Ci sono libri che “bruciano i codici” affermava il filosofo Gilles Deleuze a proposito di Nietzsche e Kafka.
Lo stesso si può dire delle tavole di Andrea Pazienza che il regista Renato de Maria ha usato nel suo film Paz! (leggi la scheda) come “medium per entrare in un’epoca: gli anni ’70”.
Già, perché Pazienza con i suoi personaggi ha bruciato i codici dell’espressione visiva e rotto gli schemi del fumetto, ha fatto cortocircuitare testo e segno grafico come nessuno aveva fatto prima in Italia. Sovversione pura, gioiosa e delirante, come quella vissuta nella Bologna del ’77.
E in attesa dell’uscita della pellicola (il 22 febbraio) interpretata da Claudio Santamaria (Pentothal), Flavio Pistilli (Zanardi) e Maxmilian Mazzotta (Fiabeschi) e prodotta da Tangram Film, Rai Cinema, Strema e ITC movie, ecco “Paz!” raccontato da voci che a vario titolo e in varie epoche hanno avuto a che fare con lui.
Franco Berardi (Bifo), saggista e scrittore
Ho accettato di partecipare al film perché Renato De Maria è una persona di enorme talento, uno dei pochi registi italiani che non sia limitato all’orizzonte culturale romanesco ed italiota.
E poi perché Pazienza rimane il simbolo più alto del ’77, l’anno della premonizione e della sua contraddittorietà: illuminazione e felicità creativa, oscurità, panico e terrore di un mondo disumano che si avvicina.
Questa complessità condensata nelle figure di Pentothal e Zanardi, questa contraddizione è quel che mi interessa di più del ’77, perché tutto il nostro presente era implicito là dentro come un futuro schizofrenico.
Sergio Brancato, docente di teoria e tecniche del linguaggio cinematografico
Spero che il processo di santificazione avviato su Pazienza non giunga a compimento. Andrea è stato probabilmente il più grande testimone della nostra generazione, ma era tutt’altro che un santo o un “padre della patria delle lettere”.
Lui stesso si sarebbe imbufalito di fronte a certe affermazioni e certe iniziative giocate intorno al suo nome e al suo lavoro dissennato.
Con la sua la disponibilità a usare i linguaggi della comunicazione come una materia viva, incandescente, bastarda, da cui non essere soggiogati, Pazienza è stato uno degli ultimi a interiorizzare e rendere attuali le istanze della ricerca espressiva delle avanguardie storiche, ma in una prospettiva del tutto rovesciata verso un antielitarismo radicale che gli permetteva di far convivere l’espressionismo e Walt Disney.
Un film come Paz! potrebbe sintonizzarsi con il pubblico giovanile allo stesso modo dei romanzi di Enrico Brizzi e quelli dei “cannibali” . Mi sembra che oggi alcuni settori della cultura giovanile siano orientati in maniera molto esplicita verso l’esperienza di riviste come “Cannibale” o “Frigidaire”.
Figure come Andrenza, Scòzzari o Tamburini esprimono ancor oggi una tensione esistenzial-narrativa capace di dare voce alle nuove identità generazionali.
Frankie Hi Nrg, musicista
Andrea Pazienza è uno dei più grandi poeti italiani. Ho conosciuto le sue tavole da ragazzino quando in casa mia giravano le copie del “Male”, ma solo da adulto ho imparato davvero ad apprezzarlo.
E’ stato Renato De Maria a coinvolgermi nella realizzazione del film. Interpreto una parte minore: uno dei due amici immaginari di Pentothal, più precisamente un gangster. L’altro è un folletto interpretato magistralmente da Antonio Rezza.
Stare sul set di Paz! è stata un’esperienza buffa e istruttiva. L’atmosfera era vicina a quella che si respira nelle tavole di Pazienza. Quasi una comune, ma per niente polverosa, nostalgica né patinata.
Soprattutto c’era un grande affetto per Paz. Chi ha messo in scena il film ha un’enorme responsabilità di fronte alla grande famiglia di fan e amici del disegnatore. Non era facile, ma il risultato è ottimo.
Pablo Echaurren, artista e scrittore
Pazienza aveva un’abilità fenomenale. È stato contemporaneamente grande scrittore e disegnatore.
La sua vita è l’emblema della stupidità del mondo del fumetto. Ricordo che quando cominciò a lavorare per “Comic Art”, rivista molto più tradizionale di “Frigidaire”, i lettori si divisero.
Molti protestarono e lo accusarono di non saper disegnare. La loro difficoltà nasceva dall’incapacità di confrontarsi con la rottura delle gerarchie narrative, del linguaggio classico del fumetto. Poi nella cultura accademica e paludata del nostro paese, in cui il fumetto è sempre stato visto come genere di serie b e in cui gli ambiti espressivi vengono tenuti rigorosamente distinti, Pazienza ha colmato l’assenza di una letteratura on the road e quella di un’arte che vive per strada.
Così ha incarnato una generazione in modo completo, ma gli è stato riconosciuto solo dopo la morte.
Non ho visto il film di Renato de Maria ma come si fa a trasporre in immagini cinematografiche la mutevolezza del segno grafico di Andrea?
Antonio Rezza, attore e regista
Sul set di Paz! c’era un clima divertente, disteso e di grande cooperazione, quasi sospetto per il contrasto con i drammi del disegnatore.
Quando Renato De Maria mi ha proposto la parte del folletto amico di Pentothal ho accettato a patto di non indossare il classico cappello coi campanellini. Così appaio vestito di rosso, con una giacca di mucca pezzata e, per la prima volta nella mia carriera, con baffi e pizzetto: un aspetto decisamente diavolesco. E infatti per me, che amo la follia totale, quel personaggio è più un demone che un folletto.
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