Nell’Italia di Woody c’è posto anche per Bossi jr.


“Se uno presenta un soggetto in cui c’è una persona che diventa famosa senza nessun merito sembra la vita di Renzo Bossi“. Facile bersaglio il delfino della Lega, travolta in questi giorni dagli scandali, per Roberto Benigni che monopolizza con la sua verve la conferenza stampa di To Rome With Love, la commedia corale che Woody Allen ha girato a Roma, dopo le sue incursioni in altre capitali europee, da Barcellona a Parigi. L’attore toscano, molto famoso anche in America dopo l’Oscar per La vita è bella, ha il ruolo di Leopoldo Pisanello, un noioso e grigio  travet che improvvisamente e senza alcun apparente motivo diventa una celebrità nazionale, intervistato dai tg con domande insulse su cosa mangia a colazione, inseguito dai paparazzi, desiderato da donne bellissime… per poi ripiombare nell’anonimato. “Non potevo non accettare questo ruolo. Mi hanno portato il copione, segretissimo, me l’hanno lasciato leggere solo dieci minuti e non sapevo nemmeno chi fosse il regista… Poi, quando sono arrivato sul set, ho visto Woody Allen, una delle persone per cui il nostro secolo verrà ricordato. Tra cent’anni, se rifaranno Midnight in Paris ci sarà lui al posto di Matisse o Francis Scott Fitzgerald…”. 

 

Eppure Allen, che stavolta non è sembrato particolarmente ispirato, sostiene che la sua grandezza sia merito degli attori e non ha tutti i torti. To Rome With Love per quanto pieno di luoghi comuni su un’Italia da cartolina dove la famiglia imperversa e tutte le donne sono madonne o puttane, ha un cast davvero formidabile con Benigni in testa e partecipazioni di lusso. Da Antonio Albanese (l’attore piacione) a Riccardo Scamarcio (nell’azzeccato cameo di un galante ladro pugliese), dal tenore Fabio Armiliato (un impresario di pompe funebri che sotto la doccia si trasforma in un fine interprete di Leoncavallo e Puccini) ad Alessandra Mastronardi (la provinciale ingenua e sognatrice che sembra uscita da un film degli anni ’50). E ancora Lina Sastri, Corrado Fortuna, Flavio Parenti, Alessandro Tiberi, Simona Caparrini. Peccato vedere doppiato (stavolta Woody ha la voce di Leo Gullotta) un film che intreccia di continuo personaggi italiani e americani: Alec Baldwin è l’architetto di successo che rivive una storia di gioventù identificandosi nel giovane collega Jesse Eisenberg, Ellen Page è un’attrice borderline che ama sedurre chiunque le capiti a tiro, Penélope Cruz, alla sua seconda prova con Allen, una squillo d’alto bordo che si trova a fingersi moglie per un gioco di equivoci, lo stesso Allen è un ex impresario della lirica tanto avant-garde da mettere in scena Rigoletto con i cantanti vestiti da topi bianchi.

 

Racconta ancora Benigni: “Se è vero che tutti inseguono il loro quarto d’ora di notorietà, qui la finzione è diventata realtà. Woody ha la grazia e il tocco per rendere tutto contemporaneamente favolistico e reale. Alla fine del film eravamo alla Garbatella, un’ambulanza con la sirena spiegata ha frenato, sono scesi due infermieri per farsi una foto con me e poi mi hanno salutato così: ‘Benigni mortacci tua, annamo a pià un malato’. Però quando abbiamo girato c’erano Berlusconi, Umberto Bossi, le escort e il sole. Adesso piove, ci sono gli esodati, c’è Monti… Comunque Allen ha previsto tutto: ha girato lui Il dittatore dello stato libero di Bananas ma anche Prendi i soldi e scappa e Criminali da strapazzo… Un grande autore va sempre oltre. Lui è l’unica persona al mondo che riesce a unire Ingmar Bergman e Groucho Marx. Ma basta, fare lo spiritoso davanti a lui è come cantare All’alba vincerò davanti a Pavarotti”.

 

Woody è lusingato, ma non vuole prendersi il merito di aver messo alla berlina il paese dell’adulterio istituzionale. “Se ho rispecchiato lo spirito dei tempi, beh sono stato fortunato. Io mi limito a esprimere l’impressione che mi dà un luogo, racconto le cose che mi colpiscono, drammatiche o comiche che siano, non ho grandi nozioni della politica o della cultura italiana. Non ne so abbastanza e non voglio dare lezioni a nessuno”. Ma di Roma sembra aver ancora l’idea che maturò negli anni ’60, quando venne qui per la prima volta. “Era esotica e diversa… Londra e Parigi sembravano comprensibili per noi americani, ma Roma era una cosa mai vista, un modo di vivere diverso, colori diversi, un paese dove tutto è facile. Se avessi girato in Svezia, le psicologie sarebbero state altre”. Non andrà in Svezia e neppure a Copenhagen, come qualcuno pensa, ma tornerà in America, tra San Francisco e l’amata New York, per il prossimo film. I suoi molti fans, comunque, ringraziano. 

To Rome With Love uscirà con Medusa il 20 aprile in 600 copie dopo l’anteprima mondiale di stasera all’Auditorium Parco della Musica i cui proventi vanno a finanziare la lotta all’amiloidosi.

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13 Aprile 2012

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