Moritz De Hadeln


Mai come quest’anno tutta la produzione disponibile per l’inizio del nuovo anno è stata offerta, da produttori e autori, ai selezionatori del Festival di Berlino. E’ come se, in un momento di oggettivo interesse da parte straniera per il nostro cinema, tutti avessero trovato gli stimoli e il coraggio di mettersi in luce sul primo palcoscenico internazionale del 2001. E il risultato, anche a prescindere dalla selezione operata alla fine, appare più che incoraggiante al direttore della Berlinale, Moritz de Hadeln.

Come ha trovato questo cinema che spesso, negli ultimi anni, ha riservato qualche delusione al suo gusto critico ma che altrettanto spesso non si è fidata della grande platea berlinese?
Ho la netta impressione, e spero di non sbagliarmi o di non essere contraddetto dai film che saranno pronti solo nei prossimi mesi, che il cinema italiano stia veramente tornando a quel ruolo di primo piano che gli spetta nel cinema europeo e che tutti attendono. Ho visto molti film, non tutti magari adatti alla mia idea di festival o non tutti inseriti nelle nostre scelte finali, ma sempre ho riscontrato un’originalità, una voglia di osare che rendeva importante ciascun film. Ne sono molto contento perché, al contrario di quello che spesso si è detto anche sulla vostra stampa, credo molto nel vostro cinema e da sempre amo l’Italia.

In base all’esperienza della selezione, quale critica si sente allora di muovere ai nostri autori, sempre che ce ne sia una?
I problemi maggiori mi sembrano quelli comuni all’insieme del cinema europeo. La ricerca dei finanziamenti, che spesso vengono dalla tv o dagli aiuti pubblici, induce a fare troppi film senza un occhio di riguardo al pubblico, o nel caso di quelli sorretti anche dalla televisione, ad appiattirsi su una certa estetica e una certa morale che non va sempre d’accordo con il desiderio di novità e di freschezza che noi vorremmo vedere. Ma questi, per la mia recente esperienza in Italia, sono problemi in parte superati da voi. Direi soprattutto che vi siete lasciati alle spalle un cliché un po’ datato che rendeva le opere un po’ tutte uguali, direi appiattite. Questo mi pare un problema finalmente superato.

Il critico Callisto Cosulich ricorda che quando il Festival di Berlino si svolgeva d’estate, per i colori italiani le cose andavano decisamente meglio di quanto è invece accaduto negli ultimi anni. Secondo lei c’è una ragione?
Io credo che Cosulich ricordi un tempo, gli anni 60, finito per sempre. Allora c’era molta più offerta, il mercato si orientava diversamente. Adesso si fanno i conti con un pubblico più ridotto, pressoché ovunque, e con una diversa concentrazione dei titoli interessanti.

Come sarà la prima Berlinale del terzo millennio?
Sarà un buon Festival, spero spiazzante in alcune scelte, dominato da una forte presenza asiatica, dal meglio – io credo – del cinema americano di adesso e da una forte rappresentanza europea, specie francese e italiana. Apriremo con la “prima” mondiale del nuovo film di Jean-Jacques Annaud Enemy at the Gates, la più costosa coproduzione tedesca, 95 milioni di dollari che per il 70% vengono dal cinema tedesco. E’ una grande storia sullo sfondo della battaglia di Stalingrado. Chiuderemo con la proiezione della nuova copia in 70mm del capolavoro di Stanley Kubrick 2001 Odissea nello spazio, alla presenza della vedova del grande regista. Anche per questo mi sento di dire che sarà un’edizione dominata dal senso della storia, impressione rafforzata da una delle più ambiziose retrospettive di Berlino, dedicata a Fritz Lang. Di lui presenteremo anche una versione restaurata di Metropolis con il commento musicale eseguito dal vivo da grande orchestra.

Un commento sulla selezione italiana?
I due film in concorso mi paiono felicemente diversi tra loro. Le fate ignoranti è la bella conferma di un regista molto personale alla sua terza prova, Malena verrà presentato nella sua versione internazionale, più asciutta e in grado, mi sembra, di farsi meglio capire dal pubblico. Auguro a Tornatore di confermare un successo internazionale che merita. Poi ci sono le scelte di “Panorama”, con autori così diversi e così interessanti che mi pare rafforzino nel modo migliore l’idea di un cinema italiano forte nella sua diversità, e l’omaggio a un decano del vostro cinema che ritorna con un’opera corale. Insomma una selezione di cui sono davvero soddisfatto.

autore
10 Gennaio 2001

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