Abbandonato il mondo frivolo de La fiera delle vanità , Mira Nair torna al suo cinema preferito quello che parla di India e di legami familiari. Stavolta la regista, 49 anni compiuti proprio ieri, ci racconta la storia di Gogol, giovane bengalese nato a New York da genitori emigranti, e del suo nome, anzi soprannome, datogli dal padre in onore dello scrittore russo che lui ritiene gli abbia salvato la vita anni prima in un incidente ferroviario. Non c’è solo la storia di una famiglia indiana naturalizzata negli Usa ne Il destino nel nome ma anche una sorta di testamento fatto di sentimenti, insegnamenti e non detto che tutti i genitori tramandano ai propri figli. Un’eredità per la quale la stessa regista li ringrazia (tramite voce over della protagonista femminile) alla fine del film. Presentato alla Festa di Roma nella sezione Prémiere, il film uscirà in Italia nella primavera del 2007 grazie a Fox Searchlight.
Cosa l’ha spinta a trarre un film dal romanzo di Jhumpa Lahiri?
C’erano delle similitudini con la mia vita. Ho letto il libro in un momento molto particolare, avevo appena perso una persona a me molto cara, una sorta di seconda mamma. E poi mi ha colpito l’ambientazione della storia che aveva New York e Calcutta come set naturali, due città che conosco molto bene e dove ho vissuto per anni.
Quali cambiamenti ha apportato in fase di sceneggiatura rispetto al romanzo?
Siamo rimaste molto fedeli al libro ma ci siamo prese delle libertà per caricare di senso certi avvenimenti. Ad esempio nel libro Gogol non si rasa la testa in un barbiere di Harlem. Mi piaceva invece che il suo gesto si vedesse in entrambe le chiavi di lettura. Ad Harlem ci si rasa solo per seguire la moda. In India lo si fa per rispetto a un defunto.
Nel suo paese ancora oggi molte unioni sono decise dal nucleo familiare. Che cosa ne pensa?
Personalmente non avrei mai potuto essere una candidata valida al matrimonio combinato. Non a caso il mio soprannome a casa è Ragazza pazzarella. Comunque non bisogna giudicare all’occidentale questo tipo di nozze. Le donne possono rifiutare i pretendenti che i loro genitori scelgono in base a background culturali. Visto che il matrimonio è un grande cambiamento nella vita delle persone perché non facilitare le cose mettendo insieme sposi con elementi in comune. Era anche questo che mi interessava raccontare nel film come 2 sconosciuti si conoscono e si innamorano.
Quindi le tradizioni in comune aiutano la riuscita di un matrimonio?
Il background può essere determinante. Tempo fa ero sposata con un americano e mi ricordo com’ero infelice durante le festività statunitensi. Una volta mentre stavo preparando gli hot dog per il 4 luglio mi sono guardata intorno e ho pensato ‘Ma che diavolo ci faccio qui?’ Lo stesso tipo di sensazione che ha Gogol quando nella villa dei genitori della sua fidanzata americana apprende la notizia che il padre è morto.
Come si è trovata a lavorare in paesi come l’India, gli Stati Uniti e l’Inghilterra?
Sono posti e situazioni molto differenti. In India ritorno un pò al mio primo amore cinematografico quello del Cinéma Verité: c’è caos ovunque e devo dargli una forma, negli Usa devo crearlo io il caos e non è sempre facile perché devo pagare per farlo visto che anche l’ultima testa che si vede sullo sfondo vuole essere stipendiata. In Inghilterra invece è tutto diverso: lì sono ancora un pò sconcertati che una donna, per giunta con i miei abiti, possa dargli degli ordini. Nell’industria di Bollywood le donne sono tantissime e occupano spesso posti di potere e responsabilità. Non posso dire lo stesso di Hollywood.
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