BERLINO – Non verrà a Berlino Michael Moore a causa di una brutta polmonite. Ma il suo nuovo documentario Where To Invade Next, già presentato a Toronto, è comunque uno dei beniamini del festival, tanto che si è dovuta aggiungere una proiezione supplementare per la stampa. Il regista di Flint, a causa della sua malattia, ha dovuto cancellare anche un tour promozionale negli Stati Uniti che avrebbe toccato 50 Stati con proiezioni gratuite, oltre a varie apparizioni tv, e si sa quanto tiene a pubblicizzare i suoi lavori, autoprodotti e militanti. Su Facebook si è rivolto ai suoi molti fans che lo reclamavano: “Cercare di rimettersi in salute e di ricominciare a respirare è già un grosso impegno”.
Anche noi gli facciamo molti auguri di pronta guarigione. Detto questo Where to Invade Next, che arriva a sei anni da Capitalism: A Love Story, ci è sembrato molto al di sotto delle aspettative. Esasperando il tono clownesco che fa parte della sua cifra stilistica, il sessantaduenne Moore viaggia per l’Europa – come se fosse in missione per il Pentagono alla ricerca di paesi da “invadere” pacificamente, armato solo della bandiera a stelle e strisce – e prende le cose migliori del vecchio continente. In Italia trova contratti di lavoro che prevedono ferie e permessi di maternità che gli americani neanche se li sognano e industrie modello dove i rapporti tra datori di lavoro e operai sono idilliaci (il tutto, a dire il vero, viene ridicolizzato attraverso interviste che ci fanno sembrare un popolo di vacanzieri e fannulloni, ma bisognerebbe spiegargli che queste tutele sono ormai in via di estinzione con la diffusione del precariato). In Francia si imbatte in mense scolastiche gourmet e bambini che non conoscono la Coca Cola e i cheese burger e preferiscono l’orata al cartoccio. In Germania ci sono lavoratori coinvolti nella gestione delle grandi aziende e insegnanti capaci di insegnare agli scolari a rielaborare gli errori del passato nazista per non ripeterli. In Islanda vige la piena uguaglianza tra i generi con donne nei posti di potere e banchieri che pagano per gli errori commessi. In Slovenia l’università è gratuita per tutti con lezioni in lingua inglese. In Norvegia il sistema carcerario è all’avanguardia, i criminali possono nuotare e andare in bicicletta e vivono in una specie di villaggio vacanze, mentre le guardie non sono neanche armate. in Portogallo il possesso di droghe per uso personale non è perseguito e i poliziotti filosofeggiano contro la pena di morte. Persino in Tunisia – non fa parte dell’Europa ma tanto l’americano medio neanche sa dov’è – c’è del buono, ad esempio la capacità di protestare contro gli abusi del governo e la contraccezione e l’aborto garantiti dal sistema sanitario pubblico.
Tutte queste idee “geniali”, sottolinea Moore, sono idee germogliate proprio in America ma non vengono applicate in un paese dove ormai prevalgono l’odio razziale, l’individualismo e la ricerca sfrenata del profitto. Quello che gli sta a cuore, al di là dei toni farseschi e dell’ostentazione di ingenuità, è dimostrare che i soldi per la sanità pubblica e l’educazione sono soldi ben spesi e che in effetti se in Europa si pagano molte più tasse che negli Usa, i denari risparmiati vanno tutti alle assicurazioni private mentre chi non ha nulla è abbandonato a se stesso. Tanto più che il 59% della tassazione negli Stati Uniti serve a foraggiare le spese militari. Finalità meritoria ma stavolta l’autore di Fahrenheit 9/11 e Bowling for Columbine mette troppa carne al fuoco e finisce per buttare tutto in vacca, inoltre non sembra molto informato sulle cose di cui parla un po’ per sentito dire.
Il film, presentato in Berlinale Special, è già uscito negli Usa in 308 schermi con incassi al di sotto delle aspettative. In Italia lo vedremo 9,10 e 11 maggio.
Le date della prossima edizione del festival che chiude con un bilancio positivo con 337.000 biglietti venduti
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