Mastroianni, l’uomo che sta dietro al divo

I soldi, i viaggi, le cose e le paure: quattro aspetti per capire il Marcello dietro Mastroianni, avvicinandoci sempre più al centenario della sua nascita


L’uomo dietro il divo. Marcello dietro Mastroianni. Scopriamo qualche aspetto privato di questo immenso attore attraverso passioni e idiosincrasie, amori e odi, piccole curiosità e stralci di pensiero.

I soldi

Non ho mai dato peso al denaro. Ho speso sempre tutto. Ho avuto gli anni in cui compravo case in modo frenetico: a Madrid, a New York, a Londra, a Parigi, in montagna, al mare, in campagna”. Marcello Mastroianni lo racconta a Enzo Biagi nel libro-intervista La bella vita. Gli confessa che, pur senza mai aver studiato architettura, ha sempre avuto una fissazione per gli immobili, per il mattone. Non che gli interessassero gli affari, questo no. Non acquistava per speculazione, ma per il piacere di avere un nido in cui rifugiarsi, un luogo da considerare proprio.

Aveva un rapporto laico col denaro, una certa leggerezza nel trattarlo e nello spenderlo. In più di un’occasione confessa che non ha mai avuto il libretto degli assegni e quando comprava liquidava la transazione con la frase: “Mandate il conto agli avvocati”.

Si diceva irresponsabile perché irrazionalmente convinto che avrebbe lavorato per sempre. In effetti è stato profetico: fino alla fine ha continuato a calcare i palchi e a riempire della sua luce gli schermi cinematografici.

“Pensa ad Anna Magnani che a un bel momento: niente. Le mode cambiano all’improvviso, dalla sera alla mattina. Hai voglia a dire: È bravo. Non servi più. Mi raccontavo una favoletta. Dicevo: Questo è un mestiere assurdo e meraviglioso. Non vorrei che un giorno, a mezzanotte, arriva una fatina – din-dan-dan – o qualcuno per lei che ti dice: Be’, adesso è finita. Devi ridare tutto indietro”.

La fatina non è mai arrivata, ma il fisco sì. Ammette con candore, sempre nel corso della stessa intervista, che a un certo punto della sua carriera, intorno alla metà degli anni 70, si è trovato quasi con 400 milioni di tasse arretrate. Lui nemmeno lo sapeva, non ci badava anche se sapeva di non aver imbrogliato nessuno, di non essersi intenzionalmente sottratto ai suoi dovere. Perse ogni cosa. Tutto pignorato, perché non aveva una tale somma per appianare la voragine. Dovette lavorare di più, accettare film che lo pagavano bene e grazie anche all’aiuto di alcuni suoi amici riuscì a riscattare ciò che gli era stato portato via.

“Morale: ho sempre speso tutto. Avrei potuto impiegarli in cose più nobili, aiutando i poveri: ma non mi è neppure passato per la testa. E non sono tirchio, anzi: il contrario. Il mio avvocato dice: Questo ha le mani bucate”.

I viaggi

Marcello si è sempre vantato di fare una vita priva di sensazionalismi, altro che “dolce” nel senso felliniano dell’aggettivo. Certo non gli si crede facilmente: ai nostri occhi ammirati è sempre apparso un cavaliere del glamour, un vero divo capace di attraversare la storia del cinema con eleganza e facendo un percorso scintillante tra party alla moda, donne di inarrivabile bellezza e set esotici. Eppure lui ha ostinatamente continuata a ripetere, a chi glielo chiedeva, che conduceva un’esistenza da impiegato e che lo svago vero arrivava quando gli proponevano film che lo avrebbero obbligato a viaggiare.

“In genere chiedo: Dove si gira? Tra uno a Roma e uno a Civitavecchia preferisco quello che prevede riprese a Civitavecchia”. E anche quando gli capitava un brutto film, come ha sempre considerato Miss Arizona diretto da Pál Sándor nel 1987 , ci trovava un lato positivo proprio legato alla sua passione per l’esplorazione di altri luoghi. “A Budapest ho girato un brutto film, Miss Arizona, ma – caspita! – ho visto Budapest. Due mesi, quei palazzi, quel fiume. Il regista era ebreo, piccolino, una specie di diavoletto. A me sono simpatici”.

