CANNES – Donna, vita, libertà. Il motto che ha guidato le proteste delle donne iraniane esplose dopo la morte di Mahsa Amini si è incarnato nell’ultimo film di Mohammad Rasoulof, il regista dissidente scappato la settimana scorsa dall’Iran dopo una condanna a cinque anni di prigione. Il cineasta ha presentato in Concorso al 77° Festival di Cannes The Seed of the Sacred Fig, un dramma familiare che sfocia nel thriller che gli è valso ben 15 minuti di applausi all’anteprima nella sala Lumière. Gli applausi sono stati interrotti soltanto dallo stesso regista, che dopo avere a lungo trattenuto la commozione, ha preso un microfono per ringraziare ufficialmente il festival e i suoi collaboratori.
“Ringrazio tutte le persone che hanno permesso di realizzare questo film. – ha affermato – Spero con tutto il mio cuore che l’apparato oppressivo della dittatura finisca. Dovrei essere felice di essere qui ma non sorrido. Quando vedi le giovani e i giovani uccisi, condannati a morte, picchiati, è difficile”. Il regista ha mostrato ripetutamente le foto degli attori Missagh Zareh e Soheila Golestani, che non sono potuti andare via dall’Iran a causa del ritiro dei loro passaporti, mentre al suo fianco ci sono sempre state le giovani interpreti Niousha Akhshi, Setareh Maleki, Mahsa Rostami e l’attrice simbolo della diaspora iraniana Golshifteh Farahani, che ha mostrato una piccola bandiera iraniana con il motto “Donna, Vita, Libertà”.
The Seed of the Sacred Fig è stato girato clandestinamente e racconta la storia di un giudice che viene promosso proprio nei giorni in cui scoppiano le proteste. Il conflitto generazionale si sposterà presto dalla strada all’interno della sua casa, dove inizierà una battaglia psicologica con la moglia e le due figlie adolescenti, ree di avere rubato e nascosto la sua pistola d’ordinanza. La metafora della lotta intestina al Paese è perfettamente riuscita e difficilmente il regista iraniano andrà via da Cannes senza un premio in mano.
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