No Billag!, in Svizzera la tv pubblica rischia di scomparire

Al Festival di Soletta si è parlato molto della controversa campagna che propone l’abolizione del canone tv in Svizzera: se la proposta sarà approvata, le conseguenze saranno gravi per il cinema


SOLETTA – Si è svolta in un clima un po’ grigio, e non solo per via del colore del cielo, la 53ma edizione delle Giornate di Soletta, la manifestazione cinematografica che ogni anno, alla fine di gennaio, celebra il meglio della produzione elvetica tramite un programma ricco e variegato, composto da anteprime mondiali di prestigio e titoli già passati con successo nelle sale (si pensi a Frontaliers Disaster, che in Ticino ha incassato il triplo di Star Wars: Gli ultimi Jedi e nei prossimi giorni uscirà anche in Italia) o in altri festival svizzeri e internazionali (Berlino, Cannes, Locarno, Venezia, Toronto, Zurigo, Roma).

Un’edizione nel segno dell’incertezza, poiché è attualmente in corso la controversa campagna nota come No Billag!, che propone l’abolizione del canone televisivo. Qualora l’iniziativa fosse approvata (il popolo svizzero voterà il 4 marzo), il servizio audiovisivo pubblico cesserebbe di esistere entro il 2019 dato che la Confederazione, per legge, non può finanziarlo in alcun modo. Le conseguenze sarebbero nefaste anche per il cinema, poiché i finanziamenti spesso provengono proprio dalle emittenti radio e tv delle diverse regioni linguistiche. “Nel caso specifico di Soletta ci dovremmo adattare – ha detto la direttrice artistica Seraina Rohrer – diminuirebbe fortemente la presenza dei documentari, così come quella dei film provenienti dalla Svizzera italiana e francese”.

Quasi a voler ribadire l’importanza delle sovvenzioni per il cosiddetto cinema del reale, i due premi principali del festival sono stati assegnati a dei documentari: il Prix de Soleure, scelto da un’apposita giuria (il regista Xavier Koller, la scrittrice Pascale Kramer e Flavia Kleiner, fondatrice del movimento politico Opération Libero), è andato a Des moutons et des hommes, esplorazione del fenomeno dei combattimenti tra montoni ad Algeri; il pubblico ha invece premiato Der Klang der Stimme, ritratto di quattro persone che sondano i limiti e le possibilità della voce umana. Gli spettatori hanno anche accolto con entusiasmo l’iniziativa più apertamente politica del festival, una serie di cortometraggi ironici che, applicando l’esempio ad ambiti come la scuola o la sicurezza pubblica, spiegano perché No Billag! danneggerebbe il panorama culturale svizzero.

Ma non si è trattato solo di otto giorni di sfida nei confronti di una proposta che, sul piano pratico, sta esponendo con maggiore chiarezza le proprie incongruenze. C’è stato anche ampio spazio per i festeggiamenti, in particolare la sera del 31 gennaio con il consueto annuncio dei titoli in lizza per i Premi del Cinema Svizzero, che saranno consegnati il 23 marzo a Zurigo (nella categoria dei migliori film di finzione compare anche un candidato italiano, Il colore nascosto delle cose di Silvio Soldini, co-prodotto dalla SRG SSR e dalla Radiotelevisione Svizzera). A spuntarla con ben sette candidature è stato il dramma adolescenziale con tinte soprannaturali Blue My Mind, già premiato al Festival di Zurigo e alla Festa del Cinema di Roma.

Dal respiro più internazionale è stata la sezione Fokus, dedicata quest’anno alle questioni inerenti le sceneggiature: da un lato, nove lungometraggi recenti che si sono fatti notare principalmente sul piano della scrittura, tra cui gli italiani L’intrusa e Pericle il nero; dall’altro, una giornata intera di discussioni sulle esigenze degli sceneggiatori, sull’importanza dei laboratori e dei workshop (tra cui il Torino Film Lab, rappresentato da Francesco Giai Via) e sul ruolo della scrittura nell’ottenere i finanziamenti per i progetti. Tra i partecipanti c’era anche Valia Santella, co-autrice dei copioni di Mia madre e Fai bei sogni, che dinanzi all’idea – attualmente in fase di elaborazione – di un vero e proprio istituto per la sceneggiatura in Svizzera ha evocato proposte simili nell’ambiente professionale italiano: “Il più delle volte si finisce però per parlare di politica, di soldi, di diritti, e non di idee.”

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05 Febbraio 2018

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