MARINA CICOGNA


“Viva l’Italia!” aveva promesso Fremaux. E così è stato. Con il monumento-Fellini, che ha animato quasi ogni giornata di festival tra retrospettive, iniziative editoriali e persino battesimi (l’ultimo nato è il museo di Rimini). Con i produttori italiani spesso protagonisti, da Vittorio Cecchi Gori, che proprio qui ha tentato la rentrée, al pirotecnico Aurelio De Laurentiis, che oggi ha conquistato l’intervista di copertina su “Variety”. Con i film: dieci minuti di applausi per Pupi Avati, standing ovation per Giordana, affetto per le opere prime di Quatriglio e Gabbriellini. Con la gastronomia: gettonatissimi vini e formaggi piemontesi, anche al cocktail di Torino Film Festival. Ma un successo è stato anche il Padiglione sulla Croisette, crocevia di incontri stampa e meeting d’affari, tappa fissa per molti: persino Emir Kusturica, presidente della giuria cortometraggi, ci ha fatto una scappata salutando Felice Laudadio. Ne è felice Marina Cicogna, la padrona di casa di questa struttura allestita con Cinecittà Holding e Istituto Luce. “Il nostro compito è proprio questo, essere un punto di riferimento per la gente che qui si incontra e getta le basi di progetti futuri. Ma il lavoro di Italia Cinema inizia da prima, dall’aiuto offerto ai selezionatori quando vengono a Roma a fare campagna acquisti”.
Positivo il bilancio della presidente, entusiasta dei successi di Avati e Giordana in un festival che definisce “spesso punitivo con titoli insopportabili come quello di Haneke”. Ma lancia una riflessione: “I giovani italiani fanno spesso film di successo che si perdono nel nulla, bisogna lavorare sulle opere seconde e i nostri produttori hanno la tendenza a pensare troppo ai finanziamenti e poco al set. I nuovi talenti vanno cercati, sostenuti e se è necessario consigliati, magari a tagliare quel quarto d’ora di troppo”. Parla da produttrice, evidentemente: a Venezia sarà protagonista, insieme ad altri prestigiosi colleghi, di una retrospettiva. “In tre anni e mezzo ho prodotto 50/60 film di cui una trentina memorabili. Certo, era un momento magico, ma io amavo cercare il nuovo, Cavani e Pasolini piuttosto che i consacrati Fellini o Visconti, del resto amici miei”. Come spiega la crisi? “Colpa della televisione ma anche della scarsa lungimiranza di chi faceva filmetti buoni solo per l’Italia e inguardabili già a Lugano”. Oggi, spiega la contessa, il paese è meno creativo. “Troppo politicizzato. L’arte non c’entra con la politica. Io producevo La classe operaia va in paradiso ma anche Fratello Sole, Sorella Luna“. Tuttavia intravede una ripresa. “Stiamo risalendo la china e il governo ha un vero interesse a mettere soldi nel cinema per svilupparlo, anche se la creatività, in ultima analisi, è nelle mani dei privati”. Infine una previsione su Venezia: “Sarà quella la vera primavera. Avremo tutti i grandi e speriamo anche molte novità giovani”.

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22 Maggio 2003

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