Dal 1° aprile Massimo Corridori è in pensione. E non è uno scherzo come sottolinea lui per primo. Storico rappresentante della UIL fin dagli inizi della sua carriera a Cinecittà, cominciata nell’aprile del 1985, Corridori è uno degli elettricisti che hanno contribuito a realizzare moltissime delle grandi produzioni degli studios romani. Ma soprattutto è stato al centro di grandi trattative sindacali alcune delle quali destinate a cambiare Cinecittà e il destino di chi ci lavorava. Un passato nelle fila dei metalmeccanici sia come lavoratore che come RSU, al suo arrivo a Via Tuscolana 1055 ricorda di aver trovato una struttura sindacale molto vecchia non più in grado di avere un rapporto proficuo con l’azienda.
“Ci si limitava a un dialogo superficiale in cui si presentava una specie di lista della spesa che riportava richieste e costi. Non c’era nessuna progettualità, nessuna idea riguardo a modi di produrre o elaborare strategie attrattive – spiega Corridori – Inoltre l’età media dei lavoratori era elevata e non si era iniziato a pensare al dopo, a quando cioè quelle maestranze sarebbero andate in pensione. Non si intravedeva che era necessario pensare all’imminente cambiamento”. E’ in quel momento, sul finire degli anni ’80, che grazie a un grande accordo sindacale congiunto, cui lavora anche lui, che Corridori viene stabilizzato assieme a un centinaio di altri lavoratori in grado di affiancare le storiche maestranze ed ereditarne la sapienza. “In questo modo abbiamo scongiurato che un vero tesoro legato ai saperi di mestieri come sviluppo e stampa della pellicola, cinefonico e in particolare le costruzioni scenografiche andasse perso e con esso una parte importante dell’unicità di Cinecittà. Da allora si può dire che io, assieme agli altri sindacalisti dell’epoca, abbia incarnato una sorta di alter ego dell’azienda che interveniva quando la dirigenza di Cinecittà deviava da quella che doveva essere la sua mission”.
Cosa che sente di dover fare nel 1997 quando con la creazione della società privata Cinecittà Studios si avverte una visione diversa degli studios. “Con la privatizzazione gli obiettivi erano cambiati e si cominciava a sentire parlare di aperture di multisala. La nuova dirigenza non si voleva confrontare con il passato, anzi lo voleva mettere da parte. In questo quadro si inizia anche a parlare di costruire un parco a tema: l’ennesima deviazione dal nostro core business”. Nel 2012 la situazione si fa più delicata: iniziano 85 giorni di sciopero e occupazione con un presidio appena fuori dalle mura di Cinecittà. “Non c’era solo la volontà di licenziare ma anche di svilire i lavoratori che sarebbero rimasti: si pensava a creare un comparto ludico non più a contribuire a fare cultura – ricorda Corridori – Abbiamo allestito un presidio fuori dal sito: siamo riusciti a obbligare il mondo politico a guardare cosa stava accadendo e cosa la società privata voleva fare. Siamo stati ricevuti al Quirinale, dalla Camera e al Senato, abbiamo girato l’Italia per prendere parte a momenti di incontro utili. Molti colleghi ricordano ancora quando siamo partiti in pullman alle 3,30 di mattina per andare al Lido di Venezia mentre si svolgeva il festival. Siamo arrivati con 200 metri di moquette per il tappeto rosso e alcune colonne delle nostre scenografie: abbiamo creato un red carpet alternativo per portare dinnanzi a tutti la crisi che vivevamo. Abbiamo prodotto piccoli oggetti come magliette e ciak per autofinanziarci. Lanciato una sottoscrizione. La cultura con Citto Maselli e Ettore Scola in testa ci ha sostenuto, però è stata dura: io ho fatto 4 anni di solidarietà e nel frattempo presentavamo anche delle proposte. Come la strada degli scenografi, un’ipotesi di area riservata all’interno di Cinecittà agli atelier dei maestri della costruzione scenografica dove lavorare ma anche insegnare ai lavoratori di domani. Per ora resta ancora solo un’idea”.
Però quel ramo d’azienda ora è tornato in mano al pubblico. “Una riunificazione importantissima: in un mondo dove ci si confronta tra giganti essere dei moscerini non serve a niente. Ma ora è tempo di una nuova progettualità. Un obiettivo che metta insieme tutti i pezzi. La nostra lotta è stata vincente perché non ci siamo piegati all’idea di salvare il posto: 150 persone hanno dimostrato di lottare per mantenere in piedi un’azienda che non è solo il loro luogo di lavoro ma parte dell’identità di questo paese. Va dato atto al ministro Dario Franceschini che lo ha capito e che si è speso per Cinecittà sostenendo il piano di rilancio. Ora è cruciale che non venga meno l’attenzione su questo luogo: tutto deve concretizzarsi il prima possibile altrimenti i progetti invecchieranno con noi e il futuro immaginato resterà solo un sogno”.
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