Mother Fortress di Maria Luisa Forenza, menzione speciale al Tertio Millennio Film Festival 2018, racconta il viaggio di Madre Agnes attraverso il cuore della Siria in guerra per portare ai cittadini rimasti intrappolati nel paese aiuto materiale e conforto umano, senza distinzione di etnìa, religione, cultura.
“In questo documentario – spiega la giuria del festival – emerge la capacità della regista di creare varchi di luce nel dramma della guerra in Siria. Nonostante il tempo delle bombe, le violenze, lo strazio dei sopravvissuti di fronte ai morti e alla morte, nonostante tutto, sono vivi i riflessi dello spirito, della disperazione che diventa speranza, dell’orrore che diventa perdono, della rassegnazione inerte che diventa ostinazione per un progetto più alto di condivisione, di riscatto dell’amore, di pace, fratellanza e sorellanza”.
Dopo la premiere in Vaticano, il film viene proiettato per la prima volta in Italia alla Casa del Cinema il 19 dicembre alle ore 17 alla presenza della regista e con interventi di Giorgio Gosetti, del Prof. Paolo Matthiae, del senatore Raniero La Valle, di Gregory J.Polan O.S.B., Abate Primate della Confederazione Benedettina.
Mother Fortress è la storia della Madre Badessa Agnes, che assieme a monaci e monache di diversi continenti (Libano, Portogallo, Francia, Belgio, Cile, Venezuela, Colorado-USA), affronta gli effetti della guerra in Siria sul suo Monastero di San Giacomo il Mutilano (Qarah), ai piedi delle montagne al confine con il Libano, sulle cui alture i militanti di Al-Nosra e ISIS insidiosamente si nascondono. Nonostante sia esso stesso bersaglio di attacchi terroristici, il monastero accoglie orfani, vedove, rifugiati (cristiani e sunniti), vittime di una guerra fratricida che dal 2011 ha prodotto caos e devastazione dal nord al sud della Siria. Organizzando un convoglio di ambulanze e camion, che percorrono strade controllate da cecchini, Madre Agnes persegue la missione di fornire aiuti umanitari (cibo, vestiti, medicine) ai siriani impossibilitati ad espatriare. Girato fra il 2014 e il 2017 in Siria, Svizzera e Italia, il film è un viaggio materiale e spirituale, una “storia d’amore” (agape).
Scrive la regista: “Nella ricerca personale sul Tempo come idea-guida delle riprese, il film tenta di cogliere tempo mitico, tempo cronologico, tempo liturgico o kairos, colto nell’oscillazione fra realtà quantitativa e ‘dilatazione’ del presente. Girato in condizioni di emergenza e pericolo incombente per possibili attacchi di Daesh, il film è anche un documento della vita quotidiana in Siria”.
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