Matteo Oleotto: Battiston tra vino e osmize del profondo Nord

'Zoran il mio nipote scemo', esordio del friulano Matteo Oleotto, in concorso alla Settimana della Critica, è una divertente e ironica commedia che verrà distribuita dalla Tucker Film


VENEZIA. “Il vin fa alegria / l’acqua xé il funeral / chi lassa il vin friulan / xè proprio un fiol d’un can”. Così si canta in una osmiza, una di quelle tipiche osterie della provincia di Gorizia e dintorni dove lo scorbutico e comunque simpatico Paolo (Giuseppe Battiston) ozia col vino, rosso o bianco non importa, e vagabonda dopo aver terminato il lavoro, sopportato a fatica, di inserviente in un centro anziani.
In concorso alla Settimana della Critica con altri 7 titoli, Zoran il mio nipote scemo, esordio del friulano Matteo Oleotto, è una divertente commedia ironica, a tratti comica, sotto un cielo plumbeo che ricorda la malinconia di certi film di Carlo Mazzacurati nella bassa veneta.

Paolo, una moglie che l’ha lasciato (Marjuta Islamic) per un marito più affidabile (Roberto Citran), sbarca il lunario tra bevute, bugie e fughe dai controlli della polizia per l’alto tasso alcolico al volante. Quando all’improvviso in quell’esistenza solitaria e disordinata arriva un’insolita eredità di una vecchia zia morta nel vicino paese sloveno: uno strano e goffo nipote che ha imparato un italiano letterario su due romanzi sconosciuti. Zoran, con la sua caparbietà e candore adolescenziali, con il suo buon senso, si rivela per Paolo un amico inatteso, un figlio adottato che costringerà il disordinato Paolo a rimettersi di tanto in tanto in carreggiata.

Zoran il mio nipote scemo, che verrà distribuito da Tucker Film, è la prima produzione cinematografica interamente realizzata in Friuli Venezia Giulia. A realizzarlo la società goriziana, Transmedia, insieme alla slovena Staragara, con il contributo del Fondo Regionale per l’audiovisivo FVG e con il supporto di Eurimages, MiBAC.

Dopo aver vissuto a Roma, lei è tornato a fare il regista nella sua terra, il Friuli Venezia Giulia. Come mai?
Oleotto. Perché l’affitto di una casa costa meno… In verità la mia terra non l’ho mai abbandonata anche se me sono andato 13 anni fa per frequentare nella Capitale il Centro sperimentale e ho lavorato molto per la televisione. La distanza mi ha consentito di vedere quell’ambiente così familiare con distacco, con uno sguardo dall’alto e dunque non ravvicinato e sviato dal particolare. Una terra che amo follemente, spesso narrata da chi è esterno. Ho voluto raccontare la sua intimità, i suoi abitanti in un’atmosfera che è un valore aggiunto.

Quando e come è nato il film?
Battiston. E’ il frutto di un lavoro meticoloso nel tempo. Io e il regista abbiamo cominciato a pensare questo progetto quattro anni fa e la sceneggiatura ha conosciuto nel tempo diverse revisioni. Avevamo ben chiare le tipologie umane come quella di Paolo che è diffusa non solo nella nostra realtà, ma più in generale in quelle comunità rurali e contadine dove spesso s’incontra un elemento che tende a farsi notare.

Chi è il suo Paolo Bressan?
Battiston. Un balordo e un egoista ed è fiero di esserlo. Solo che all’improvviso gli viene la nostalgia della sua ex moglie. Un personaggio della cui pochezza si ride di riflesso. Ho dato vita a un personaggio molto discutibile che cerca di approfittare di Zoran, un ragazzo bizzarro, un orfano sveglissimo.

Lei sembra a suo agio nel suo personaggio, le viene naturale.
Battiston.
Metto in scena un personaggio verosimile con i suoi sentimenti e che fa parte di una comunità rurale che si ritrova a casa di qualcuno che vende direttamente il vino che produce, dove si gioca a carte e si trascorre il tempo in compagnia.

Come ha evitato il rischio del grottesco, della macchietta? Battiston.
Utilizzo il fisico che la natura mi ha dato con questo corpo, posso far ridere e far piangere. Non mi sento un caratterista, cerco sempre di affrancarmi da questo ruolo che nel cinema americano costituisce un punto d’arrivo e in quello italiano è invece una prigione.

Nonostante il film sia caratterizzato regionalmente, non si parla il dialetto.
Oleotto. Sì, ho preferito solo conservare la cadenza tipicamente friulana. Il film è un tentativo di parlare di una zona di confine, nascondendo i confini. Una terra poco conosciuta, attraversata rapidamente da coloro che se vanno in vacanza in Croazia. Una terra di minoranze, dove si parlano diverse lingue e dialetti e dove la diversità è una ricchezza.

Come ha scelto l’interprete di Zoran?
Oleotto.
Tra il Friuli e la Slovenia ho fatto per due mesi i provini di quasi 500 ragazzini, con l’ansia di sentirmi ripetere “Se sbagli la scelta dell’attore per il ruolo di Zoran, sbagli il film”. Rok Prasnikar è al suo debutto e non parla una parola di italiano.

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03 Settembre 2013

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