Sembra un gioco numerico, e lo è in fondo, ma con un retrogusto d’inquietudine, più che ludico.
Fahrenheit 11/9, il nuovo documentario di Michael Moore in selezione ufficiale alla Festa del Cinema di Roma, cita se stesso (suo Fahrenheit 9/11 del 2004, Palma d’Oro a Cannes) cambiando solo un dettaglio, invertendo cioè l’ordine dei numeri presenti nel titolo, che se nel primo indicavano l’11 settembre, data della catastrofe delle Torri Gemelli, qui indicano il 9 novembre 2016, giorno in cui Donald J. Trump è stato eletto 45° presidente degli Stati Uniti d’America.
Michael Moore ci ha abituati alla polemica, alla critica, all’analisi, da Super Size Me (2004) sul “Dio” MacDonald alla malasanità di Sicko (2007), non suscitando sempre consenso corale per metodi, piglio, qualche lettura dietrologica, ma al contempo altrettanti furori di popolo fanno da sempre eco alle sue opere: così, tra consenso e dissenso, il sessantaquattrenne regista americano pone ancora uno sguardo critico sulla sua America, con questo documentario, la cui sottigliezza vive non tanto nella messa in discussione della presidenza in carica, quanto più in un’analisi “ex aequo” verso Democratici e Repubblicani, che Moore presenta come causa, parallelamente compartecipe, dell’attuale situazione politica.
Michael Moore ha presentato il suo documentario, ma anche se stesso e le sue opinioni, con un accenno agli amori cinematografici di adolescente – compresi quelli tutti italiani – in uno degli Incontri Ravvicinati della Festa, moderato dal giornalista Corrado Formigli.
Moore, come sta il cinema?
Sono molto preoccupato della situazione del cinema presente. Negli USA è diventato sempre più raro vedere film stranieri, anche nelle città più grandi, sempre più raro vederne dall’Italia, dalla Francia, dall’Africa. Nella mia città, Flint (una delle protagoniste del film) ho creato un’organizzazione per godere del cinema, perché credo sia la forma d’arte della gente e vada salvata: oggi la gente non si può permettere altro, partecipare ad un evento sportivo può costare oltre 100 dollari. È una forma d’arte che va protetta, il cinema. Sono cresciuto in una città che viveva di fabbriche, eppure ho avuto la possibilità, da ragazzino, di vedere film come Amarcord e Il conformista: a due generazioni di distanza non è più possibile, non si riesce più a vedere come si vive dall’altra parte del mondo, questo porta ignoranza e inconsapevolezza, porta poi a decisioni prese su queste basi. Voi italiani impegnatevi a fare film di grande arte, così come ha fatto il cinema italiano negli ultimi 100 anni: più arte e meno schifezze. Il cinema diventa per molti l’unica porta verso il resto del mondo.
Con riferimento a Fahrenheit 11/9: dopo Trump, il mondo rischia di dover rimpiangere Bush?
Due disastri, Bush e Trump. Considererò sempre, sempre, sempre, Bush un responsabile di crimini di guerra: ha attaccato un Paese, l’Iraq, che non ci aveva fatto assolutamente nulla. Bush e Trump hanno perso le elezioni: se il nostro Paese fosse democratico ora al governo ci sarebbe la Clinton. Una battaglia che sarebbe dovuta essere combattuta già 16 anni fa, quando in realtà vinse Gore su Bush.
Il film sceglie un linguaggio radicale. Fa parlare Hitler con la voce di Trump, pensa sia un neonazista?
Nel film dico che Hitler è Trump. Hitler parla, nel senso che muove le labbra, ma è la voce di Trump che esce dalla sua bocca. Mi piace la satira, poter ridere: dico che va preso molto seriamente il problema, ma sono stato ospite in queste ore da Diego Bianchi ‘Zoro’, da Sabina Guzzanti, e voi avete una sana satira nel vostro Paese, può essere potente ed efficace. La Germania degli anni ’30 era un Paese intelligente e liberale, ma poi tutto è cambiato molto velocemente: la democrazia non ha in sé un meccanismo autocorrettivo.
Il 22 agosto 2016 ‘Time’ mise in copertina la faccia di Trump che si squagliava: un errore di lettura, poi, di tutte le principali testate internazionali. Perché?
I media hanno concorso al crollo degli Stati Uniti, nell’istupidirli. La stampa lo ha sostenuto, amato, stupidamente: una grande delusione questa stampa. Il problema è che i media vivono nella loro bolla, non vanno per strada con la gente, raccontano le bugie che i politici raccontano loro. Oggi c’è qualche cambiamento, qualche conduttore tv lo dice, ma fino ad ora non era così, lo hanno adorato perché era intrattenimento da gossip. Sono arrivati al punto di chiamarlo affettuosamente ‘Il Donald’. Tutti, anche le persone di sinistra, ridevano all’ipotesi della sua candidatura, mentre io dicevo che non stava scherzando, e tutti deridevano anche me. Se si chiudono le biblioteche, se non si permette ad uno studente di frequentare l’università gratuitamente, se si consente alle multinazionali di controllare i media e lì si raccontano cose che attirano la stupidità di tutti noi, si rincretinisce una nazione, e si finisce a eleggere gente come Berlusconi, Salvini… ci deve essere una spiegazione a questo.
Donald J. Trump: perché la gente gli ha creduto?
