MORETTI IN SCENA


Qualcuno ha detto che Nanni Moretti, per il suo spirito caustico ed il suo acuto senso dell’osservazione sarebbe stato un ottimo critico. Forse, per questa ragione, si è sentito a suo agio, nell’affollato Teatro Comunale di Alessandria, a “Ring!”, l’unico festival dedicato alla critica cinematografica. È parso, difatti, ben disposto a raccontarsi e a mettersi in gioco, grazie anche all’aiuto della giornalista Piera Detassis, autrice di “Caro diario” libro, in uscita a novembre, dedicato a lui e al suo film-manifesto.
Proprio Caro diario è stato al centro di piacevoli rivelazioni: il dietro le quinte, le sequenze tagliate, un episodio inedito, rimasto sulla carta, prova di come intimo sia il rapporto tra il cineasta e l’uomo.
Curiosa la genesi della pellicola: “Ero in un posto bellissimo in Sardegna, in vacanza – rivela Moretti – Siccome mi piaceva molto stare a Roma a Ferragosto, ho lasciato la Sardegna per la capitale, e ho cominciato a girare in Vespa. Volevo fare un cortometraggio da proiettare solo nel mio cinema… Poi, vedendo in proiezione quel materiale, che mi ricordava un po’ l’irresponsabilità, l’incoscienza di quando giravo i filmini in super8, tanti anni fa, ho detto: ma io vorrei fare tutto un film così!”
Il regista ha poi raccontato una scena tagliata di Caro diario. Moretti era stato scelto come protagonista da Kieslowski per girare La doppia vita di Veronica, ma dovette rinunciare perché stava male. Partendo da questo spunto reale, lo avrebbe trasfigurato come lui solo sa fare, pretendendo che anche se il film si girava d’inverno lui poteva indossare solo vestiti di cotone; nel cestino del pranzo voleva un pasto particolare, solo frutta e pomodori. La convocazione, mai prima di mezzogiorno – “io, la notte, non dormo per niente” – e dal truccatore “un trucco leggerissimo, perché se no il prurito…”.
Il quarto, ipotetico, episodio di Caro diario è stato messo in scena quasi come un atto teatrale da Antonio Catania e dal fidato Silvio Orlando. Il titolo – “Il critico ed il regista” – sembra studiato apposta per l’occasione, e lo svolgimento riguarda l’annoso rapporto tra Moretti (e un po’ tutti gli autori) ed il recensore: tanto odio, a volte a distanza, ma in fondo nessun rancore, forse in nome dell’amore comune per il cinema.
In una performance di quasi 3 ore il regista romano, eternamente insoddisfatto, ha letto brani del suo diario personale: “Prima proiezione del girato: insomma… C’erano delle cose che non mi piacevano. Prima mi sono arrabbiato perché avevo un ciuffo che sembravo Little Tony. Ho detto in sala: siete in venticinque dietro la macchina da presa, aiutatemi! Poi c’erano i riflessi di una macchina da presa su un vetro e il suono non andava bene. Poi c’erano delle inquadrature con un pelo nella parte bassa del fotogramma. Poi mi sono imposto di stare zitto… perché non mi andava più di protestare!”
Si prende anche un po’ in giro con quella che chiama “autodenigrazione”: “Spesso penso che forse non ho grandi capacità per questo mestiere. Un po’ supplisco girando tanta pellicola, difendendomi con l’ironia, cercando di non fare film troppo pretenziosi, lavorando molto su una recitazione che non voglio banale. Però non credo di essere un grande talento. Peccato, perché alcune qualità penso di avercele. Pazienza. Spreco tempo, spreco pellicola”.

autore
11 Ottobre 2002

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