Micaela Ramazzotti: “Viva le nostre nonne, ragazze dal cuore grande”


“E’ l’emozione che mi ha fregato, quell’emotività che ti arriva con l’età. Vedere il film con Lelio Luttazzi mi ha davvero emozionato e commosso”. Pupi Avati è appena tornato a casa dal Policlinico Umberto I e parla al telefono con l’Ansa. Due giorni all’ospedale proprio alla vigilia della prima del suo nuovo film, Il cuore grande delle ragazze, qui al Festival di Roma in concorso. Ma non è stato il cuore a giocare questo brutto scherzo al regista bolognese, che con i suoi 73 anni continua a realizzare un film l’anno insieme al fratello Antonio, produttore. “Ho avuto una specie di blocco intestinale che ho creduto infarto, anche perché 23 anni fa mi era capitato davvero”, spiega in attesa di apparire sul red carpet accompagnato dal suo medico e dai suoi tanti attori, tra cui i protagonisti Micaela Ramazzotti e Cesare Cremonini.

 

L’infarto invece viene davvero a un personaggio del suo nuovo film, Adolfo Vigetti (Andrea Roncato), un mezzadro donnaiolo che “dà” suo figlio (Cremonini) alla famiglia del proprietario terriero Sisto Osti (Gianni Cavina) in cambio di un rinnovo decennale del contratto. Carlino, seduttore e bellimbusto, dovrebbe impalmare una delle due figlie di Osti, zitelle a oltranza, ma rimane folgorato dalla figlia della seconda moglie dell’uomo (Manuela Morabito), una romana senza peli sulla lingua che ha portato in dote a Osti la ragazza, avuta anni prima e allevata a Roma dalle suore. Bellissima anche se un po’ ingenua e molto ruspante. La vicenda, romanzesca come non mai e arricchita di tante storie collaterali, va avanti fino alle nozze, che prima non si celebrano perché il prete è in ospedale a operarsi di tonsille, e quindi non vengono consumate perché Carlino, come il lupo del proverbio, non ha perso il vizio…

 

“Ma Francesca – spiega l’attrice rivelata da Virzì (che sarebbe diventato suo marito) – è una ragazza ostinata e burrascosa che nasconde un cuore grande, come ogni donna di quell’epoca, e riesce a mandare giù il boccone amaro del tradimento, mentre io oggi, se mio marito mi tradisse, lo ammazzerei”. Per Micaela lavorare con Avati, che definisce senza timore di usare l’iperbole “il più grande romanziere di tutti i tempi”, era un sogno e forse un destino. “Ho iniziato proprio con la DueA, facendo un piccolo ruolo in un film prodotto da loro, La prima volta di Massimo Martella. Poi ho fatto un’apparizione nella Via degli angeli, pedalavo e suonavo la trombetta facendo perepè e riuscivo anche a sbagliare, ma lui mi ha voluto lo stesso”.

 

Anche col bolognese Cesare Cremonini, ex Lunapop molto amato dalle ragazzine, l’approccio ha un sapore di leggenda. Come tutto nella factory Avati. “Un anno fa, quando mi ha chiamato, ho pensato a uno scherzo… Con lui avrei fatto anche il terzo arciere, invece mi voleva protagonista. E’ stato come fare il primo esame della mia seconda laurea, adesso vediamo i risultati e poi magari continuerò a recitare”. Del suo Carlino dice che è un tontolone. “Pupi mi aveva notato in un programma di Victoria Cabello, gli era piaciuta la mia spontaneità emiliana. E poi il personaggio è un latin lover e io avevo scritto una canzone su questo argomento e anch’io piaccio molto alle donne”. Il film, che è coprodotto da Medusa e andrà in 250 sale dall’11 novembre, è girato a Fermo e nella campagna marchigiana. “Anche per uscire dal cliché di Bologna – spiega Antonio – ormai in città quando vedono una troupe dicono ecco il solito Avati… Così abbiamo fatto il Bar Margherita sotto i portici di Cuneo e stavolta raccontiamo un’Italia padana, da favola. A Cinecittà ci eravamo un po’ montati la testa con le costruzioni inutili”.

 

Qui tutto è una favola, dall’ambientazione ai caratteri dei personaggi (stonano non poco, però, alcuni volti ritoccati dal chirurgo). Una favola dove anche il fascismo è pura evocazione, come nella vicenda dell’amante di un presunto cugino del Duce che poi si ritrova a fare la cameriera in un albergo termale. Un mondo sparito, guardato con nostalgia canaglia? “Anche oggi ci sono ragazze che sognano un marito – dice Cremonini, figlio di un medico classe 1924 – anzi, con la crisi c’è bisogno di certezze e il progetto di una famiglia può rassicurare, perché l’unione fa la forza”. Mentre per Micaela: “Siamo figli di tante cose, il femminismo e la voglia di indipendenza ma anche le nostre nonne che sopportavano in silenzio per tutta la vita”. Nel film usa la parlata romana calcando molto sull’accento. “Non mi sono ispirata a nessun modello preciso, neanche a Monica Vitti, ma certamente sono figlia del grande cinema e quanto alla Vitti, senza conoscerla sento di volerle un gran bene e le faccio tanti auguri per gli 80 anni”.

 

Costato meno dei film precedenti, anche grazie all’apporto della Regione Marche, Il cuore grande delle ragazze rientra a pieno titolo nell’album di famiglia del regista. Che se spesso si è ispirato alla sua mamma, stavolta è andato ancor più a ritroso, attingendo ai suoi nonni. Musiche di Lucio Dalla, compreso un duetto al clarinetto con Pupi. E in sala per la premiere dovrebbe esserci anche il ministro Giancarlo Galan.

 

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01 Novembre 2011

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