‘Mixed By Erry’, “un romanzo americano ambientato a Napoli”

Luigi D’Oriano, Giuseppe Arena, Emanuele Palumbo sono i protagonisti, i fratelli Frattasio: la storia vera della “nastroteca” napoletana diventata prima etichetta discografica d’Italia


“…colpevole o innocente? Io… sono un deejay”.

Nella risposta – data da Enrico Frattasio (Erry) durante l’udienza in tribunale – vive l’essenza dell’anima del film Mixed By Erry, storia di una storia vera (dal libro di Simona Frasca), quella di tre fratelli di Forcella che negli Anni ’90, da duplicatori di musicassette, sono diventati, senza intenzione, la prima etichetta discografica d’Italia. “La cosa che più m’interessava era il loro sguardo, con cui sfiorano molti eventi senza mai entrarci e lo sguardo stralunato lo ottieni senza dire loro (agli attori) troppo. Ci interessava creare la fratellanza tra persone che non si conoscevano: con la scusa del Covid, li abbiamo chiusi in una casa, ottenendo una fratellanza tra grande amore e il non sopportarsi più. Mi affascina sempre vedere personaggi che si riscattano, seppur ci siano differenze sostanziali: di questa storia mi piaceva raccontare un ragazzo che voleva fare il deejay in un luogo in cui non era usuale e per farlo doveva ingegnarsi”, racconta Sydney Sibilia, che ha intercettato questa vicenda tutta italiana, il caso che ha battezzato “la pirateria” discografica, e ne ha fatto un film, di cui è anche produttore con Matteo Rovere per Groenlandia, con Rai Cinema e in collaborazione con Netflix

I convincenti Luigi D’Oriano (Erry), Giuseppe Arena (Peppe), Emanuele Palumbo (Angelo) sono i tre fratelli della vicenda, originale di per sé, calzante per il cinema, che Sibilia mette in scena facendo riconoscere visioni e ingredienti del suo cinema, compresi echi di Smetto quando voglio, da certe scelte di fotografia all’amore per la direzione delle storie corali. “C’era bisogno di trovare tre ventenni, per un’avventura di ragazzi: li abbiamo cercati per un anno. I miei film sono molto scritti per cui c’è bisogno di attori di strumento, tecnici: il primo scelto fu Emanuele, prendendolo ma senza dirglielo e chiamandolo poi a spalla di tutti i provini. Stiamo parlando di attori bravissimi, sono orgoglioso di aver trovato degli esordienti straordinari” continua Sibilia. 

Il 1991 è il “presente” della storia, quando i tre Frattasio adulti entrano in carcere, condannati a poco meno di cinque anni, con l’accusa di “pirateria”, e lì accolti con gli onori di “…maestro… dottore…” dai compagni di cella, perché loro erano un mito, erano riusciti a guadagnare miliardi di Lire, in fondo solo duplicando cassette musicali

Eppure, la storia – sul grande schermo – comincia nel ’76, quando Peppe e Angelo ancora bambini giocano per i vicoli del quartiere napoletano, mentre Erry passa le ore nel negozio di Don Ferdinando, commerciante di apparecchi radio e tv, successivamente suo luogo di lavoro… come addetto alle pulizie. “Non mollare mai, è il motto. Nascere a Forcella in quegli anni e diventare dj non era scontato ma loro riescono a emanciparsi. Era una Napoli più autentica, come così lo si era in generale”, per D’Oriano. 

Sono una famiglia semplice i Frattasio, ma che la sera riesce sempre a mettere in tavola la cena, in fondo “onestamente”: papà Pasquale (Adriano Pantaleo) vende bottiglie di Jack Daniel’s contraffatte, confezionate a regola d’arte in casa, spesso anche dai suoi bambini, o con l’aiuto di mamma Marisa (Cristiana Dell’Anna), il cui ruolo nella vicenda “musicale” si rivela poi esilarante…: “è stato abbastanza facile il mio personaggio, l’unico scopo era il benessere degli figli e curare le loro necessità basilari, forse con poca consapevolezza dell’attività. L’ispirazione sono stati i ricordi d’infanzia”. Mente Pantaleo racconta che “Sidney mi chiama per fare il padre, che vende il tè come se fosse whisky, ma è una persona onestissima”, spiega l’attore. “C’è la contraddizione dell’etica anche in chi si arrangia per vivere, perché lui non è un criminale. Abbiamo lavorato su una figura paterna che anche quando potrebbe permettersi di vivere della ricchezza dei figli continua a uscire alle sei di mattina”. 