Credo che sia una notizia arrivata in questa maniera da questa parte del mondo, ma non è corretta. È stata la Clinton ad avere il maggior numero di voti dalla classe operaia: Trump ha avuto voti da coloro che hanno reddito da 50.000 dollari annui in su, Trump ha avuto il voto dei bianchi, 53% donne e 64% uomini. Possiamo dire che però, forse, questi sono gli ultimi giorni del dinosauro morente, dell’uomo bianco che ha sempre preso le decisioni per il nostro Paese.
Trump sta dimostrando incompetenza ma il consenso perdura. È colpa della sinistra?
Sono 5 giorni che sto qui in Italia e ho guardato molta televisione italiana. L’italiano non lo parlo ma le immagini le vedo: quando i ricchi prendono il possesso dei media hanno interesse che le persone non prendano coscienza, non vedano cose, gli danno l’intrattenimento puro. Trump è un grande attore della performance, è bravissimo: le persone lo amano per questo, esattamente quello che ho visto anche qui in Italia. Guardano Salvini, Di Maio, li trovano d’intrattenimento, ma così non è: in parte è colpa della sinistra, che ha lasciato accadesse. In USA, come forse qui, la sinistra ha pensato che per essere ‘di sinistra’ fosse meglio essere ‘di sinistra ma un po’ meno di sinistra’, più ‘di centro’. Un errore fatto dai liberal, che adesso si paga: gli operai votano Salvini o Berlusconi perché si mostrano come sono, senza filtro, soprattutto nella loro pochezza, e la gente pensa ‘sono come noi’.
Cosa si aspetta dalle elezioni di Medio Mandato in USA?
Non so cosa succederà. La ainistra è depressa. Se la gente, decine di milioni di donne e giovani, andrà a votare, Donald J. Trump si distruggerà.
Gli Stati Uniti hanno però avuto un presidente come Obama, anche se nel film lo presenta in una situazione contraddittoria, proprio nella sua città, Flint, afflitta da acque mortifere. Che presidente è stato?
Ho votato due volte per lui. Viviamo in un Paese razzista, ma la prima volta che l’ho votato nel 2008 c’era scritto Barak Hussein Obama sulla scheda elettorale, anche se molti leader gli proposero di scrivere ‘Berry’. Davanti a questa scheda mi si sono riempiti gli occhi di lacrime. Ero commosso perché non avrei pensato di votare mai per una persona di colore. È stato un momento di grande speranza: la gente ha pensato che, nonostante fosse una persona di colore, potesse fare del bene al Paese, la gente aveva superato il proprio razzismo in nome del bene del Paese. Un mese dopo le sue elezioni ha preso due persone di Wall Street dandogli in mano l’economia americana, uno sconcerto: ha fatto cose molte positive, ma ha anche commesso parecchi errori, che hanno concorso alla sconfitta della Clinton. Bevendo l’acqua inquinata di Flint, come mostro nel film, è andato contro le persone, avallando le grosse multinazionali che volevano guadagnare costruendo il secondo acquedotto. La gente non è andata a votare per Trump, ma non è proprio andata a votare e così la Clinton ha perso. Se i partiti di sinistra non mantengono i loro valori la gente li abbandona. Nel 1990 qui a Roma, alla promozione di Roger&Me, venni intervistato da un quotidianista de ‘L’Unità’: fu sorprendente sapere che vendeva 1 milione di copie al giorno, non avrei mai pensato potesse accadere per un giornale comunista, così mi sembrava un Paese ‘fico’. La sinistra deve decidere cosa fare, ri-impadronirsi del partito.
Ha mai pensato, o le hanno mai proposto, di candidarsi in politica?
A 18 anni sono stato eletto componente del consiglio per l’istruzione nella mia scuola. Bisogna incoraggiare voi a candidarvi, come le persone negli USA, perché siete molto più intelligenti dei politici che oggi ci guidano.
Può peggiorare l’America?
No. Trump è il peggio:, se avrà successo sarà in carica fino al 2025, tempo sufficiente per distruggere la democrazia.
E se pensa all’Europa e all’Italia?
Salvini è un razzista. Capisco la situazione difficoltosa dell’Italia in tema di immigrazione, e mi spiace che il mio Paese non faccia di più. Credo che in Italia ci siano persone capaci e intelligenti che saprebbero come affrontarla e gli stessi italiani dovrebbero iniziare a definirlo per quello che è, Salvini: una persona bigotta, contrario all’omosessualità, al matrimonio omosessuale, ma lui dovrebbe capire che l’amore è amore a prescindere dal sesso. Il mio consiglio a lui è: ‘non ti sposare con uno del tuo stesso sesso, ma lascia farlo a chi vuole farlo’. Parlando di Bennon penso sia un genio, non sottovalutatelo. Gli si dovrebbe opporre resistenza da parte dell’Europa.
Michael Moore ha concluso con un afflato d’affetto per l’Italia: “Voi avete dato tantissimo al mondo, a me: il grande cinema, l’arte, il teatro, ma non solamente. Il sistema sanitario italiano non ha quasi pari, per esempio. Quando sono venuto qui 30 anni fa per la prima volta ho messo in bocca un pomodoro italiano: un’esperienza eccezionale. Il pomodoro è nostro, degli indiani, ma è vostro: la cura che mettete voi nelle cose è straordinaria. Siete capaci di fare, non rinunciate, vi imploro: “tornate a essere l’Italia. L’Italia! Be Italy again!”
Il film Fahrenheit 11/9 esce nei cinema italiani il 22, 23, 24 ottobre, distribuito da Lucky Red.
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"Questo film contiene un desiderio - ha detto De Angelis commentando il premio vinto alla Festa di Roma - ed è il desiderio di fare un regalo a chi lo guarda"
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