbe morire. “Nonostante l’odio che prova verso coloro che hanno ucciso i suoi cari, comprende che la morte del nemico non ti restituisce i familiari che hai perso – spiega l’attrice – Rosalee non fa una scelta consapevole, invece ascolta, comprende e matura. Lei è la controparte femminile del personaggio del capitano che Rosalee riconosce essere al fondo un uomo buono, anche se con una parte oscura di sé”.
Wes Studi, di etnia cherokee, noto per le sue interpretazioni di guerrieri pellerossa in Balla coi lupi e di Magua in L’ultimo del Mohicani, ricorda la sua esperienza di giovane soldato in Vietnam negli anni ‘60/70 quando provò empatia con il ‘nemico’ vietnamita identificandosi, “in fondo quello stesso esercito americano aveva inseguito e combattuto me e i miei antenati nei boschi e nelle praterie”.
Quanto al genere genere western che non passa mai di moda, il regista è affascinato dai suoi motivi ricorrenti: i personaggi tracciati in bianco e nero, uomini e donne che seguono un codice di vita, la maestosità del paesaggio, il bisogno di un nemico. “Il mio film è un western come epoca storica e ambienti con citazioni del regista John Ford, del fotografo Edward Sheriff Curtis, dello scrittore Cormac McCarthy, ma rappresenta innanzitutto una sorta di umanesimo che va oltre i generi cinematografici”.
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