Nell’ ’85 Erry è adolescente e sente che la musica è la sua vita, si sente deejay, e prova a proporsi come tale, ma non è glamour, non è internazionale, in fondo ha “solo” il talento di conoscere a menadito la musica e sa ricamare insieme compilation dell’affetto musicale assicurato, tanto da accattivare le decine di concittadini del quartiere, e poi l’Italia tutta. 

La storia musicale, e quella “commerciale”, di Erry e dei fratelli si cuce con quella personale, intima, infatti conosciamo sulla scena le fidanzate, le mogli, la vita un po’ più vivace del fratello Angelo, dal riformatorio alla Lamborghini gialla dei tempi d’oro dell’etichetta “Mixed By Erry”: un’attività, la loro, non sfuggita all’interesse del contrabbando e poi della Guardia di Finanza, in particolare del capitano Ricciardi (Francesco Di Leva), incaponito soprattutto nel capire “chi” sia la talpa che da dentro la Rai passi a Erry i master delle canzoni di Sanremo, tanto da permettergli di mettere sul mercato i brani addirittura mentre il Festival è in corso. Il capitano è: “un personaggio complicatissimo perché in teoria era il buono, con un metodo intelligentissimo: ha capito il crimine ed è un difensore della proprietà intellettuale. Ma doveva diventare cattivo: siamo ricorsi ai baffi, ai tic, con un grande lavoro sul look. Non avevamo grossi riferimenti, lavoravamo su corde che arrivassero alla percezione dello spettatore”. 

La storia dei fratelli Frattasio è curiosa, vivace, a tratti tenera, certamente al limite della legalità, anzi dell’illegalità, ma questo aspetto da loro, così genuini, non era stato considerato, la lesione del diritto d’autore non era un tema per Erry: perché un deejay cosa fa, se non usare e mettere insieme la musica altrui? E lui si sentiva un deejay. 

Da Napoli alle bancarelle di tutta Italia, passando per Milano, capitale della discografia non cercata ma incontrata nella persona di Arturo Maria Barambani (Fabrizio Gifuni), AD di un’importantissima azienda e soggetto sempre presente nella top list dei manager di “Forbes”. Con lui, continua Sibilia, “volevamo raccontare la ‘Milano da bere’, fatta dei soldi come cosa fondamentale; una Milano non bellissima, ma non per quelli come il personaggio di Gifuni, per cui tutto era possibile. Abbiamo lavorato creando empatia”. La vendita di milioni di cassette vergini ai Frattasio è garanzia di un fatturato miliardario per la sua società, occupano “il 70% del mercato e stanno con noi”: a lui poco importa fingere di non sapere che di quelle musicassette ne sia fatto un uso improprio… seppur un moto quasi d’affetto, prima – e il salvarsi la pelle, poi – lo induca a informarli dell’attenzione che il fenomeno “Mixed By Erri” sta suscitando, nella discografia e nella GDF, adesso che l’etichetta occupa il 27% del mercato nazionale. “..fermati finché sei in tempo…” ammonisce Barambani – addirittura padrino della bambina di Erry, a cui porta in dono un Guttuso – “Ma tu pensi sia questione di soldi???”, ribatte il deejay, a conferma dell’essenza del film e della sua anima di uomo. 

Mixed By Erry esce al cinema, in 350 copie, dal 2 marzo distribuito da 01 Distribution. Per Matteo Rovere: “Mixed By Erry rappresenta il ritorno in sala di Sydney. La Napoli sullo schermo è il realismo ma anche l’aspetto favolistico del cinema di Sydney Sibilia. Da spettatore resto ammaliato da questo racconto con tante ambiguità, che ha la forza di inserirsi in un tessuto narrativo specifico con un affascinante sistema valoriale. E’ come un romanzo americano ambientato a Napoli: era un loro modo di trovarsi un posto nel mondo, senza l’avidità del denaro”.  

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