Esce il 12 aprile in 300 copie con Warner Bros Moglie e Marito, divertente commedia con Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak. Alla regia troviamo Simone Godano e alla produzione Matteo Rovere e Roberto Sessa. Nel cast anche Valerio Aprea. Il film si riallaccia in un certo senso a una tendenza degli ultimi anni, ovvero portare il cinema italiano a riacquisire padronanza del ‘genere’, e anche se si tratta di una commedia, il riferimento è più a Ritorno al Futuro (o a Nei panni di una bionda, o a Nei panni dell’altra, ma si potrebbe andare avanti all’infinito) che ai classici di Monicelli. Situazione di vita da tutti giorni, sconvolta però da un elemento ‘fantastico’, in questo caso lo ‘scambio di cervelli’ tra i due componenti di una coppia in crisi.
Lo spunto non è niente di originale, ma la storia è scritta (da Giulia Steigerwalt con Carmen Danza e la collaborazione di Daniele Grassetti) con gusto ed eleganza, la regia è asciutta e funzionale e gli interpreti sono molto bravi, soprattutto Smutniak che non si limita a “fare l’uomo” ma riesce ad acquisire atteggiamenti e intonazioni del partner di scena. “A volte mi scambiano per Kasia così partivo avvantaggiato – scherza Favino – ma è stato veramente un triplo carpiato recitare su più livelli. Innanzitutto i due personaggi, di base, non ci somigliano. Quindi già complessa la prima fase di lavoro, poi ciascuno interpreta un personaggio che non gli somiglia nel corpo dell’altro. Ho cercato di osservare Kasia, come guarda, come muove la bocca. Abbiamo giocato sui cliché della commedia degli equivoci.
E anche del dramma. Perché in effetti c’è anche questo aspetto. Ti trovi nel corpo dell’altro e hai un sacco di problemi da risolvere, devi andare al lavoro e non sai cosa fare. Ci siamo occupati di questo aspetto. Personalmente io mi sarei fatto subito una ceretta”. “Il lavoro – dice Smutniak – era proprio imamginare ‘cosa avrei fatto io se mi fossi trovata in una situazione del genere’. Come potrei camminare sui tacchi se non ci sono mai stata, come gestirei un corpo con ingombri diversi dai miei. C’è anche una scena di sesso, che abbiamo improvvisato. Era al buio, la troupe rideva. Quando ride la troupe vuol dire che funziona”.
“Io mi sono commosso – dice Aprea – ho pianto come un vitello. Non sto mica bene, in questo periodo. Poi dovevo subire due ore di trucco, mentre loro no, chissà perché”.
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