E’ un momento di quelli da incorniciare per Ornella Muti. Terminate le riprese con due grandi del cinema come Citto Maselli e Peter Greenaway, la stampa estera stasera la premia con il Globo d’Oro alla carriera. Neanche il tempo di decidere su quale mobile posizionare il trofeo che per lei sarà già tempo di salire su un aereo per New York dove arriverà insieme ad una piccola delegazione italiana per partecipare a Signore&Signore rassegna di 19 film sulle attrici nostrane che hanno fatto storia, in programma dal 6 al 29 luglio al BAMcinématek. L’evento è prodotto da Cinecittà Holding con il sostegno della Direzione generale Cinema del MiBAC in collaborazione con l’Istituto italiano di cultura di New York. A curarlo è Piera Detassis che aveva già omaggiato interpreti del passato e del presente come Monica Vitti, Sophia Loren, Anna Magnani, Margherita Buy, Monica Bellucci e la stessa Muti, per citarne solo alcune, nel volume intitolato proprio “Signore&Signore”. CinecittàNews ha parlato con l’attrice proprio alla vigilia della sua partenza:
Dopo “Codice privato” lei torna sul set diretta da Maselli. Che storia raccontate insieme stavolta? E’ un docufilm sulla povertà in Italia oggi dal titolo Civico 0. Si tratta di una pellicola ispirata a tre storie vere, che saranno introdotte dai reali protagonisti dei fatti. Si racconta di un uomo italiano, interpretato da Massimo Ranieri, che vive un forte disagio emotivo, della dura realtà affrontata da una coppia di colore, e infine della storia di una donna rumena, il mio personaggio, che vive le difficoltà legate all’integrazione in una società straniera. E’ un film in cui credo molto e che spero sia finito in tempo per andare alla Mostra di Venezia.
Come si è preparata al personaggio?
In nessun modo particolare. Lavorare con Citto è facile perché ti prepara lui. Il ruolo te lo fa crescere sotto la pelle e tu quasi non te ne accorgi. Avevo un po’ paura di interpretarlo, ma è andato tutto bene. Per la parlata sono stata aiutata da un gruppo di donne rumene che erano tra le interpreti del film e comunque il mio è un ruolo basato più sull’emotività che sulla parola.
Lei non ha mai apprezzato il ruolo di sex symbol che si è portata dietro negli anni. Oggi come si vede? Ha accettato quella parte di sé?
Ho fatto pace con il mio corpo. Quanto al resto non c’è niente di male ad essere considerata un simbolo di femminilità. Il problema è se questa etichetta che ti affibiano non si stacca più e non ti permette di essere più te stessa. In generale però ritengo che gli esseri umani, e soprattutto le donne, siano ricchi di sfaccettature come i diamanti. Essere un sex symbol va bene se è solo una delle tante facce. Si è interessanti come persone se si è affascinanti, lavoratrici, mamme.
E’ vero che dopo gli anta non ci sono tanti ruoli femminili per il cinema?
Non ci sono molte opportunità però penso che ogni cosa arrivi al suo momento. Quando ero giovane prendevo parte a progetti diversi. Magari se fossi stata meno matura non avrei potuto essere diretta da Peter Greenaway alla Reggia di Venaria Reale a Torino.
Di che si tratta?
E’ un progetto dal titolo “Peopling the palaces” per il quale Peter ha pensato di trasformare la Reggia in uno spazio diverso, espositivo. Negli interni del grande palazzo saranno proiettate scene di vita a corte lungo due secoli, ‘600 e ‘700, riprese e confezionate come se fossero un film vero.
Con i grandi registi ha già lavorato in passato. Per il futuro da quale giovane cineasta nostrano vorrebbe essere diretta?
Mi piace Paolo Sorrentino ma i film di Emanuele Crialese mi hanno incantata. Ho apprezzato molto Respiro mentre Nuovomondo mi ha letteralmente catturata. Il personaggio di Charlotte Gainsbourg è riuscito a cogliere tantissime sfumature femminili.
Pensa mai di passare dietro la macchina da presa come ha fatto la sua amica/collega Eleonora Giorgi?
Ci ho pensato ma non mi sento pronta adesso. Non mi spaventa la fatica creativa ma il pensiero di non essere all’altezza in questo momento. Credo che ora mi divertirei di più a produrre: entrare in un mondo di sviluppo per aiutare qualche giovane autore ad emergere.
C’è un’erede di Ornella Muti in giro?
Non ho fatto niente di speciale per meritare un’erede. Mi sentirei presuntuosa a dire quella ragazza mi somiglia. Penso piuttosto che ora ci sono delle attrici molto brave che stanno venendo fuori come Laura Chiatti, Cristiana Capotondi e Xsenia Rappaport.
Tra 24 ore parte per New York dove assisterà alla proiezione de “La stanza del vescovo”. Che ricordi ha di quel film?
Tanti e belli. Lavorare con Dino Risi è sempre stato un piacere e Ugo Tognazzi è stato un amico, un collega, un maestro. Una persona davvero straordinaria. La sceneggiatura poi era incredibile.
Stasera la premiano con il Globo d’Oro alla carriera. Emozionata?
Un po’. Essere omaggiati in un momento in cui il cinema zoppica vuol dire che forse qualcosa di quel che ho seminato è stato recepito e ancora c’è. Se a premiarmi poi è la stampa estera, sono ancora più felice. Significa che non sono rimasta nazionalpopolare.
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