Mister Universo ha ottantasette anni, è originario della Guadalupe ma abita in Italia, nelle brumose pianure di Varallo Pombia, vicino a Novara. Il suo nome vero è Arthur Robin anche se è passato alla storia come “l’Ercole Nero”. È stato lui infatti il primo campione di colore a guadagnarsi il titolo più importante del body building, nel lontano 1957. E intorno a lui, alla sua fama leggendaria, dovuta alla sua abilità di piegare il ferro a man nude, l’italiana Tizza Covi e l’austriaco Rainer Frimmel hanno costruito il loro film Mister Universo, unica pellicola che parla italiano (la produzione però è austriaca) per l’edizione numero 69 del festival di Locarno, dove ha ottenuto la menzione speciale (ed è stato premiato anche a Marrakech e al Festival di Nouveau Cinema), ed ora arriva in sala, dal 9 marzo, con la neonata Tycoon Film.
“Conosciamo Arthur da moltissimo tempo – spiega Tizza Covi – il suo mondo, la sua storia ci hanno affascinato da subito. Così abbiamo pensato che appena ci fosse stata l’occasione lo avremmo coinvolto in un nostro progetto. Abbiamo fatto di più: abbiamo scritto un film in cui lui è il motore e il fine della storia e in cui vive come il simbolo di un mondo che sta scomparendo e che noi volevamo a tutti i costi raccontare”. Il mondo che sta finendo è anche quello di Tairo e Wendy, i due giovani artisti circensi che non si riconoscono più nel loro mestiere: Tairo è un domatore di tigri e leoni che fatica a lavorare (gli animali sono vecchi e stanchi, qualcuno è morto e non è più così facilmente sostituibile) e Wendy ha delle difficoltà con il suo numero da contorsionista per via di un problema alla schiena. La crisi per Tairo è tutta da attribuirsi alla sfortuna, che si convince di aver perduto insieme all’amuleto che tanti anni prima Mister Universo gli aveva regalato. Per Wendy invece la cattiva sorte dell’amico dipende dal malocchio. Affidatisi ognuno a modo proprio alla superstizione (“per Tairo la felicità è assicurata da un oggetto portafortuna, mentre per Wendy l’unico modo di aiutare Tairo lo indicano i tarocchi”, sottolinea la Covi) si mettono sulle tracce di Arthur, convinti di poter far cessare la mala sorte grazie ad un nuovo talismano creato da lui. “Il loro viaggio – aggiunge Frimmel – si trasforma così, inevitabilmente, in una spasmodica ricerca della propria identità, quella sì, davvero smarrita, in una società in cui per chi fa quel mestiere non si vede il futuro”.
Il tempo che non torna è incarnato da personaggi che rappresentano chiaramente la fine di un’epoca, come lo zio di Tairo, cantante di balera che rinnega il suo passato, o la scimmia che ha lavorato con Adriano Celentano ne La dolce vita, ma che ormai, anziana, vive appollaiata su una sedia mangiando noccioline. “Gli animali nel nostro film sono importantissimi – dice la Covi – simboleggiano un tipo di vita, quella del circo, che tra qualche anno non esisterà più; e infatti sono tutti stanchi e malandati. Volevamo fotografare questo mondo che si sta esaurendo e che da tempo seguiamo con grande interesse – non a caso abbiamo scelto ancora una volta di usare la pellicola, anche questa simbolo di un periodo finito per sempre. Tairo lo abbiamo conosciuto molti anni fa mentre giravamo La pivellina. Come facciamo con tutti i nostri personaggi, non lo abbiamo mai perso di vista e così appena si è presentata l’occasione gli abbiamo proposto di fare se stesso in questo film”.
Il confine tra finzione e documentario quindi, ancora una volta, per la coppia Covi-Frimmel è volutamente molto labile: “Il fatto di utilizzare spesso gli stessi volti per i nostri film ci aiuta ad eliminare la distanza tra la realtà e la macchina da presa. Diventiamo talmente simbiotici con i nostri attori che nonostante la presenza della cinepresa continuano ad essere molto naturali. E poi Tairo è perfetto: dice le cose sbagliate al momento giusto; come nella realtà sa essere molto simpatico ma anche molto antipatico”.
Tizza Covi ha svelato il suo prossimo progetto, che la vedrà ancora al fianco di Rainer Frimmel: sarà un film sulla vecchia criminalità viennese, quella fatta di gesti e romanticismi che non esistono più tra i delinquenti comuni. Tra i protagonisti, un attempato ex carcerato, che oggi canta nei locali notturni della capitale austriaca. Anche quest’opera sarà ovviamente girata in pellicola, secondo lo stile dei due registi.
Mister Universo uscirà nelle seguenti sale: Roma – Apollo 11, Cinema dei Piccoli; Milano – Beltrade; Firenze – Spazio Uno; Padova – Lux; Torino – Esedra o Classico; Spoleto – Pegasus; Pescara – Massimo; Porto Empedocle – Mezzano; Perugia – Postmodernissimo. A seguire: Genova, Verona, Teramo, Ancona, Campobasso, S. Arcangelo, Lanciano, Rovereto, Bolzano.
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