Mission: Impossible – Dead Reckoning Parte Uno è l’esatta rappresentazione di una “Tom Cruise Production”. Azione, adrenalina, e il nostro che non smette mai di correre. La formula è semi-perfetta e dopo aver salvato i destini delle sale con Top Gun: Maverick, Tom Cruise sembra averci preso gusto. La prima parte del grande finale dell’agente Ethan Hunt mantiene le promesse e per due ore e quarantatré passa tra Italia, Norvegia ed Emirati Arabi Uniti rendendo omaggio alla saga ma evitando il già visto. Anzi, è un piacere lucido, vivo, quello provato da un’intera sala in apnea per il destino dell’agente Hunt, lanciatosi da un burrone con la moto. La scena protagonista di poster e trailer è, sul grande schermo, tutt’altra faccenda. Tom Cruise ritrova Simon Pegg e Luther Stickell in un’avventura popolata da numerosi personaggi, che aggiungono al cast Vanessa Kirby e Hayley Atwell, quest’ultima parte di un intrigante teatrino con il nostro eroe.
In Mission: Impossible – Dead Reckoning Parte Uno Tom Cruise dà la caccia a una IA. Il grande pericolo per l’umanità – il più grande mai affrontato dall’agente Hunt – è rappresentato proprio da una intelligenza artificiale sfuggita al controllo del suo creatore e ora autocosciente. Da qualche anno il cinema spionistico si confronta con la minaccia di una guerra combattuta a suon di algoritmi e server, per sua natura invisibile e impossibile da terminare. Una meditazione che riflette il mondo ma anche lo stato dell’arte del genere, che non senza difficoltà potrebbe sopravvivere a una narrazione spionistica che non comprenda l’utilizzo di uomini sul campo e conseguenti scambi di pugni (anche Top Gun: Maverick bazzicava intorno al discorso). Per questo gli spy-movie sono costretti a depotenziare la minaccia inserendo elementi più classici e analogici, con cui il racconto possa sostanzialmente proseguire come sempre.
Mission: Impossible – Dead Reckoning Parte Uno non è da meno e nonostante il suo villain sia un immateriale insieme di 0 e 1, per sconfiggerlo e salvare il mondo serve recuperare le due parti di una chiave a incastro, classico MacGuffin che riporta il film su binari più noti. Binari alla Tom Cruise, che nella sequenza finale sui vagoni di un treno in corsa verso un burrone dimostra ancora una volta come spezzare il fiato allo spettatore. Il merito non è solo dell’attore. Cruise è il sigillo di una produzione che si mantiene alta in ogni comparto e per le intere due ore e quaranta di azione. Il nemico virtuale passa presto sullo sfondo, talmente ubiquo e potente da sembrare alla stregua di un nemico fantasy, animato da forze oscure. L’intelligenza artificiale è un occhio nevrotico, come Sauron de Il Signore degli Anelli. Ma nel film c’è spazio per tanti elementi caldi della contemporaneità, dalle criptovalute alle auto che si guidano da sole (con tanto di presa in giro), spesso inseriti forzosamente per legare la storia al tempo presente.
McQuarrie è regista e sceneggiatore, Cruise protagonista e produttore: insieme, a queste follie, ci credono davvero e alla fine finisce per cedere anche il pubblico, guidato da una lunghissima sequenza di inseguimento all’altra cercando sempre di mantenere chiara l’azione e credibile l’assurdità. La formula fatica a intercettare il coinvolgimento solo quando risulta evidente che, se il film avesse la fretta di esaurirsi all’interno del proprio svolgimento, molte scene avrebbero subito poderosi e corretti tagli. Ma questa è una parte uno e Tom si prende il tempo che vuole, e forse ha ragione lui. Perché è vero che la Fiat 500 gialla che derapa per Piazza di Spagna, dopo due minuti, potrebbe sterzare e tirare dritto portando avanti la scena, ma siamo più qui per quella derapata che per un’anonima chiave da recuperare per salvare il mondo.
La qualità del prodotto Cruise è ormai una garanzia. Fatto a dovere non è abbastanza e Mission Impossible – Dead Reckoning Parte Uno è disposto a gettarsi nel burrone per un istante di adrenalina.
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