Le cose

Altra grande passione di Mastroianni furono le auto. Ne comprò tante nella sua vita. Ebbe una certa predilezione per la Lancia (di cui comprò numerosi modelli) e in particolare per una delle più lussuose: la Flaminia presentata da Pininfarina al Salone dell’Automobile di Torino nella primavera del 1955 e per molti anni vettura personale del geniale carrozziere. Mastroianni acquistò il modello coupé che era molto amato anche dal suo fraterno sodale Federico Fellini, tanto che divenne l’auto del personaggio di Guido Anselmi, l’alter ego del regista in 8 e ½, avventuroso manipolatore in crisi creativa, incarnato proprio da Marcello. L’inizio onirico di questo immenso capolavoro ci mostra proprio Guido imbottigliato in un traffico da incubo mentre è al volante di una coupé Pininfarina .

“Le automobili. Ne ho comprate tante. E rimpiango di non avere una grande fotografia dove sono ritratto accanto a tante auto come un cretino. Per i miei nipoti: “Guarda il nonno come era scemo, però che macchine. Ho avuto anche la Rolls-Royce, la prima che arrivò in Italia. Era una coupé quattro posti. Bellissima. E ho avuto anche un taxi inglese. È formidabile: gira su se stesso. Avrei voluto anche l’enorme limousine che usa la famiglia reale: troppo grande per certe strade. Proposi alla fabbrica di tagliarla, ma mi risposero che non era previsto. Ci rimasi male.»

Macchine, case e… quadri. Un altro tassello del Mastroianni e le cose. La sua collezione di tele era degna di uno di quei musei per cui la gente fa file enormi per bagnarsi gli occhi nella bellezza e nella grandezza. Possedeva opere di Max Ernst e di Magritte. Per non parlare di  Morandi, Savinio. E nientemeno che Bacon. E quando la scure delle imposte arretrate e non pagate si abbatté su di lui dovette venderli tutti. Lasciandolo piuttosto mortificato e desolato.

La grandezza di Mastroianni è sempre stata la sua trasparenza, anche se si definiva, al pari di Fellini, un gran bugiardo. E così giustifica la sua passione per le “cose” quando gli dicevano: “Lei ha una villa, ha il personale, ha le auto, ha lo yacht”. “Sono un divo, devo averli”.

Le paure

Le passioni da una parte. E le paure, le idiosincrasie dall’altro. Cosa temeva Mastroianni? Soprattutto la morte, perché amava follemente la vita, in ogni istante, sotto ogni forma.

“Io amo la vita, anche quando mi ha offerto non solo il successo, gli amori, quando ho pagato il conto con vere e proprie sofferenze: la morte di persone care, la fine, in maniera un po’ dura, di certi rapporti, certe mie insufficienze. Sono contento di vivere, proprio mi piace. Dico sempre a Quello dalla barba bianca: Lasciami perdere. Che ti importa? Decido io quando voglio morire”. confessa a Biagi nello stesso libro (La bella vita).

Mastroianni aveva anche paura dell’acqua. Della montagna, tanto che proprio non sopportava l’alpinismo e chi lo praticava, perché non solo faceva rischiare loro la pelle, ma pure a quei “poveretti” che dovevano andare a salvarli.

Lo spaventavano le altezze, il vuoto e lo irritavano anche i paracadutisti, altri “mezzi matti” che si facevano beffe della vita mettendola a repentaglio.

Però per sua fortuna aveva imparato a gestire gli aerei, tanto che dice: “Una volta, per andare a Cannes, presi un aeroplanino che si perse nella tempesta e riuscii lo stesso a dormire: come dorme un soldato in trincea. Ma quello resta l’unico rischio che abbia affrontato nella mia vita: non ho mai avuto esperienze eroiche e non voglio averne”.

Ecco si può dire tutto su Mastroianni, ma non che fosse un eroe. “Sono l’antieroe per eccellenza”, ha detto in più di un’occasione, fiero.

Orgoglioso, per esempio, di non aver mai fatto il soldato. Gli metteva angoscia trovarsi davanti alle armi e non ha mai partecipato in tutta la sua vita a una manifestazione di piazza. Non tanto perché la folla lo irritava, ma perché lo assediava il pensiero che potesse partire una pallottola per sbaglio e di rimbalzo potesse toccare proprio a lui.

La violenza lo disgustava in ogni sua forma: “Qualche volta ho fatto a pugni. Non m’è piaciuto e ho chiesto scusa alla persona cui le avevo date, o da cui le avevo prese”.

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01 Aprile 2024

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