Maya Sansa tra Sartre, Einstein e la boxe


Fuori dalle cordeTra Jean Paul Sartre e Albert Einstein, per Maya Sansa il 2007 è l’anno delle biografie dei mostri sacri. In Francia ha girato da tempo il film per la tv Sartre, l’âge des passions di Claude Goretta, ritratto del padre dell’esistenzialismo negli anni tra la guerra in Algeria (1958) e il rifiuto del Nobel nel 1964. Attorno a lui e Simone de Beauvoir, due giovani, Sansa e Frederic Gordy, stregati dal carisma della coppia. Dal 20 agosto l’attrice sarà sul set con Liliana Cavani e Giovanni Ribisi, pronta a calarsi nel ruolo di Mileva Maric, moglie di Einstein che, sembra, ebbe un ruolo chiave nelle ricerche che portarono alla rivoluzione della relatività. Sarà il ritorno al cinema italiano (produce Claudia Mori per Rai Fiction con doppia destinazione, tv e sala), dopo una fase francese complessa ma ricca di opportunità: un film con Jean Paul Salomé (Belfagor) e la pellicola d’esordio La Troisième partie du monde di Eric Forestier. L’abbiamo incontrata a Locarno, dove è in gara nella competizione internazionale con Fuori dalle corde di Fulvio Bernasconi, produzione svizzera sostenuta da Rai Cinema ma ancora senza distribuzione italiana. In una Trieste durissima e malinconica, Maya Sansa è Anna, sorella di Mike (Michele Venitucci), pugile finito nel giro selvaggio dei combattimenti clandestini.

Maya, ci parli del ruolo nel film di Liliana Cavani.
Mileva Maric era una giovane fisica del politecnico di Zurigo. La sua presenza stravolse la vita di Einstein e diede uno stimolo enorme alla sua ricerca. Sembra che fosse lei a fare i calcoli, come se lui fosse più un fisico teorico, lei una matematica. Il film rivaluta il ruolo di Mileva. Insieme ebbero due figli, di cui uno diventò schizofrenico.

Qual è la sfida più grande che l’attende?
Forse la scena in cui, dopo parecchio tempo, si ritrovano. Mileva ha 70 anni. Sarà durissima dare credibilità a una donna di quell’età.

Passiamo al film che presenta a Locarno.
Quando mi è arrivata questa proposta ero a Parigi, un po’ sotto un treno. Un regista che avevo aspettato a lungo mi aveva scaricata. Nel film di Fulvio c’era Michele Venitucci, che è un caro amico. Il personaggio di Anna, una donna in lotta per uscire dalla povertà, mi è piaciuto subito. Vive per Mike, lo forza a realizzare il suo sogno. Si sostituisce alla madre e alla fidanzata. Uno slittamento di ruoli che ho trovato stimolante. Nei personaggi mi concentro su particolari per non perdermi nelle emozioni. Nel caso di Anna è l’accento istriano che mi è molto caro perché mia nonna era della zona.

Che cosa è successo nella fase di distacco dall’Italia?
In Francia attendo la trasmissione del film su Jean-Paul Sartre. Poi ho girato un bel film con Salomé sulla Seconda Guerra Mondiale raccontata dal punto di vista delle donne. Recito accanto a quattro attrici, con Sophie Marceau protagonista. Io sono una giovane e ricca ebrea milanese. La mia famiglia viene deportata. Spero di rintracciarli e mi unisco al servizio segreto di Churchill. Infine c’è la Troisième partie du monde, un film originale, astratto, dalla dimensione un po’ surreale e qualche elemento di fisica. Il malessere trasforma una donna, in una sorta di buco nero. Risucchia le persone, tra cui mio marito che diventa invisibile.

Come vede il cinema italiano in questo momento?
Come un grande punto interrogativo. Si tende a fare clan e a offrire ruoli troppo simili. Forse accade anche negli altri paesi ma da straniera mi sembra che le opportunità siano maggiori.

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05 Agosto 2007

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